Tra i vigneti e i pendii di Marcellise, una frazione di San Martino Buon Albergo, sorge una delle opere più eccentriche e audaci dell’architettura italiana del Novecento: Villa Il Girasole, la casa che ruota seguendo il sole. Realizzata tra il 1929 e il 1935 dall’ingegnere ferroviario Angelo Invernizzi, con il supporto dell’architetto Ettore Fagiuoli, la villa nacque da un’idea semplice e radicale allo stesso tempo: creare un edificio capace di cambiare orientamento per inseguire la luce durante l’arco della giornata.

A quasi un secolo dalla sua costruzione, l’edificio continua a esercitare un fascino particolare, sospeso tra utopia futurista e sperimentazione tecnica, pur avendo vissuto lunghi periodi di abbandono che oggi la Fondazione dedicata alla famiglia Invernizzi sta cercando di superare con nuovi studi, rilievi e progetti di tutela.

Il meccanismo che faceva ruotare l’abitazione

A renderla unica non è solo la forma, ma l’intero impianto ingegneristico. La villa è composta da una massiccia torre cilindrica fissa, che fungeva da fulcro, e da un volume abitativo a forma di L, ancorato a una piattaforma circolare che scorreva su binari ferroviari. Il tutto veniva mosso da un sistema di motori elettrici capaci di compiere una rotazione completa di 360 gradi in poco più di nove ore. Un tempo perfettamente calibrato per seguire il percorso del sole, come un gigantesco girasole meccanico.

Per l’epoca si trattava di un progetto quasi fantascientifico: materiali derivati dall’ingegneria ferroviaria, strutture in cemento armato, finestre a nastro che ricordano l’aeronautica e un’attenzione alla luce naturale che oggi definiremmo anticipatrice della bioarchitettura.

Futurismo, razionalismo e sperimentazione tecnica

Dal punto di vista stilistico, Villa Girasole è difficilmente classificabile. Il basamento circolare riprende suggestioni navali, mentre il volume principale, con la sua forma a T stilizzata, rievoca tanto il razionalismo quanto alcune tensioni futuriste. L’insieme appare come una macchina abitabile, un’architettura che non si limita a dialogare con l’ambiente circostante, ma lo attraversa fisicamente attraverso il movimento.

Vista da lontano, potrebbe sembrare un osservatorio astronomico o una stazione di controllo: linee nette, profilo compatto, un equilibrio tra monumentalità e leggerezza. Invernizzi, da ingegnere ferroviario, portò nel progetto una mentalità tecnica e pragmatica, ma anche una dose di visionarietà che ancora oggi impressiona chi studia la struttura.

Decenni di oblio e la nascita della Fondazione

Nonostante la sua originalità, Villa Girasole è rimasta per lungo tempo poco conosciuta. Presentata ufficialmente solo nel 1936 sulla rivista Architettura, ha avuto un primo recupero critico nel 2006 grazie a una monografia firmata, tra gli altri, da Kenneth Frampton. Nel 2002, la figlia di Invernizzi, Lidia Invernizzi, ha deciso di lasciare la proprietà a una Fondazione dedicata ai genitori, avviando così un percorso di tutela che però si interruppe per anni.

Tra il 2014 e il 2022 l’edificio ha vissuto un periodo di forte decadenza, aggravato da problemi strutturali che hanno compromesso la funzionalità del meccanismo rotante. Solo dal 2023, con l’insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione, guidato dall’ingegnere Giulio Furlani, è iniziato un lavoro sistematico di rilevazione tecnica e messa in sicurezza, in collaborazione con l’Università di Padova.

La villa oggi

Oggi il meccanismo è fermo, ma la villa è al centro di una nuova attenzione scientifica. Le verifiche sui cedimenti, i monitoraggi strutturali e gli studi sulle possibilità di restauro stanno delineando un percorso graduale, che potrebbe un giorno portare alla riattivazione del movimento.

L’edificio non è ancora aperto al pubblico, ma la Fondazione ha annunciato aperture speciali riservate a ricercatori e studiosi. L’obiettivo è restituire alla villa una funzione culturale stabile, preservandone l’unicità e rendendola un punto di riferimento per lo studio dell’architettura sperimentale.

La villa rappresenta infatti un raro caso in cui arte, ingegneria e paesaggio convergono in un’opera coerente, dove la tecnologia non è un accessorio, ma l’essenza stessa dell’edificio.

Un patrimonio in attesa di essere valorizzati

Se i prossimi studi confermeranno la possibilità di recuperare il meccanismo rotante, Villa Girasole potrebbe diventare uno dei più significativi esempi europei di architettura cinetica restaurata. Il suo futuro dipende però dalla capacità di reperire risorse, attivare collaborazioni e costruire un progetto culturale solido. Nel frattempo, rimane un capolavoro silenzioso che la collina di Marcellise custodisce da quasi un secolo, un’idea di casa che ha osato sfidare il proprio tempo muovendosi insieme al sole.

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