Carlos Bernardes, decano dei giudici di sedia: “La finale di Wimbledon arbitrata grazie a Nadal, Federer che non sembrava reale, i palleggi con un giocatore prima di un match e le strane domande di Bublik. Come ho iniziato? Scavalcando i muri di un club… “


Andrea Fanì

Giornalista

26 dicembre – 11:43 – MILANO

Alterna padel e tennis. Vive nella bergamasca “per amore”. Si gode il meritato riposo mescolandosi agli spettatori dei grandi tornei, tipo le Atp Finals 2025 a Torino. È Carlos Bernardes, decano dei giudici di sedia, un distinto e sorridente signore brasiliano che ha arbitrato 3 finali Slam, le Finals, i Giochi Olimpici e qualcosa come 24 numeri 1 della storia.

Carlos, perché un ragazzo del Brasile, dove domina il calcio, dovrebbe diventare giudice di tennis?

“A Sao Caetano, la mia città, avevo degli amici che giocavano a calcio in un club dove c’era anche il tennis. Solo che…”. 

“Scavalcavamo i muri del club per giocare a tennis nel weekend, quando era chiuso. Per fare la rete usavamo degli ostacoli di quelli per l’atletica. Poi gli ostacoli restavano in campo e quando pioveva affondavano nella terra rossa. Un giorno il presidente del club ci incontra per caso e ci fa: ‘Ma non potete entrare come le persone normali?’ All’inizio non capii. ‘Al club, venite come le persone normali, siete giovani, non vi faccio pagare…’ Ci aveva riconosciuto… Ad ogni modo, ho iniziato a giocare così, da bambino. Ero bravo, a 15 anni ho perso mio padre e il tennis è diventato un lavoro: facevo il maestro nel mio club per portare i soldi a casa. Fui inserito nella squadra agonistica, che all’epoca comprendeva anche una borsa di studio per l’università: ingegneria meccanica”. 

Ah, complimenti ingegner Bernardes… 

“No, mi sono fermato al terzo anno. Ma mi sono laureato in educazione fisica”.

Quindi, giocatore e maestro. Ma arbitro? 

“Vede, in Brasile un giornale, la Gazeta Esportiva, pubblicava tutti i programmi dei tornei di tennis. Quindi se tu volevi sapere quando e con chi avresti giocato, dovevi vedere quel giornale. Un giorno leggo un annuncio, un torneo a San Paolo cercava 122 giudici di linea. Beh, mi sono presentato. Era la Fed Cup, anno 1984. Da lì sono stato su un campo ad arbitrare per i successivi 40 anni”. 

Ha mai contato i Paesi che ha girato? 

“Come no! Li ho messi anche su un’app, così non li dimentico. Ho girato più di 90 Paesi e circa 350 città. Tutto il Nord e Sudamerica, tutta l’Europa, buona parte dell’Asia, 5 Paesi in Africa e naturalmente l’Oceania. Non sono stato in Antartide, quello no”.

Ci spiega la vita di un giudice di sedia del tennis? 

“Beh, intanto si comincia dal livello più basso, il Green Badge, che ti permette di arbitrare tornei locali. Poi, dopo un esame scritto e orale si passa al White Badge e al Bronze, per piccoli tornei internazionali. A quel punto un esame non basta più: serve anche ottenere buone valutazioni dei supervisori ai tornei. Allora puoi ottenere il Silver o Golden Badge, il livello massimo che ti permette di arbitrare gli Slam. Per i livelli più alti tra gli esami sono compresi simulazioni di partita, proteste dei giocatori, litigi in campo tra loro. Devi imparare a gestire ogni situazione”.

MELBOURNE, AUSTRALIA - JANUARY 27: Daniil Medvedev of Russia shows the ball to chair umpire Carlos Bernardes during his Men's Singles fourth round match against Stan Wawrinka of Switzerland on day eight of the 2020 Australian Open at Melbourne Park on January 27, 2020 in Melbourne, Australia. (Photo by Daniel Pockett/Getty Images)

Capito. Allora diciamo che lei ha ottenuto il suo Golden, arriva al Roland Garros, per dire, e…

“La sera precedente al giorno del match che devi arbitrare ti danno il programma. Devi arrivare al club almeno un’ora prima del tuo incontro. Arrivi, ti presenti in direzione per dire ‘sono qui’ e di solito tieni d’occhio il tabellone con tutti i match. Perché il tennis non è come il calcio: una partita può durare 5 ore o 10 minuti, e tu devi essere pronto. Quando capisci che il match precedente sta per finire, ti avvii al campo di riferimento, aspetti i giocatori e si comincia”.

“Ci sono due opzioni. O torni in direzione e ti danno l’ok per tornare a casa, oppure ti chiedono di tenerti a disposizione perché un collega sta poco bene. Possono anche chiederti di andare a fare valutazioni su altri giudici di sedia, per esempio”.

Fate allenamenti particolari per la concentrazione e il self control? 

“No, direi che è più una dote naturale. Ogni arbitro però ha un modo di prepararsi alle tensioni. C’è chi passa molto tempo al club a parlare con i colleghi, questo può aiutare a sciogliere certi nervosismi. Altri preferiscono passeggiare da soli, per dire”.

Sa chi ha arbitrato la finale del Roland Garros 2006?

“Ehm… sì, io. Primo giudice di sedia sudamericano in una finale Slam. Vede, ogni Slam ha procedimenti particolari per la scelta dei giudici. In quell’edizione di Parigi ai quarti c’erano tante nazionalità diverse, e naturalmente un giudice di sedia non può essere della stessa nazionalità di uno dei giocatori. All’inizio della seconda settimana il direttore mi fa: ‘Arbitri tu la finale’. Io lì per lì penso a uno scherzo. Ci sono arbitri fissi per le finali, di solito. Si privilegiano gli arbitri affiliati Itf, io ero un arbitro Atp, in un certo senso ruppero una tradizione. Comunque, quando ho capito che era serio, ho provato un’emozione incredibile. Nadal e Federer in campo, molto bello. Tra l’altro quel giorno conobbi Tiger Woods, che era allo stadio. Io sono un grande appassionato di golf, mi feci autografare la pallina. Quell’anno poi ho fatto anche la finale dello US Open tra Federer e Roddick. Ma la finale più speciale fu Djokovic-Nadal a Wimbledon 2011. Io le finali di Wimbledon le vedevo in tv da ragazzo, essere sul Centrale era incredibile. E pensare che non avrei dovuto esserci io…”

XXX during the XXX round match against XXX on Day Thirteen of the Wimbledon Lawn Tennis Championships at the All England Lawn Tennis and Croquet Club on July 3, 2011 in London, England.

“Per colpa di Nadal. Doveva arbitrare Enric Molina, solo che era spagnolo… Me lo dissero il lunedì della seconda settimana, e dovetti aspettare fino alle semifinali, il venerdì, per capire se avrei arbitrato o no. A Wimbledon fu davvero speciale. Il sabato devi andare al Club per provare lo smoking, perché anche il giudice di sedia è invitato alla cena di gala con i vincitori. Insomma, un protocollo molto speciale”. 

Speciale fu l’Australian Open 2021, per lei…

“Che storia! Roba da film! Siamo in pieno periodo Covid, dobbiamo fare 14 giorni di quarantena senza uscire dalla stanza d’hotel, avevamo le guardie alla porta. Insomma, faccio un po’ di cyclette mentre sono al telefono con mia figlia. A un certo punto inizio a sudare in modo anomalo, allora non le dico nulla ma chiudo la telefonata. Qualcosa non va… Faccio una doccia ma niente. Grondavo. Chiamo la reception, spiego che non sto bene e accenno a dei sintomi. Sento la ragazza che urla solo ‘doctooooor’. All’epoca nei grandi hotel era sempre di posta. Sale e chiama l’ambulanza, per fortuna l’hotel è di fronte all’ospedale. Nel giro di pochi minuti mi dicono che sto avendo un infarto, mi portano direttamente dalla camera alla sala operatoria. ‘Se aspettava altri 5 minuti era morto, signore’, mi fa il medico. Dopo l’intervento mi sveglio in camera, entra un’infermiera e inizia a farmi domande generiche. Io inizio a rispondere poi, puff, il buio. Mi risveglio che ho tutti i medici della cardiologia nella mia stanza. ‘Tutto ok signor Bernardes. Il suo cuore si era fermato ma… l’abbiamo ripotata indietro, come vede’. Che storia!”.

MELBOURNE, AUSTRALIA - JANUARY 20: Tennis chair umpire Carlos Bernardes, guest staying at 'The View' hotel is seen being attended to by paramedics as he is stretchered into an ambulance on January 20, 2021 in Melbourne, Australia. The view hotel is one of three hotels being used for Australian Open Quarantine. All players and staff arriving in Melbourne for the Australian Open must complete 14 days of hotel quarantine and will be housed across three hotels; the Grand Hyatt, Pullman Albert Park and View Melbourne. Quarantining players will be able to leave their rooms for up to five hours a day, but only to attend dedicated quarantine training venues set up at Melbourne Park, the National Tennis Centre and Albert Reserve. Players will only be permitted to train once their day two COVID-19 comes back negative. All other staff and officials will need to remain in their rooms at all times for the 14 days of quarantine. The 2021 Australian Open will be the largest international sporting event to be held in Australia since the beginning of the coronavirus pandemic. (Photo by Asanka Ratnayake/Getty Images)

E a Bergamo come finisce? 

“Ah, per amore. Ad Atene 2004 conosco Francesca, ragazza italiana che lavora nel mondo del tennis. Insomma, siamo sposati e vivo vicino Bergamo da allora. L’Italia è un posto meraviglioso, io non capisco perché andate sempre in vacanza all’estero se avete un Paese così bello”.

Ci racconta l’episodio più curioso della sua carriera?

“Ricordo che una volta, agli inizi, dovevo arbitrare un match e uno dei giocatori, un tedesco, cercava uno sparring con cui palleggiare. Ma niente. Allora gli dico: ‘Dai, palleggiamo io e te’. Che ridere. In quegli anni potevamo, oggi sarebbe impossibile. Ma la cosa più strana mi è capitata allo US Open 2011. Arbitro Roddick-Ferrer, se non ricordo male, sull’Arthur Ashe. Insomma, c’è così caldo che la vernice del campo perde acqua, letteralmente. I giocatori non stanno più in piedi, si scivola. Che si fa, che non si fa? Soluzione, si gioca sul campo 11, più ombreggiato. Ve l’immaginate dal centrale di Flushing Meadows a un campo con una tribunetta da 200 persone?”.

“Difficile dirlo. Ne ricordo una particolare, Becker contro Ivanisevic a Spalato, la città di Goran. Stadio gremito, gente ovunque, atmosfera da brividi. Ma fu bellissimo vedere quel match combattuto e vibrante con un pubblico che non andò mai sopra le righe. Correttissimi”.

Il giocatore più elegante che ha arbitrato? 

“Roger Federer. Vederlo era spiazzante perché faceva sembrare tutto semplice. In campo non sembrava reale”.

Il più indisciplinato? 

“Mi creda, in realtà nessun tennista è davvero indisciplinato. Ci sono delle situazioni che ti portano a trasformarti, ecco. Però in generale oggi c’è molto più fair play, forse perché tutti sanno di essere sempre sotto la lente di una telecamera o un telefonino”. 

ROME, ITALY - MAY 16: Stefanos Tsitsipas of Greece appeals to umpire Carlos Bernardes against Nicolas Jarry of Chile during their Men's Singles Quarter Final match on Day Eleven of the Internazionali BNL D'Italia 2024 at Foro Italico on May 16, 2024 in Rome, Italy.  (Photo by Mike Hewitt/Getty Images)

La litigata più grande della sua carriera? 

“Ricordo una cosa che oggi non succederebbe. Arbitravo un torneo ad Aruba, una partita di doppio. Uno dei giocatori mi rivolge un commento irripetibile. Io scendo dalla sedia e lo squalifico subito. Lo comunico agli avversari e me ne vado. Mentre torno in direzione incrocio il supervisore, che mi fa ‘e tu che ci fai qui?’. Allora gli racconto l’accaduto e lui non fa una piega. In realtà solo il supervisore poteva squalificare quel giocatore, avevo infranto le regole ma lui era stato davvero offensivo”.

L’errore più grande in partita? 

“Ah, ne avrò fatti tanti, sicuro. Guardi, un arbitro che dice di non averne commessi in realtà sta mentendo sapendo di mentire”. 

Finale delle Atp Finals 2024, Sinner davanti al pubblico dice ‘celebriamo il grande Carlos Bernardes all’ultimo match della carriera’. Cosa ha provato? 

“Bel ricordo, inaspettato perché quello è un momento dei giocatori e per i giocatori. Molto bello devo dire. Nel corso di quell’anno molti mi hanno salutato in modo speciale. Bublik troppo simpatico: lo sto arbitrando a Indian Wells, lui sta perdendo, a un cambio di campo all’improvviso mi fa, ‘ma questo è il tuo ultimo torneo o ne fai altri quest’anno?’. Io lo tranquillizzo, è l’ultimo anno che lavoro ma non l’ultimo torneo. ‘Ah, allora ti rivedo ancora’. Che ridere”. 

Che differenze vede tra Sinner e Alcaraz? 

“Carlos è un creativo, Jannik una macchina. Sinner trasmette una serenità incredibile in campo. E reagisce sempre bene agli errori. Quando sbaglia lavora per non rifarlo. E se sbaglia lo fa perché ha provato una cosa difficile, un vincente. Alcaraz è imprevedibile ma paga il prezzo della sua creatività. Lo sa che Federer ha vinto oltre l’80% dei match che ha giocato ma poco più del 50% dei punti? Questo vuol dire che i fenomeni come loro sanno quanto pesa ogni punto. I punti nel tennis non sono tutti uguali”. 

Gustavo Kuerten from Brazil plays a forehand return to Sergi Bruguera of Spain during the Men's Singles Final match at the French Open Tennis Championship on 8th June 1997 at the Stade Roland Garros in Paris, France. Gustavo Kuerten won the match and championship 6 - 3, 6 - 4, 6 - 2. (Photo by Mike Hewitt/Allsport/Getty Images)

Cos’è stato Guga Kuerten per lei? 

“Noi brasiliani l’abbiamo adorato. Non solo perché ha vinto, ma perché era ed è rimasto una persona semplice. Anche dopo le vittorie, anche dopo i 3 Roland Garros. Lei pensi a quanto interesse c’è stato in Brasile attorno a lui, eppure non è mai cambiato. Sempre solare e umile. Ecco perché i brasiliani mettono sullo stesso piano Pelè, Senna e Guga”. 

E Joao Fonseca dove arriverà? 

“Ah, dove non lo so. Quello che so è che ha un talento naturale notevole. Ma deve restare se stesso, non deve pensare di dover essere un numero 1 per forza. Sa quanti potenziali numeri 1 ho visto non arrivare mai? Però Fonseca ha un vantaggio: ha una famiglia solida alle spalle, i suoi genitori hanno cultura e questo aiuta a tenere sempre i piedi ben a terra. Fonseca è un ragazzo intelligente con genitori intelligenti, come Sinner e Alcaraz. Lavori per crescere, poi se diventerà un numero 1 lo dirà il tempo”.