di
Francesco Battistini
Kiev e gli Stati Uniti hanno lavorato a una nuova proposta di piano di pace, in 20 punti, ma Trump parla di «odio» e si dimostra poco ottimista, mentre dal Cremlino arrivano accuse all’Europa e segnali negativi. E sul campo Mosca continua a fare passi avanti
Un’Ucraina sovrana. Il congelamento della linea di fuoco nel Donbass, senza concessioni dei territori del Donetsk non (ancora) occupati dai russi: al massimo, una zona economica libera e demilitarizzata. Basta aggressioni, con la garanzia di controlli Nato e la presenza d’almeno 800mila soldati ucraini. Una futura membership di Kiev nell’Unione europea (e quanto all’Alleanza atlantica, mai dire mai). La cogestione Ucraina-Russia-Usa della centrale atomica di Zaporizhzhia. E poi la ricostruzione, da concordare con gli Usa, e la libera navigazione sul Dnipro e sul Mar Nero, la restituzione dei bambini rapiti…
C’è voluto un mese, per trasformare in una (im)possibile pace il piano di resa che – senza consultare l’Ucraina – i proconsoli di Donald Trump e di Vladimir Putin avevano apparecchiato al Cremlino.
I ventotto punti, inizialmente scesi a diciotto, ora sono diventati venti: la bozza d’un accordo che stavolta piace più a Kiev che a Mosca, tanto da essere stata subito resa pubblica dal leader ucraino Volodymyr Zelensky.
L’ennesima proposta che fa scuotere la testa al presidente americano: c’è «odio», si limita a commentare, tutt’altro che ottimista.
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta
Le speranze ucraine
Dopo le ripetute umiliazioni davanti al mondo, Zelensky è soddisfatto per aver ottenuto dagli Usa la revisione del piano. Le novità più importanti sono le linee del fronte congelate, senza che si discutano adesso questioni territoriali o le due richieste-chiave di Mosca: a Kiev (punto 14) non s’impone più il ritiro delle truppe in quel che le resta del Donbass (ovvero il 20% del territorio conteso); in nessun punto, s’impegna l’Ucraina a non aderire in futuro alla Nato. «Siamo in una situazione in cui i russi vogliono il nostro ritiro dalla regione di Donetsk, mentre gli americani stanno cercando di trovare una soluzione», assicura il presidente ucraino.
In realtà, gli Usa non hanno concesso nulla su Donetsk. E difficilmente Putin accetterebbe qualcosa di meno di un’annessione. Lo stesso vale per la Nato: «Spetta all’Alleanza decidere se accoglierci come membro – dice Zelensky -. La nostra scelta è fatta. Abbiamo abbandonato l’idea di modificare la Costituzione per includere una clausola che stabilisca che il Paese non aderirà alla Nato». Tutto questo significa poco, però. La nuova bozza non chiede più impegni «costituzionali» di Kiev, è vero, ma resta insuperabile la netta opposizione di Washington e di diversi Paesi Nato all’adesione.
Il gelo russo
«Lento ma costante», dichiara Maria Zakharova dal ministero degli Esteri russo, il negoziato «avanza». Verso dove? La portavoce si rifà sempre allo «spirito di Anchorage», all’incontro che Trump e Putin ebbero a Ferragosto in Alaska, e accusa l’Europa – al solito – di «boicottare questi sforzi e di vanificare tutti i risultati diplomatici». Secondo Bloomberg, che cita fonti del Cremlino, Mosca vuole soprattutto modifiche sostanziali al piano. Anche il New York Times prevede un rifiuto generale della proposta. In particolare, non s’accettano le capacità militari ucraine (un mese fa, la Russia chiedeva di concedere al nemico un esercito di non più di 600mila soldati), le questioni territoriali e lo status di Zaporizhzhia. Putin insiste con le garanzie su una non-estensione della Nato a Est, con lo status di neutralità dell’Ucraina, con la revoca delle sanzioni e con lo scongelamento dei beni in Europa. Un ritiro militare da alcune regioni non sarebbe escluso, nell’ipotesi d’aree totalmente smilitarizzate. Siamo però alle ipotesi: Putin non s’è pronunciato e i suoi portavoce definiscono «false» le indiscrezioni.
Territori e smilitarizzazione
«Nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson – si legge nel nuovo piano -, la linea di dispiegamento delle truppe è di fatto riconosciuta come linea di contatto. La Russia deve ritirare le sue truppe dalle regioni di Dnipropetrovsk, Mykolaiv, Sumy e Kharkiv. Forze internazionali saranno dispiegate lungo la linea di contatto per monitorare il rispetto dell’accordo».
È forse la principale novità: americani e ucraini hanno estratto dal cilindro l’idea – già avanzata negli incontri a Miami – d’una «zona economica libera», un’area speciale libera sia dai soldati ucraini che dalle truppe russe. Questo, sul cuore industriale orientale del Paese, è il maggior compromesso accettato da Zelensky. Ma quanto dovrebbero ritirarsi i due contendenti? E dove si schiererebbero i monitor internazionali?
La centrale nucleare
Gli Usa propongono di gestire Zaporizhzhia – la più grande centrale atomica d’Europa, occupata nel 2022 da Putin – in consorzio con l’Ucraina e la Russia, in cui ciascuna parte avrebbe una quota uguale.
Zelensky invece rilancia una joint-venture solo tra Washington e Kiev, in cui gli americani potrebbero decidere come distribuire la loro quota: anche cedendone una parte a Mosca. Al momento, non c’è alcun consenso. La gestione congiunta coi russi, per Zelensky, è «molto inappropriata e non del tutto realistica».
A che punto è la guerra, intanto
La Russia ha finora respinto qualsiasi richiesta di cessate il fuoco, senza un accordo di conciliazione a lungo termine, sostenendo che una pausa nei combattimenti servirebbe solo all’Ucraina per riarmarsi. Sul campo, l’esercito russo ha accelerato la sua avanzata negli ultimi mesi.
Martedì, le forze ucraine hanno annunciato d’essere state costrette a ritirarsi dalla città di Siversk, una delle ultime roccaforti che impediscono alle forze russe di avvicinarsi a Sloviansk e Kramatorsk, le grandi città della regione del Donbass rimaste sotto il controllo ucraino. «La Russia non ha interrotto i suoi brutali bombardamenti sui civili in Ucraina nemmeno nella notte di Natale», denuncia il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha: «Gli attacchi su Odessa hanno ucciso una persona e ne hanno ferite altre due. Un civile è stato ucciso nella regione di Kharkiv e un altro in quella di Chernihiv. Odessa è la città che soffre di più, in questi giorni», la popolazione è senza elettricità, acqua e riscaldamento a temperature gelide.
Un genocidio, dice Kiev: «Non c’è nessuno scopo militare, solo l’intenzione della Russia di uccidere persone perché sono ucraine». Non se ne esce, insomma, e a Kiev non rimane che sperare in un intervento soprannaturale: «Oggi abbiamo tutti un sogno – confessa Zelensky a proposito del presidente russo -: che possa morire». «Viene da chiedersi», gli risponde piccato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, se un leader che augura la morte allo Zar «sia in grado di prendere decisioni adeguate a risolvere la situazione con mezzi politico-diplomatici».
Il Cremlino parla di comportamento «incivile e rabbioso». E tutto fa pensare che il piano di pace abbia tempi ancora lunghissimi.
25 dicembre 2025 ( modifica il 25 dicembre 2025 | 18:28)
© RIPRODUZIONE RISERVATA