15. i cani – post mortem
Nove anni dopo Aurora, Niccolò Contessa sceglie di tornare totalmente a sorpresa e senza troppi proclami con un album che, a differenza di quel capolavoro, non è facilmente cantabile, memorabile (nel senso di restare nella memoria), assimilabile.
Post Mortem è un album che ci fa capire che il tempo è passato, che non siamo più quei quasi trentenni pieni di vita e cose da fare. Adesso siamo adulti, siamo cresciuti e la nostra vita è un mattone, esattamente come questo lavoro. Ecco, Post Mortem è un mattone e, come tale, ha bisogno del proprio tempo per essere compreso.
Va preso a piccole dosi perché è molto aspro, molto “tedesco” nell’accezione più dark wave del termine e l’orecchio abituato a canzoni come Il Posto Più Freddo o Questo Nostro Grande Amore non trova appigli, ancore di salvataggio.
Post Mortem è l’album di un quarantenne che ha capito che la vita non è tutta rose e fiori e se ne frega di far finta di essere felice, meglio essere se stessi. Ecco, come lui stesso dice in Colpo Di Tosse, “questo è quello che ci vuole”.
Consiglio: se siete tristi non ascoltate l’album, se siete felici non ascoltate l’album. Fatelo solo se siete in un mood apatico perché così non rischiate di sprofondare nella disperazione.
14. ginevra – femina
Direttamente da Torino, Ginevra Lubrano ha pubblicato un album inaspettato per quelle che, fino a oggi, erano state le certezze quasi pop che la sua musica ci aveva donato.
La partenza è rock, il lavoro in generale è molto più energico ed è il racconto di libertà emotiva ed espressiva di una donna emancipata in una società che le donne le schiaccia (o, almeno, vorrebbe farlo e fallisce miseramente, per fortuna).
Questo è un album che è stato definito politico e, se guardiamo bene, potrebbe essere così perché quando si raccontano i disagi e i disastri della società odierna, inevitabilmente, si entra nel terreno irto e spinoso della denuncia. In questo caso, come detto, si cerca di portare alla luce il tema dell’emancipazione femminile controcorrente.
La donna può essere libera nelle proprie imperfezioni, può essere specchio di bellezza e perfezione ma, in questo album, è anche l’esatto contrario e va meravigliosamente bene così.
Femina è l’album che racconta il coraggio di essere imperfette, di essere donne semplici con la voglia e il bisogno di non dovere dimostrare niente a nessuno.
Ginevra non è stata coraggiosa nel mettere nero su bianco tutto ciò, è stata solo se stessa. Una ragazza di fiume cresciuta in una grande città, e va benissimo così.
13. murubutu – la vita segreta delle città
Indubbiamente uno dei migliori lavori del 2025 che uniscono rap, hip-hop e cantautorato è quello di Murubutu, colonna portante ma mai troppo elogiato della musica italiana.
Arrivato all’ottavo album, Alessio Mariani non ha perso smalto e, anzi, ha guadagnato consapevolezze senza però strafare per “dimostrare”. Non ha nulla da dimostrare, ha solo da raccontare cose nuove e impattanti nella vita di tutti i giorni e in questo album lo fa. Lo fa benissimo.
Lavoro che fa da contraltare a un altro album che abbiamo già raccontato in questa Top album 2025, quello di Niccolò Fabi. Lì si racconta la potenza della natura, qui si racconta la città e le sue caratteristiche che la rendono viva quasi come se fosse senziente in mezzo a cemento e vie piene di gente.
La voce e lo storytelling di Murubutu sono maturi, vissuti e appesantiti dallo scorrere del tempo e, forse, in questa “pesantezza” la città ha acquisito un ruolo centrale.
È a tutti gli effetti un concept album che ruota, musicalmente, attorno a quel mondo hip-hop di vent’anni fa ed è un bene se pensiamo che di progetti nudi e crudi di questo genere ce ne sono sempre meno ogni anno che passa.
12. dj shocca – 60 hz ii
“Dedicato alla musica… 60 hz II”
Inizia così l’album che segna il grande, immenso ritorno di Shocca dopo quasi 20 anni dal primo, inestimabile, capolavoro del genere 60 HZ.
Questo secondo capitolo rimette le cose al proprio posto, gli dona ordine e fa capire come si fanno certe cose con alta qualità. Una quantità di citazioni al primo capitolo inenarrabile, una qualità rap e hip-hop d’altri tempi e nomi del passato e del presente che si uniscono nel miglior modo possibile.
Shocca ha preso quei master dei primi anni 2000, li ha ristudiati e gli ha dato un nuovo colore, una nuova dignità e ha lasciato che fossero alcuni di quei co-protagonisti a dare la nuova e ideale veste a tutti questi meravigliosi suoni.
Stokka, Madbuddy, Ensi, Nerone, Club Dogo, Inoki, Danno, Tormento, Neffa, l’immenso Primo Brown e non solo fanno da maestri e papà adottivi di Nitro, Ele A, Silent Bob, Ernia in questo incontro (e non scontro) generazionale in cui l’unico obiettivo è quello di fare un album rap di altissima qualità.
Ci sono riusciti, tutti, coadiuvati da un Maestro totale come Shocca.
11. anastasio – le macchine non possono pregare
Poco raccontato, poco elogiato, poco valorizzato eppure uno degli album più a fuoco dell’anno. Anastasio ha fatto un concept album su cui ha investito tutto se stesso, la propria mente e la propria anima.
Le Macchine Non Possono Pregare è il racconto di una società distopica alla Matrix dove le macchine comandano ma che non possono fare tutto.
Le macchine, l’AI e tutti gli strumenti tecnologici possono comandare, se vogliono, ma non sanno provare sentimenti, non sanno amare, non sanno sentire o percepire, né tantomeno pregare. Le macchine sono macchine, codici alfanumerici che vanno avanti seguendo input pre-impostati e questo è un grande vantaggio per l’uomo che resta imprevedibile.
Per raccontare tutto questo, Anastasio ci ha messo anni ma sono stati anni davvero benedetti perché questo grande ritorno è di una qualità che il 90% degli artisti italiani e mondiali si sognano.
Anastasio ha fatto davvero un enorme lavoro ed è sacrosanto dargliene atto e merito.
È momento di Top 10, cliccate in basso su continua.
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