di Fabrizio Roncone
L’ex portiere campione del mondo, adesso capo delegazione degli Azzurri, ha fatto endorsement per la premier Meloni. Ora cerchi di portarci ai Mondiali o magari non lo inviteranno più
Mai buttare gli appunti. A mente fredda, finisci per trovarci sempre qualcosa di interessante. Un dettaglio sfuggito. Una frase sottovalutata. Una faccia dimenticata. Succede anche con gli appunti presi nelle fantasmagoriche giornate di Atreju, il faraonico festone organizzato da Fratelli d’Italia a Roma, dentro i giardini di Castel Sant’Angelo, un’esibizione di forza e di puro potere.
Così, sfogliando la Moleskine, trovo la storia del palco viscido e di uno che, lì sopra, ha perso l’equilibrio. Perché dovete sapere che il palco, alla fine, era diventato piuttosto scivoloso a causa della saliva. Niente di trascendentale, intendiamoci. Anzi, dico di più: intercettato lo sguardo di Arianna Meloni seduta sempre in prima fila, incrociati ministri e sottosegretari che andavano e venivano tutti pomposi e inebriati dal profumo della porchetta fumante e del trionfo politico, era inevitabile che qualche invitato alla kermesse ritenesse opportuno salire sul palco strusciando un po’ la lingua.
La maggior parte degli ospiti, proprio per questo, sono stati ben attenti a restare centrati, e misurati. Confesso perciò d’essere rimasto molto colpito da Gianluigi Buffon, ex campione del mondo e attuale capo delegazione della nazionale azzurra. Il quale, invece, se ne è uscito con un clamoroso, e inopportuno, endorsement: «Sicuramente Giorgia Meloni sta rappresentando nel modo migliore la nostra nazione. Sta governando da tanto e questo è un grandissimo risultato».
Buffon dimentica di avere un ruolo istituzionale. E che la maglia azzurra è di tutti. Non solo di chi è di destra.
«Il suo pensiero di gioventù fu espresso malamente a 18 anni», aveva tenuto a precisare – alla vigilia – la moglie, Ilaria D’Amico (riferendosi alla famosa intervista televisiva del 1999, a Parma, dove Buffon si presentò con una maglietta su cui era scritto «Boia chi molla»). La D’Amico ha cercato d’essere convincente: «Gianluigi è, piuttosto, un liberale moderato». Insomma si ispira a Luigi Einaudi e Giovanni Malagodi, ma poi arriva dalle sorelle Meloni, vacilla, e scivola. Brutto autogol. Però ormai è andata.
Buffon cerchi adesso di portarci, con Rino Gattuso, ai mondiali. Se non ci qualifichiamo nemmeno stavolta, caro Gigi, sono capacissimi di non invitarla più. Il patriottismo, ad Atreju, è una cosa seria.
25 dicembre 2025 ( modifica il 25 dicembre 2025 | 14:36)
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