Siamo di fatto arrivati alla fine di un anno che dal punto di vista dei mercati possiamo definirlo strano. E proprio per questo ci offre alcune lezioni di investimento, anche se la domanda che dovremmo porci tutti noi risparmiatori sarebbe la seguente: cosa abbiamo imparato davvero e cosa ancora no? Il 2025 si era aperto con aspettative di tagli ai tassi di interesse che sono risultate parzialmente eccessive.

Lezioni di investimento, abbondano gli imprevisti

La Federal Reserve, ad esempio, ha tenuto i tassi invariati fino a settembre, quando ha ripreso a tagliare forse più su pressione della Casa Bianca che per convinzione.

A marzo i rendimenti tedeschi erano esplosi imprevedibilmente sull’annunciato riarmo della Germania. Ad aprile, sembrava che l’economia mondiale dovesse andare allo scatafascio da un giorno all’altro dopo gli annunci dei dazi da parte dell’amministrazione Trump. E da allora siamo stati in altalena tra pessimismo e ritorno alla fiducia.

Prima lezione imparata: i tassi contano meno del modello di business. Ci avevano detto che le azioni bancarie europee sarebbero tornare a scendere con il taglio dei tassi, mentre sono letteralmente volate quest’anno. Perché? Hanno negli ultimi anni puntato più sulle commissioni e si sono irrobustite sul piano patrimoniale.

Seconda lezione: la volatilità spaventa forse più delle perdite vere e proprie. Le brusche inversioni di tendenza disorientano. Ed è quanto accaduto nei primi mesi dell’anno, quando bond prima e azioni subito dopo sono caduti a seguito di eventi geopolitici imprevisti. Non sarebbe dovuta essere una novità. Era ancora fresco il ricordo di quanto accaduto nel febbraio del 2022, quando la Russia invase l’Ucraina e determinava un cambio epocale anche per i mercati finanziari e le politiche economiche dei governi occidentali.

Investitori retail colti dall’ansia di fare

Terza lezione: cambi repentini di strategie di investimento. Questo è forse il vero problema, non l’imprevisto in sé. Un modello robusto incorpora anche il rischio di un temporaneo cambio di direzione del mercato. Rivendere ogni volta che ciò accade significa avere agito o di impulso o di avere adottato un modello fallace, impostato su una visione corta o eccessivamente rigido.

Quarta lezione: c’è un eccessivo impiego della liquidità tra gli investitori retail. Se Warren Buffett ha accumulato centinaia di miliardi di dollari, preferendo restare fuori dal mercato per il momento, qualcosa vorrà pur dire. Secondo gli studi comportamentali di Barber & Odean, gli investitori retail tendono a sovra-operare del 40-60%. Pensano che debbano per forza fare qualcosa, anche quando sarebbe opportuno non fare niente. E ciò deprimerebbe il loro rendimento di 1,5-2% all’anno. A causa di questo atteggiamento, il 50% dei top performer in un dato anno arretra nella parte bassa della classifica nell’anno successivo.

Sui mercati confermata la memoria corta

Il 2025 ha offerto diverse lezioni di investimento, essendo stato un anno partito con un certo umore e proseguito con tutt’altro sentimento. E forse la lezione più importante è stata di ricordarci di avere la memoria corta. Non è lontano il 2008, anno che resterà per sempre segnato come quello della grande crisi finanziaria mondiale. Fino a metà settembre nessuno avrebbe immaginato che sarebbe fallita una delle principali banche americane del tempo (Lehman Brothers). Il mondo non sarebbe stato più lo stesso dal giorno successivo. Un incidente che cambiò repentinamente la direzione del mercato, per quanto già l’economia americana avesse concluso il suo ciclo espansivo.

Lezioni di investimento: prevedere il mercato non è sempre possibile

Tra le lezioni di investimento che non abbiamo imparato c’è l’umiltà di capire che i mercati sono e restano poco prevedibili. Istituti pubblici e privati nazionali e internazionali si affannano a fare previsioni a medio-lungo termine su tutti i principali dati macroeconomici, salvo essere puntualmente smentiti anche dopo pochi mesi. E gradualmente i mercati passano dallo scommettere su tali previsioni all’adattarsi alla realtà dei fatti. Il problema non è sbagliare previsione, ma costruire portafogli che funzionano solo se la previsione è giusta.

giuseppe.timpone@investireoggi.it