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Ci sono registi sconosciuti al grande pubblico, ma che, tra gli addetti ai lavori, sono considerati imprescindibili: è proprio il caso del calabrese Michelangelo Frammartino. Il suo lungometraggio di esordio, un film documentario realizzato con pochissimi mezzi nel paese dei genitori, non ha nemmeno una pagina Wikipedia. Eppure si è meritato una recensione sul New York Times: non in occasione dell’uscita (il film è del 2003), ma del restauro, dopo il quale è stato finalmente messo in programmazione a New York. Questo fatto ci parla appunto dell’importanza del sottovalutato contributo di Frammartino, che in tutta la sua carriera ha girato solo altri due lungometraggi: Le quattro volte (2010) e Il buco (2021). Né Le quattro volte, né Il dono sono disponibili sulle principali piattaforme. Il buco, invece, è su RaiPlay. Alcuni utenti però hanno caricato su YouTube i primi due film, colmando il vuoto distributivo, ed è lì che li trovate – almeno al momento della scrittura di questo articolo.
Scrive il New York Times: “I ritmi lenti e meditativi del film offrono una tregua dalla routine quotidiana dei cittadini, a patto che siano disposti a mettere da parte lo schermo e sintonizzarsi su una lunghezza d’onda molto più languida, quasi mistica”.
Il dono, trama
Come Le quattro volte e Il buco, anche Il dono è ambientato in una regione montuosa della Calabria. Il film è quasi privo di dialoghi e segue la vita quotidiana di due persone: un anziano, interpretato dal nonno del regista, Angelo, e una giovane donna instabile che offre controvoglia prestazioni sessuali in cambio di passaggi in auto in città.
“Nonostante la magnificenza visiva della regione, con le sue strade tortuose di ciottoli e le colline ondulate, c’è un vuoto malinconico in ciascuna delle suggestive composizioni di Frammartino – si legge nella recensione – accentuato dai movimenti cauti e solitari dei suoi pochi abitanti (per lo più anziani). La storia della giovane donna ci dice che sopravvivere significa fuggire, ma per il resto Il dono riesce a trovare un equilibrio tra la dannazione e l’idolatria del suo scenario medievale. Ne siamo risucchiati, rapiti, anche se sentiamo che le loro vite stanno svanendo”.
Michelangelo Frammartino
Guardo film e gioco a videogiochi, da un certo punto della vita in poi ho iniziato anche a scriverne. Mi affascinano gli angolini sperduti di internet, la grafica dei primi videogiochi in 3D e le immagini che ricadono sotto l’ombrello per nulla definito della dicitura aesthetic, rispetto alle quali porto avanti un’attività di catalogazione compulsiva che ha come punto d’arrivo alcuni profili Instagram. La serie TV con l’estetica migliore (e quella migliore in assoluto) è comunque X-Files, che non ho mai finito per non concepire il pensiero “non esistono altre puntate di X-Files da vedere per il resto della mia vita”. Stessa cosa con Evangelion (il manga).