(METEOGIORNALE.IT) C’è qualcosa di profondamente stonato, quasi un grido silenzioso, che arriva dalle latitudini più settentrionali del nostro pianeta. Lassù, dove il regno del ghiaccio dovrebbe essere incontrastato, la situazione atmosferica sta disegnando scenari che definire anomali è forse un eufemismo. Sul Polo Nord si registrano temperature sensibilmente superiori alla media di riferimento – una costante che ormai non fa quasi più notizia, purtroppo – e questo accade con una frequenza disarmante.

 

Non è un fenomeno passeggero, confinato magari a una sfortunata estate. Tutt’altro. Siamo di fronte a una perenne ondata di calore che non guarda in faccia al calendario: la osserviamo d’estate, certo, ma la ritroviamo implacabile anche d’inverno. In tutte le stagioni, insomma, nella regione artica fa più caldo del dovuto. Ma diciamocelo chiaramente: questo eccesso termico, confinato lassù in cima al mondo, alla fine che cosa produce nelle nostre vite quotidiane? È lecito domandarselo. Ebbene, questo surplus di energia intensifica sensibilmente la forza di un meccanismo atmosferico scoperto già alla fine dell’Ottocento, noto agli addetti ai lavori come Amplificazione Artica.

 

Cerchiamo di capire di che si tratta esattamente, senza perderci in tecnicismi inutili ma andando al cuore del problema. L’Amplificazione Artica non è altro che la risposta accelerata del polo al riscaldamento globale: mentre il resto del pianeta si scalda a una certa velocità, l’Artico corre il doppio, a volte il triplo. Il ghiaccio si scioglie, scopre l’oceano scuro che assorbe più raggi solari invece di rifletterli – come farebbe la superficie bianca della neve – e il calore aumenta ancora. È un cane che si morde la coda. Questo processo non si limita a fondere i ghiacciai, ma modifica la circolazione atmosferica dell’intero emisfero settentrionale, influenzando tanto il rischio di ondate di calore quanto, paradossalmente, quello di ondate di freddo intenso.

 

Quest’anno, in particolare, stiamo vedendo come questo fenomeno stia partecipando – assieme ad altri indici climatici favorevoli – a una variabilità atmosferica nel nostro emisfero piuttosto consistente. Ci troviamo sulle montagne russe, con sbalzi termici che lasciano disorientati non solo noi, ma la natura stessa. Lo stiamo vedendo chiaramente nel Nord America, dove le tempeste di gelo paralizzano intere città, e lo percepiamo anche in Europa, sebbene con modalità differenti. Ovviamente, il tutto va letto in una visione d’insieme: l’atmosfera non ha confini, è un unico fluido in movimento.

 

Questa configurazione barica, figlia di un Artico troppo caldo, può causare durante la stagione estiva ondate di calore feroci e persistenti – ne abbiamo avuto ampie prove negli ultimi anni – ma è soprattutto durante l’inverno che si possono verificare quegli eventi meteo che potremmo definire “di blocco”. Si chiamano così perché interrompono il normale flusso occidentale. In pratica, si vengono a creare vasti campi di alta pressione che fungono da muro: ostacolano il transito delle perturbazioni atlantiche e delle masse d’aria fredda che normalmente dovrebbero portare la pioggia e il freddo stagionale.

 

Ed ecco spiegato il mistero dei “non inverni”. Quando questi blocchi si posizionano in modo sfavorevole per noi, non ci sono le condizioni meteo per il freddo; al contrario, ci ritroviamo con anomalie termiche positive mostruose. Fa più caldo rispetto alla norma, e non di poco. Lo abbiamo visto – e vissuto sulla nostra pelle – durante il Natale e il Capodanno del 2023, giornate che sembravano quasi primaverili in molte zone d’Italia. E la storia si è ripetuta, con sfumature simili, anche in questo inizio di 2024. Le piste da sci che faticano, le mimose che fioriscono in anticipo, quella sensazione di un tempo sospeso.

 

Tuttavia, l’atmosfera è un sistema caotico che cerca sempre un equilibrio, e le cose quest’anno potrebbero cambiare decisamente. I modelli matematici ci suggeriscono l’ingresso imminente di masse d’aria di origine diversa. Avremo l’invio di aria fredda, gelida, proveniente dai serbatoi continentali. Anche questo fenomeno – sebbene possa sembrare in contraddizione con il concetto di un pianeta che brucia – ha delle spiegazioni logiche. Viviamo in un’epoca di Riscaldamento Globale, è vero, ma questo non cancella l’inverno; semplicemente ne estremizza le manifestazioni.

 

Quando il Vortice Polare è disturbato dal calore artico, tende a rallentare e a “serpeggiare”, permettendo al gelo di scivolare verso latitudini più basse, proprio come l’acqua che trabocca da una vasca troppo piena. Ma ora sorge la domanda cruciale, quella che tutti si pongono guardando le app del meteo: questa aria fredda sarà produttiva di nevicate in Italia, magari fino in pianura, o si tratterà solo di un freddo sterile? La risposta, come spesso accade in meteorologia, non è un semplice sì o no. Tutto dipenderà dalla sinottica atmosferica.

 

Cosa vuol dire sinottica atmosferica? In sostanza, è la disposizione delle pedine sulla scacchiera. Se avremo la sfortuna – o la fortuna, per chi ama il sole – di avere un dominio dell’alta pressione proprio sopra la nostra testa, cosa che potrebbe succedere, ovviamente non ci saranno precipitazioni. Avremo giornate limpide, cieli azzurri, ma un freddo pungente, secco, specialmente la notte. Niente neve, solo brina e ghiaccio.

 

Se invece, e qui sta l’incognita affascinante, si verranno a creare aree di bassa pressione – magari scavate proprio dal contrasto tra l’aria gelida in arrivo e il mare ancora relativamente tiepido – allora lo scenario cambia radicalmente. È possibile che si verifichino, in condizioni di freddo intenso, nevicate anche in pianura e lungo le coste. A quel punto potremmo assistere anche a delle sorprese che oggi viene difficile definire con certezza, ma che la storia climatica ci insegna essere possibili. Può anche nevicare a Roma, tanto per dirvi, o addirittura a Napoli. Può succedere. Non è fantascienza, è fisica dell’atmosfera.

 

Diciamo che, nel caso si verificassero, si tratterebbe di eventi meteo piuttosto importanti. Parliamo di fenomeni alimentati da irruzioni d’aria proveniente direttamente dalla regione dell’Artico russo o siberiano, il famoso Buran che ogni tanto decide di fare una gita verso il Mediterraneo. E qui la memoria corre inevitabilmente al passato.

 

Sebbene siano trascorsi molti anni e la temperatura globale sia ulteriormente aumentata di qualche decimo di grado – e quei decimi contano eccome – bisogna ricordare cosa accadde alla fine del Dicembre 1999. In quel frangente, un nucleo di aria gelida proveniente da quelle stesse regioni da dove potrebbe scaturire questa fase fredda dei prossimi giorni – soprattutto tra Capodanno e l’Epifania – raggiunse l’Italia con una violenza inaudita.

 

In quel caso l’interazione tra il gelo in quota e la risposta del mare fu perfetta, innescando una nevicata storica che imbiancò persino Palermo. La neve cadde per molte ore durante la giornata, coprendo i tetti, le palme e le spiagge della città siciliana. Un evento che paralizzò tutto, ma che regalò immagini di una bellezza struggente. Questa è una delle situazioni che generano questi eventi meteo così estremi: quando l’aria continentale riesce a sfondare nel cuore del Mediterraneo, l’energia in gioco diventa esplosiva.

 

In questo caso, viviamo inverni un po’ diversi rispetto ad allora. Il contesto di fondo è mutato, c’è più energia, più calore latente. Ma è proprio per tale motivo che possiamo attenderci fenomeni fuori dal comune. Quello che vedono i nordamericani – tempeste di neve che seppelliscono le case in poche ore – è sicuramente correlato alla loro geografia particolare, priva di catene montuose trasversali che blocchino il freddo dal polo. Per loro gli estremi meteorologici fanno parte del clima, sono nel DNA del loro tempo atmosferico.

 

Da noi, in Europa e specialmente in Italia, protetti come siamo dalle Alpi, gli estremi meteo sono statisticamente meno frequenti, meno “americani” se vogliamo. Ma tuttavia, quando i corridoi barici si aprono nel modo giusto, si possono verificare anche qui in modo molto acuto. Tutto dipende dalle correnti che si andranno a instaurare nei prossimi giorni. Siamo spettatori di una partita a scacchi tra giganti: da una parte l’anticiclone africano che spinge da sud, dall’altra il gelo russo che preme da nord-est. Chi vincerà determinerà se avremo bisogno dell’ombrello o della pala da neve. In un mondo che si scalda, il freddo diventa paradossalmente più prezioso e, quando arriva, sa fare molto più rumore di prima.

 

Fonti

amplificazione artica, meteo estremo, vortice polare, neve italia, ondata di freddo, jet stream, cambiamenti climatici (METEOGIORNALE.IT)


Seguici su Google News