20. brunori sas – l’albero delle noci
Apriamo la Top 20 con un album cantautorale Made in Calabria che, da Sanremo in poi, ha messo il proprio accento nella discografia di questo 2025 ma, soprattutto, nella carriera di Dario Brunori in arte Brunori SAS.
Questo album è un racconto di vita vera, vita vissuta con le sue imperfezioni e le sue sbavature, ma anche con le sue cose belle e dolcissime.
Un album che ti fa vedere “la vita com’è” per chi cresce e mette su famiglia, mettendo in discussione ogni cosa e cercando di trovare una risposta ad alcuni dei quesiti che, prima o poi, la vita stessa ti pone davanti agli occhi.
La title track, quella del festival, è il manifesto di questo racconto di vita di una persona che potremmo definire ‘normale’ e che Brunori racconta con la giusta dose di emotività legata al fatto che, anche lui, è diventato padre e che, di conseguenza, vede le cose con degli occhi diversi.
C’è, però, anche la sua Calabria e non solo con il racconto della “terra crudele dove la neve si mescola al miele” e dove “le persone buone portano in testa la corona di spine“. C’è proprio in musica, con Fin’ara Luna, una delle più belle e reali, naturali canzoni dell’anno.
Questo album, non l’unico del genere a dire il vero, ci ha dimostrato che il cantautorato è ancora vivo e vegeto nel nostro Paese e che, a conti fatti, è in piena salute.
19. SHABLO – MANIFESTO
Ancora è un mistero il motivo per cui quest’album sia stato così tanto sottostimato e sottovalutato dal pubblico italiano, considerando che siamo di fronte a uno degli album R&B, soul e urban migliori di quest’anno, se non il migliore se guardiamo più in generale al panorama annuale.
Shablo ha preso ciò che si fa negli States meravigliosamente bene, ha scelto di far ruotare il progetto principalmente attorno a due ragazzi giovani con due voci straordinarie, Mimì e Joshua, e farli accompagnare da una specie di padre adottivo, Tormento, per indirizzarli al meglio.
Attorno a questi tre punti fermi hanno iniziato a ruotare tutti gli altri, da Guè a Gaia, da Rkomi a Irama, mettendo la loro qualità al servizio di un producer che di esperienza e idee ne ha da vendere.
Shablo ha creato un vero album-manifesto dell’r&b in Italia, non è mai stato banale in questa (quasi) ora di musica e, forse, bisognerebbe dargli un credito maggiore rispetto a quello che a conti fatti ha guadagnato sul mercato.
18. NICCOLÒ FABI – LIBERTÀ NEGLI OCCHI
L’album più ‘naturale’ del 2025, dove per naturale si intende proprio realizzato in mezzo alla natura e pensando al benessere della natura stessa, senza però perdere il focus sul mondo e la vita di città.
Niccolò Fabi, uno dei big italiani che in questo 2025 se n’è fregato delle regole standard del mercato, ha messo in questo album tutto ciò che ha provato osservando e stando a contatto con la natura montanara, in mezzo al nulla cosmico e circondato solo da alberi, neve e animali di varia natura.
Questo vero e proprio detox dalla vita frenetica di città lo ha aiutato a costruire un album in cui la natura non solo è protagonista ma è, giustamente, il fulcro della vita stessa.
È la natura che dà, è la natura che toglie e che regola il nostro flusso vitale e dovremmo ricordarcene un po’ di più nelle nostre giornate, cosa che puntualmente non facciamo mai.
La libertà negli occhi è quella di un paesaggio incontaminato, è quella di chi si rende conto che luoghi così belli potrebbero venire distrutti dall’avidità dell’uomo e che, di conseguenza, bisogna preservarne la purezza.
Come ovvio, tutto poi traslato alle piccole cose di ogni giorno. È un album attuale che merita lodi e menzioni.
17. LUCIO CORSI – VOLEVO ESSERE UN DURO
Uno degli album più chiacchierati dell’anno è più figlio dell’hype attorno alla figura di Lucio Corsi, esploso all’improvviso, oppure nasconde una reale qualità? Vince il personaggio stravagante ancor prima dell’artista?
Domande che possono trovare mille sbocchi e attorno alle quali la figura dell’ennesimo Lucio del cantautorato italiano ha, giustamente, sguazzato per portare avanti il proprio progetto e regalarsi un 2025 da protagonista.
Volevo Essere Un Duro è stato raccontato come un album rivoluzionario, il cambiamento vero, ciò che mancava ma, in realtà, non è nulla di tutto questo e il tempo ha aiutato a mettere a fuoco la cosa.
Questo è un album bello, analogico ma non rivoluzionario. Di artisti alla Lucio Corsi l’Italia ne è sempre stata piena e di racconti come quelli contenuti in questo album ne abbiamo a secchiate. Mancava, però, colui che riuscisse a unire tutti questi elementi sonori con la figura di un mezzo ‘freak’ che mettesse d’accordo tutti.
Corsi non lo ha fatto apposta, lui è davvero così e se la gode come se la godrebbe ogni uomo sulla trentina che, da un giorno all’altro, si vede catapultato non solo sul podio di Sanremo ma anche all’Eurovision con la sua verve toscana e il suo desiderio di divertirsi.
In quest’album lui è un po’ il Cantagallo di Robin Hood, quello di Urca Urca Tirulero, con la sua chitarra al posto dell’ukulele (usa anche questo ma principalmente è un chitarrista) raccontando le gesta di Francis Delacroix, personaggio a metà tra il reale e il fantastico, ma anche delle persone e delle cose ‘normali’.
Ecco, la forza di questo album è la sua normalità in mezzo a mille cose digitali e artefatte. Lucio Corsi ha semplicemente preso una chitarra e ha iniziato a cantare, fine.
16. elodie – mi ami mi odi
Nel pop, quest’anno, sono successe milioni di cose e la maggior parte di queste sono state dimenticabili, di plastica, inutili e fatte solo “perché sì”. In mezzo a tutto questo, qualcosa di buono ne è venuto fuori e l’album costruito attorno ad Elodie ne è lo specchio.
In Italia il pop fatto bene è possibile realizzarlo soprattutto se chi lo canta riesce a non far pensare all’ascoltatore che ciò che viene cantato possa essere o sia stato copiato da altre e altri facilmente.
Il pop ha delle regole ben definite, lo sappiamo bene, ed è un genere che sembra facile ma che, in realtà, è molto complicato da portare a casa con ottimi risultati. Provateci voi a fare qualcosa di pop con un’identità chiara, senza cadere nel “vabbè l’ennesima canzone copia e incolla”.
In Italia, per esempio, il pop con venature più club ha l’impronta chiara, il marchio di fabbrica di Elodie Di Patrizi e Mi Ami Mi Odi ne è la conferma definitiva.
Dimenticarsi Alle 7 ha rappresentato un momento di eleganza in mezzo a un album che vuole far muovere il fondoschiena a chi lo ascolta, cercando di regalare una mezz’oretta di svago e senza troppi retropensieri.
Si poteva fare di più? Certo, chiunque può sempre fare di più ma resta il fatto che Mi Ami Mi Odi è uno dei punti più alti e identitari del pop italiano di questo 2025.
Nella prossima pagina continuiamo con altre cinque posizioni della nostra classifica dei migliori album italiani del 2025.
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