di Cesare Tota
Doppia Mystery Box, Invention Test sulla polenta e il primo vero Skill di squadra: emergono i favoriti, ma sotto pressione non tutti reggono
La masterclass è completa e finalmente i concorrenti entrano nel vivo della competizione con la prima Golden Mystery Box che, da quest’anno, mette in palio ben due Golden Pin, le spille che permettono a chi le conquista di salire direttamente in balconata e accedere alla prova successiva.
Sollevata la box, gli aspiranti chef appaiono tutti molto fiduciosi di fronte agli ingredienti: zucchine, polpo, friselle, carciofi, peperoni, vitello e altri prodotti versatili. Se qualcuno è molto sicuro di sé, altri si sbilanciano indicando chi, secondo loro, sarà il concorrente da battere.
Matteo Canzi sembra essere il più temuto, lui non si sente così forte ma al momento dell’assaggio dei piatti migliori, viene fatto il nome di «Matteo», così si fa avanti, senza considerare che in classe ci sono altri due omonimi. E infatti il primo miglior piatto non è il suo, ma quello di Matteo Rinaldi, con un polpo su crema di patate e fiori di zucca fritti. Il secondo piatto è quello di Dounia: le sue origini marocchine riaffiorano nel piatto, con un risultato che piace. Il terzo è firmato da Matteo Lee, che per ironizzare si definisce «la pianta della masterclass: sta tranquilla ma ascolta e vede tutto». Per Cannavacciuolo «come primo piatto è tanta roba, parla da solo. C’è però un quarto piatto che merita di essere citato tra i più buoni ed è, questa volta, quello di Matteo Canzi. Il piatto non è perfetto, ma Locatelli conclude: «Non so se sei quello da battere, ma non sei da sottovalutare».
I colpi di scena non finiscono qui. «Secondo voi qualcun altro merita di rimanere?» chiede Barbieri. Alzano la mano Jonny e Carlotta, ma alla fine la scelta ricade su Dorella. La decisione dei vincitori non è semplice per i giudici che, pur trattandosi della prima prova, si dicono molto soddisfatti del livello generale. Tant’è che vengono assegnate entrambe le Golden Pin a Dounia e Matteo Lee. Dei cinque migliori salgono in balconata anche Matteo Rinaldi e Dorella.
Arriva ora il momento del primo Invention Test, dove chi non è all’altezza rischia l’eliminazione. Il tema sono le farine per realizzare la polenta, una pietanza casalinga ma anche gourmet. «Li vedo spaventati, sono rimasto male dalla loro reazione», commenta Cannavacciuolo. I giudici mostrano alcuni esempi: lo chef propone un soffice di polenta con rane fritte; Barbieri presenta una crema di polenta con moscardini al pomodoro; Locatelli «torna a Parigi» con polenta, cervo e salsa al vino rosso. La sfida, però, non è replicare i piatti ma stupire con creazioni personali.
I vincitori della Golden Pin, Matteo Lee e Dounia, possono mettere in difficoltà due compagni, obbligandoli a usare due farine. Emergono i primi attriti. Dounia sceglie Carlotta: «Dice di essere brava, adesso voglio vederla», mentre Matteo Lee sceglie Jonny «perché secondo me è bravo e può farcela». All’assaggio, la proposta di Carlotta non vale la balconata. «Forte nella testa e delicata nelle mani», le suggerisce Cannavacciuolo. Stesso esito per Jonny: secondo Barbieri non è male, ma «da un toscano mi aspettavo qualcosa di un po’ più deciso», dice. Gli assaggi proseguono senza grandi colpi di scena fino al piatto di Katia che porta in degustazione «Esperimento fatto», una preparazione che non ha assaggiato ma che, nella sua testa, funziona. Cannavacciuolo non ci sta: «Tu vieni qua e io devo fare la cavia per te?». Locatelli, invece, lo trova difficile da definire, comunque gradevole: «Mi ricorda un po’ certe colazioni del Nord Europa». È poi il turno di Eros con la sua polenta, muddica atturrata, pomodoro e finocchietto. «Passerai alla storia per aver inventato la fusione tra il mappazzone e il bombolone», conclude Barbieri che aggiunge: «Non andiamo bene».
A vincere il primo Invention Test è Franco con un involtino di verza ripieno di quaglia e formaggio servito su polenta. «Una gran bella idea e una buona esecuzione», dice Locatelli. Tra le delusioni della puntata, il piatto peggiore è quello di Eros che, oltre agli errori in cucina, sbaglia anche la gestione dei tempi, smettendo di cucinare dieci minuti prima degli altri. Tra i peggiori finiscono anche Katia, Georgina e Giuliana.
Se l’atteggiamento di Katia non convince del tutto, almeno il risultato è sufficiente. Lo stesso vale per Giuliana. Finale a sorpresa per Georgina ed Eros, rimandati all’ultimo step dello Skill Test della prossima puntata. La sesta.
MasterChef Italia, la sesta puntata
E proprio la sesta puntata di MasterChef 2026 segna una sorta di spartiacque nella masterclass: il primo vero skill test della stagione, quello che misura non solo la tecnica e le competenze, ma anche la capacità – spesso fragile – di lavorare insieme. Gli aspiranti cuochi devono infatti lavorare in coppia. «Speriamo che non sia l’ultimo skill», ironizza Giorgio Locatelli. In realtà è il primo step di una serata ad alto tasso di emozioni in cui si celebrano tre grandi famiglie dell’alta ristorazione italiana. E dove i concorrenti vengono divisi in due batterie: la prima di 5 coppie, la seconda di 4, con le coppie peggiori che, poi, vanno in sfida. Alla fine entrano in gioco anche Eros e Georgina, per un verdetto finale che lascerà il segno.
A stabilire le coppie è Franco, vincitore dell’Invention Test, che decide senza troppe incertezze. Il Michael Jordan dell’edizione 2026, come lui stesso si definisce, sceglie come partner Matteo Lee, per tutti l’edera. Matteo Canzi lo abbina ad Alessandro, Dorella finisce con Antonio, Jolanda con Gaetano e infine Katia con Giuliana. Queste ultime etichettate come coppia debole. Un giudizio che le dirette interessate contestano a parole: «Vi spaccheremo il c***». Ma si sa, a MasterChef contano i fatti.
La gara entra nel vivo con la prima grande famiglia dell’alta ristorazione italiana. Si parte dal lontano 1959 quando, in Emilia Romagna, a Rubiera per l’esattezza, «Arnaldo Clinica Gastronomica» è il primo ristorante a ottenere una stella Michelin. E a rappresentare la tradizione in studio c’è chef Roberto Bottero, nipote di Arnaldo, che racconta diversi aneddoti. Uno su tutti: «C’è stato un momento, con l’inaugurazione dell’autostrada del Sole, in cui nonno temette di dover chiudere tutto. In realtà la gente faceva una deviazione ad hoc per venire a mangiare da noi. Ricordo che tra i clienti c’era anche Enzo Ferrari».
Chiacchiere a parte, si comincia con la prima sfida. Chef Bottero chiede ai concorrenti di replicare la spugnolata, un piatto di memoria e rigore, figlio dell’anti-spreco e di una cucina che non ammette scorciatoie. «Nasce dall’idea di nonno Arnaldo e nonna Anna ed è una sorta di evoluzione della lasagna, fatta con pasta bianca, rigorosamente a mano, ragù di bollito e, alla fine e solo alla fine, il sugo dei funghi preparato a parte».
La prova, in 45 minuti, mette subito a nudo equilibri e squilibri: c’è chi collabora – Matteo Canzi e Alessandro, Franco e Matteo Lee che non gioca la Golden Pin -, chi si lascia guidare troppo – Jolanda da Gaetano -, chi si smarrisce.
La miglior pasta, tirata come da indicazioni di chef Bottero, è quella di Franco e Matteo Lee, ma non basta a salire in balconata. A brillare davvero sono, invece, Alessandro e Matteo Canzi. Passano il turno anche Dorella e Antonio, nonostante qualche errore sulle spugnole. Male Katia e Giuliana la cui pasta è spessa, il fungo poco cotto, il piatto in generale giudicato crudo. Niente balconata e sfida finale con Eros e Georgina.
Entra in campo la seconda batteria. Le coppie, sempre formate da Franco, sono Dounia e Carlotta, che mal si sopportano, Vittoria e Irene, Niccolò e Piponzio, Jonny e Matteo Rinaldi. Altri concorrenti, altro scenario, altra latitudine. Protagonista, questa volta, è Amalfi, con il ristorante «La Caravella», il primo del Sud a conquistare la stella Michelin. A rappresentare questa famiglia è Antonio Dipino, un predestinato. Quand’era piccolo, racconta lo chef, i genitori lo facevano mangiare insieme ai clienti. Tra questi anche la famiglia Kennedy. «Con John John – racconta – si giocava a pallone. Il più bravo sono sempre stato io». Poi svela il piatto che gli aspiranti chef devono replicare: scialatielli ai frutti di mare, ricetta apparentemente semplice, nata da una parola dialettale: «scialare», che soddisfa. «Una specialità a cui sono molto affezionato – sottolinea Dipino – perché è stata inventata da Enrico Cosentino. Insieme a mamma e papà, fece stabilire il nome a un cliente che, all’assaggio, si disse “scialato”, soddisfatto. Da qui scialatielli». Quindi spiega come realizzarli con gli chef tutti a dire: «Adesso fateci scialare».
Pronti, via: partono altri 45 minuti. La concitazione è alle stelle, dalla balconata partono incitamenti. Alla fine della prova, Niccolò e Piponzio, nome di battesimo Andrea, convincono i giudici così come Irene e Vittoria. Deludono Dounia, che non gioca la Golden Pin, e Carlotta che, però, scopre un inedito feeling con la «collega», e Matteo Rinaldi e Jonny che si caricano a suon di haka, la danza tipica del popolo Maori. Per loro si apre la sfida finale.
L’ultimo atto è il più personale: si torna al Nord, sulle rive del lago di Comabbio, con un piatto che è autobiografia pura per chef Locatelli: il lavarello «Maria Luisa», dedicato agli zii – Alfio e Maria Luisa del ristorante «La Genzianella» – che hanno segnato la sua storia. Qui non si può sbagliare. E infatti qualcuno crolla. Giuliana va in panico, Eros si perde, Katia naufraga completamente: erbe fuori posto, piatto irrispettoso, uno dei peggiori mai visti secondo i giudici. «Se qualcuno ti dedica un piatto così, ti vuole bene?», affonda Cannavacciuolo.
Alla fine si salvano Georgina, Jonny, Matteo Rinaldi ed Eros. Giuliana resta aggrappata a una possibilità di riscatto. Katia fuori subito. Poi il colpo a sorpresa: a togliersi il grembiule è anche Giuliana. Due storie diverse, una stessa uscita di scena. Tra lacrime, rimpianti e una lezione che MasterChef non smette di ripetere: la tecnica si studia, il carattere si rivela sotto pressione. E non sempre regge. L’appuntamento è per giovedì prossimo con una super Chiara Pavan.
26 dicembre 2025
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