Sembrano non avere sponde i laghi del varesotto. Pedali e non ti accorgi dove finisce uno e inizia l’altro. Alla fine, conviene guardare il GPS e contare. Uno, due, tre… e potrebbe non finire qui. Terra di laghi e di boschi, perfetto per andare in bicicletta. L’equazione funziona ma il conto lo hanno fatto ancora in pochi. Il Varesotto è un territorio da scoprire.
È di quei territori che non si lasciano comprendere con un attraversamento rapido. Hanno bisogno di tempo, di silenzi, di deviazioni apparentemente secondarie. Bisogna perdersi un po’ per scoprire. Il Varesotto appartiene a questa categoria: una provincia complessa, stratificata, in cui l’acqua, la natura e l’intervento umano convivono in un equilibrio mai scontato. La bicicletta, in questo contesto, non è soltanto un mezzo di spostamento, ma uno strumento di lettura del paesaggio, capace di mettere in relazione luoghi diversi e di restituire continuità a un racconto che spesso viene frammentato. A passare in auto, sulle provinciali, si perde il più; non si scende in profondità.
A fare da collante e strumento di turismo, come in tante parti d’Italia è l’e-bike che permette di dare una continuità a un territorio che così diventa alla portata di tutti, pedalando al giusto ritmo.
Il lago e il Monte Rosa a fare da sfondo
Un viaggio organizzato per studiare una proposta di territorio
Il punto di partenza è Villa Borghi, spazio che introduce subito una dimensione di confronto e condivisione. Qui il viaggio assume una valenza che va oltre l’esperienza sportiva o turistica, grazie all’incontro con Giovanni Bloisi, il “ciclista della memoria”. La sua presenza sposta l’attenzione dal semplice itinerario alla responsabilità del racconto: pedalare diventa atto simbolico, capace di tenere insieme strada, storia e impegno civile. È un’introduzione che chiarisce fin da subito il senso del percorso: non un elenco di tappe, ma una narrazione. Come quella che Giovanni cerca in bicicletta e spesso riporta nelle scuole del Varesotto. Un esempio di pedalare lento che varca i confini.
Una pausa caffè ascoltando i racconti di Giovanni Bloisi
Noi siamo rimasti attorno ai laghi. La prima pedalata si sviluppa lungo la pista ciclabile del Lago di Varese, un’infrastruttura che rappresenta uno degli esempi più riusciti di integrazione tra mobilità dolce, fruizione turistica e tutela ambientale. Il lago accompagna il movimento senza imporsi, lasciando spazio a una lettura graduale del paesaggio. Le rive raccontano una storia fatta di lavoro, trasformazioni e recupero, mentre la ciclabile diventa un filo conduttore che unisce ambienti molto diversi tra loro. La ciclabile non è solo un periplo del lago, occorre fermarsi ed esplorare.
Uno dei passaggi più significativi è quello accanto alla Palude Brabbia, Oasi Lipu di grande valore naturalistico. Qui il ritmo cambia spontaneamente. L’ambiente umido, fragile e vitale allo stesso tempo, impone attenzione. L’acqua non è più semplice elemento scenografico, ma matrice dell’intero ecosistema. Pedalare accanto alla palude significa accettare una posizione discreta, quasi marginale, rispetto a un ambiente che precede e supera la presenza umana. È uno dei luoghi in cui emerge con maggiore chiarezza il senso di una mobilità lenta e rispettosa.
A Cazzago Brabbia il rapporto con il lago si traduce in racconto antropologico. Il Lake Museum non concentra la memoria in un unico edificio, ma la distribuisce nello spazio del paese, rendendo il borgo stesso parte integrante dell’esposizione. Le ghiacciaie, strutture essenziali e funzionali, raccontano un’economia basata sull’ingegno e sull’adattamento alle risorse naturali. Il lavatorio e la casetta dei pescatori completano un quadro fatto di gesti quotidiani, lavori stagionali e relazioni comunitarie. La visita guidata da Chicco Colombo, burattinaio e pittore, aggiunge una dimensione narrativa che va oltre la semplice spiegazione storica: il racconto orale diventa strumento di trasmissione culturale, capace di rendere il passato immediatamente comprensibile.
Il passaggio verso il Lago Maggiore segna un cambio di scala. A Ranco, l’affaccio sull’acqua è più ampio, lo sguardo si apre e l’ospitalità assume un ruolo centrale. Il ristorante Belvedere, fondato a metà Ottocento e da sempre legato alla famiglia Merzagora, rappresenta un esempio di continuità storica capace di dialogare con il presente. La sua evoluzione in bike hotel non è una semplice operazione di marketing, ma la risposta a una nuova domanda di turismo consapevole, fatto di comfort mirati, attenzione al ciclista e valorizzazione del territorio circostante.
Fino alla casa di Lucio Fontana
Accanto al Lago di Varese, il Lago di Comabbio offre una dimensione più raccolta e silenziosa. La sua pista ciclabile, immersa nel verde, invita a una pedalata regolare, quasi contemplativa. Qui il paesaggio non cerca di stupire, è compagno di pedali. È un ambiente che favorisce la continuità del movimento e prepara a un incontro inatteso: la casa-atelier di Lucio Fontana, a Comabbio. Visitare il luogo in cui il grande artista visse gli ultimi decenni della sua vita significa inserire l’arte in un contesto quotidiano, lontano dalla monumentalità museale. La casa conserva un’atmosfera privata, che aiuta a comprendere il legame tra Fontana e il territorio, tra creatività e paesaggio.
Lontani dal traffico. Si può fare
Lasciando i laghi, il percorso si inoltra lungo strade poco trafficate, immerse nel verde, che conducono verso una campagna in trasformazione. Qui emerge un Varesotto meno noto, fatto di piccoli borghi e attività agricole che stanno ridefinendo il proprio ruolo. A Capronno, frazione di Angera, l’agriturismo “Natura in moto” diventa emblema di questa nuova ruralità: un luogo in cui accoglienza, produzione e racconto del territorio si intrecciano, offrendo una pausa che non interrompe il viaggio, ma lo arricchisce.
Sempre ad Angera, la visita alla piantagione di zafferano e di erbe officinali della famiglia Belluscio testimonia una scelta precisa: puntare su produzioni identitarie, capaci di raccontare il territorio attraverso sapori, profumi e saperi. È un’agricoltura che dialoga con il turismo, senza snaturarsi, e che contribuisce a costruire un’economia locale più resiliente. Poco distante, l’Oasi della Bruschera restituisce un nuovo punto di vista sul Lago Maggiore, confermando ancora una volta il ruolo centrale degli ambienti umidi nel paesaggio varesino.
Il Museo Archeologico di Angera aggiunge un ulteriore livello di lettura. Qui il territorio viene osservato in una prospettiva di lungo periodo, che precede di secoli l’attuale assetto. Le tracce delle frequentazioni umane, le rotte e gli insediamenti raccontano una continuità che rende il presente parte di una storia molto più ampia.
Una sosta per bere. Anche se fa freddo si finisce col sudare nei saliscendi del Varesotto.
Gusti locali presso Natura in Moto
Sapori locali e riscoperte. Come il pane fatto come gli antichi romani
La conclusione a Cascina Piano, con la degustazione dei vini Igt di Angera e dell’olio Deco di Cascina Roncaccio, sintetizza il senso del viaggio: il territorio si comprende anche attraverso ciò che produce. Il cibo e il vino diventano linguaggio, espressione di un paesaggio e delle persone che lo abitano.
Il ritorno alla Palude Brabbia, questa volta a piedi e guidati da Barbara Ravasio, chiude idealmente il cerchio. Dopo la bicicletta, il cammino lento permette di entrare ancora più in profondità in un ambiente che richiede attenzione e ascolto. È la conferma di un principio semplice ma spesso dimenticato: ogni territorio chiede il proprio ritmo.
Il Varesotto, letto a passo di pedale, emerge come una destinazione coerente, in cui natura, memoria, cultura e produzioni locali non sono elementi separati, ma parti di un unico racconto. Non un luogo da attraversare rapidamente, ma uno spazio da abitare temporaneamente, tornando più volte, seguendo itinerari diversi. Sempre con lo stesso approccio: lento, consapevole, profondamente rispettoso dei luoghi.
Per saperne di più segnaliamo il sito https://varesedoyoubike.it/ e poi l’appuntamento da non perdere con la Mangia, Bevi & Bici.








