Con un anno che va verso la chiusura è il momento di mettere via tanti appunti e considerazioni sparse che abbiamo segnalato nei nostri articoli, oppure sono rimaste scarabocchi in fogli cartacei o elettronici. Un anno di evoluzione tecnologica a cosa ci ha portati? Nessuna rivoluzione ma è anche interessante voltarsi indietro.
Avevamo già fatto un ragionamento sulle novità realmente interessanti per il ciclista moderno, chiunque esso sia e qualunque tipo di pedalate voglia fare, ora è il momento di fare di riprendere quelle considerazioni e aggiungerne di nuove.

La bicicletta da corsa continua a evolversi, ma non più per salti improvvisi. Oggi il cambiamento è fatto di affinamenti, standard che si consolidano e scelte che diventano irreversibili. Alcune soluzioni introdotte negli ultimi quindici anni erano state accolte con scetticismo, altre con entusiasmo quasi ideologico.
A distanza di tempo, vale la pena chiedersi non tanto se fossero necessarie, ma che tipo di ciclismo hanno contribuito a costruire.

L’integrazione totale

Non è più una tendenza: è la norma sulle bici di fascia medio-alta. L’integrazione ha vinto sul piano estetico e aerodinamico, ma ha perso quasi del tutto la battaglia della praticità.
Nel 2025 nessuno si sorprende più davanti a una bici senza cavi a vista, mentre chi cerca facilità di manutenzione sa già di dover guardare altrove. Il guadagno prestazionale resta marginale per l’utente comune, ma il linguaggio visivo del ciclismo moderno è ormai quello: pulito, chiuso, “pista-centrico”.
Il prezzo da pagare è una dipendenza sempre maggiore dall’officina specializzata.

wilier triestina filante slr tour 25I freni a disco

Capitolo chiuso, mercato deciso. I freni tradizionali sopravvivono come scelta romantica o su modelli di nicchia.
I dischi hanno migliorato la frenata in condizioni difficili e liberato la progettazione dei telai, ma hanno anche imposto nuovi compromessi: peso, complessità, standard che cambiano.
Nel ciclismo reale, quello di tutti i giorni, la differenza raramente è decisiva. Nel ciclismo industriale, invece, lo è stata eccome.

Le trasmissioni elettroniche

Fino a qualche anno fa erano ancora “il futuro prossimo”. Nel 2025 sono lo standard dell’alto di gamma, spesso in versione esclusivamente wireless.
I gruppi meccanici resistono per ragioni di costo, peso e filosofia, ma il racconto tecnologico è ormai sbilanciato. L’elettronica ha portato precisione e costanza, ma anche una nuova forma di dipendenza: batterie, aggiornamenti, compatibilità.
Funziona tutto molto bene, finché funziona.

I manubri monoscocca

Da oggetti elitari a componenti quasi obbligati sulle bici performanti. Le misure si sono moltiplicate e le geometrie sono diventate più raffinate, ma la personalizzazione resta limitata.
Il manubrio monoblocco è il simbolo perfetto della bici moderna: efficiente, pulito, definitivo. Anche troppo.

Il reggisella integrato

È rimasto un esperimento incompiuto. Tecnologicamente sensato, commercialmente scomodo.
Nel mercato attuale, fatto di rivendibilità e adattabilità, il reggisella integrato è una scelta controcorrente. Non a caso è quasi scomparso, sopravvivendo solo su pochi modelli iconici.

Undici, dodici, tredici rapporti

La domanda è sempre la stessa, ma la risposta oggi è più chiara: non servono, ma aiutano.
Più rapporti significano salti più piccoli, maggiore versatilità e la definitiva legittimazione del monocorona anche su strada. Non è stata una rivoluzione, ma un’evoluzione coerente.

Campagnolo 13 speedIl perno passante

Ha definitivamente sostituito lo sgancio rapido, nonostante quest’ultimo fosse una soluzione brillante e senza veri limiti funzionali.
Il perno passante ha portato rigidità, precisione e coerenza con i freni a disco. Ha però anche segnato la fine di un’epoca in cui semplicità e genialità meccanica andavano di pari passo.

I telai sempre più rigidi (e sempre meno tolleranti)

La corsa alla rigidità ha prodotto telai estremamente efficienti sotto sforzo, ma spesso poco indulgenti nell’uso reale. Le geometrie e i layup moderni funzionano benissimo per chi spinge forte e costante, meno per l’amatore medio.
Il comfort è stato in parte recuperato con coperture più larghe e pressioni più basse, ammettendo implicitamente che qualcosa si era perso per strada.

Le gomme sempre più larghe su strada

Da soluzione “eretica” a nuovo standard: 28, 30 millimetri e oltre.
Hanno migliorato comfort, grip e sicurezza, ma hanno anche imposto telai, ruote e freni pensati solo in quella direzione. Più che un’opzione, oggi è una scelta obbligata.
Si poteva evitare? Forse no. Ma è un cambiamento che ha riscritto la bici da corsa più di molti altri.

I cockpit proprietari

Non solo integrazione, ma integrazione chiusa: manubri, attacchi, spessori, passaggi interni spesso incompatibili con componenti di terze parti.
È un vantaggio per l’industria e per l’estetica del prodotto finito, meno per chi vuole personalizzare o aggiornare la bici nel tempo. La bicicletta diventa un sistema, non più una somma di pezzi.

I power meter “di serie”

Un tempo accessorio elitario, oggi spesso montato già in origine su bici di fascia medio-alta.
Utile, sì. Indispensabile, no.
Ha cambiato il modo di allenarsi, ma anche il modo di vivere la pedalata: più numeri, meno sensazioni. Un’evoluzione culturale prima ancora che tecnica.

L’elettronica diffusa (non solo il cambio)

Batterie per cambio, misuratore di potenza, radar, luci intelligenti, computer sempre connessi.
La bici non è più un oggetto meccanico “finito”, ma un ecosistema da gestire. Finché tutto funziona, è perfetto. Quando qualcosa si scarica o si disconnette, lo è molto meno.

Gli standard che durano poco

Asse movimento, perni, larghezze mozzi, profili ruota, compatibilità software.
Più che una singola innovazione, è una tendenza: la difficoltà di costruire qualcosa che resti attuale nel tempo.
Non è un problema tecnico, ma industriale. E non nasce certo di recente.

Le bici sempre più specialistiche

Aero, all-rounder, climbing, endurance, gravel race, gravel adventure.
La bici universale è sparita o, meglio, esiste (è la gravel!) ma nei palati più raffinati lascia un senso di incompiutezza. Meglio la bicicletta specializzata allora? Certamente migliora le prestazioni specifiche, ma riduce la libertà di utilizzo e aumenta la frammentazione del mercato. Anche qui: progresso reale, ma non neutro.

factor oneLe e-bike: evoluzione o cambio di paradigma?

Nel 2025 le e-bike non sono più qualcosa di diverso: sono una parte strutturale del mercato e, in molti Paesi, la parte economicamente più rilevante.
La domanda, quindi, non è se fossero necessarie, ma per chi lo siano.

Le e-bike non hanno reso la bicicletta migliore: l’hanno resa diversa.
Hanno allargato il pubblico, abbassato le soglie di accesso, restituito il piacere di pedalare a chi lo aveva perso per età, infortuni o semplice mancanza di tempo. In questo senso, sono una delle innovazioni più riuscite di sempre.

Allo stesso tempo, hanno spostato l’asse del progetto: peso relativo, gestione dell’energia, software, assistenza, integrazione totale. Qui l’elettronica non è un supporto, ma il cuore del mezzo.
La manutenzione non è più solo meccanica, l’obsolescenza non è più solo dei materiali, ma dei sistemi.

Si poteva fare a meno delle e-bike?
Probabilmente sì, ma il mercato non sarebbe quello che è oggi. Senza le e-bike molte aziende non avrebbero retto, molti negozi avrebbero chiuso, molte persone non sarebbero più salite in sella.

Il punto critico non è l’assistenza in sé, ma la dipendenza tecnologica che ne deriva: batterie proprietarie, software chiusi, aggiornamenti obbligati, cicli di vita più simili all’elettronica di consumo che alla bicicletta tradizionale.

Le e-bike hanno fatto una cosa che nessun’altra innovazione era riuscita a fare:
hanno cambiato il concetto stesso di fatica, e quindi il senso culturale della pedalata.
Non è un giudizio, è una constatazione.

Soprattutto, hanno permesso a nuove categorie di utenti di avvicinarsi al ciclismo, allungato la vita sportiva di molti appassionati e reso la bici uno strumento di mobilità quotidiana più credibile.

Le e-bike non sostituiscono la bici muscolare, ma ne affiancano l’uso, ridefinendo il ruolo del mezzo in base al contesto e alle esigenze.

La sostenibilità (più dichiarata che risolta)

Materiali compositi difficili da riciclare, elettronica integrata, componenti proprietari.
La sostenibilità è entrata nel racconto, non ancora in modo strutturale nel prodotto. È una “non-evoluzione” che oggi vale la pena citare. Alcune aziende ne fanno una bandiera e pure con merito, va detto, ma il ciclismo in generale è ancora indietro. Ma al pubblico interessa davvero?

foto di apertura: IA