di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén
Il gruppo aeronautico prepara una gara nel 2026 da 50 milioni in dieci anni per ridurre la dipendenza da Amazon, Google e Microsoft nella gestione dei dati strategici
Non è una fuga improvvisa dalle Big Tech, ma il segnale che qualcosa si sta muovendo. Quando Airbus parla di un cloud «veramente sovrano», mette sul tavolo una questione che l’Europa ha a lungo rimandato: chi controlla i dati più sensibili delle sue industrie strategiche. La risposta, finora, è arrivata quasi sempre da oltreoceano. Ora il gruppo aeronautico europeo prova a cambiarla.
La gara d’appalto
L’annuncio della vicepresidente per gli Affari digitali del colosso europeo dell’aeronautica, Catherine Jestin, riguarda una gara d’appalto prevista per l’inizio del 2026, con un valore potenziale fino a 50 milioni di euro in dieci anni. L’obiettivo: ridurre la dipendenza dalle infrastrutture cloud di Amazon, Google e Microsoft per la gestione di dati e applicazioni considerate strategiche. Non una rottura netta, ma una selezione più rigorosa di ciò che può restare su piattaforme globali e di ciò che, invece, deve essere riportato sotto controllo europeo.
Il Cloud Act e l’ombra della giurisdizione americana
Il nodo è giuridico prima ancora che tecnologico. Le grandi piattaforme statunitensi, anche quando operano con data center in Europa, restano soggette al Cloud Act, che consente alle autorità americane di richiedere l’accesso a dati detenuti da società Usa ovunque si trovino. È una questione che il Financial Times ha più volte descritto come una delle frizioni strutturali nei rapporti transatlantici: formalmente compatibile con il diritto europeo, ma politicamente problematica per settori come difesa, spazio e aeronautica.
Dati, difesa e sicurezza industriale: perché il tema è diventato urgente
Per Airbus il tema non è astratto. Il gruppo opera in comparti dove la gestione dei dati è parte integrante della sicurezza industriale e nazionale. Negli ultimi anni, come ha ricostruito Reuters, le aziende europee della difesa hanno spinto sempre più apertamente per soluzioni che riducano l’esposizione a normative extraeuropee. La guerra in Ucraina e la crescente competizione tecnologica globale hanno reso questa richiesta più urgente e meno ideologica.
Gaia-X e i limiti delle alternative europee
L’idea di un cloud sovrano europeo non nasce oggi. Progetti come Gaia-X, sostenuti dalla Commissione europea, hanno provato a costruire un’infrastruttura condivisa basata su standard comuni e governance europea. Ma, come ha osservato The Economist, il problema non è mai stato solo la capacità di calcolo: è l’ecosistema. Le Big Tech offrono piattaforme integrate, servizi avanzati, affidabilità e una scala che i provider europei faticano a eguagliare.
Non solo tecnologia: il peso dell’ecosistema cloud
È per questo che la mossa di Airbus ha un valore che va oltre l’azienda. Non tanto per l’entità dell’investimento, relativamente contenuta, quanto per il segnale industriale. Come ha scritto il Financial Times, la sovranità digitale europea difficilmente nascerà da un atto normativo, ma potrebbe emergere da decisioni operative prese dai grandi gruppi, se e quando questi inizieranno a spostare davvero carichi critici verso soluzioni continentali.
Il modello ibrido come soluzione di transizione
Resta però una domanda centrale: esiste oggi un’alternativa europea pienamente all’altezza? Il New York Times ha sottolineato come, anche nei Paesi più sensibili al tema della sicurezza nazionale, la dipendenza da infrastrutture cloud americane resti elevata per ragioni di costo, maturità tecnologica e affidabilità. È probabile, dunque, che Airbus punti inizialmente a un modello ibrido, separando dati ordinari e dati critici, più che a un abbandono totale delle piattaforme statunitensi.
Un test per l’autonomia strategica europea
In questo senso, la gara del 2026 va letta come un test. Se l’operazione avrà successo, potrebbe accelerare un processo che l’Europa discute da anni senza riuscire a concretizzare: costruire un’autonomia digitale che non sia solo regolatoria, ma industriale. Se invece dovesse rivelarsi insufficiente, rafforzerebbe l’idea — cara alle Big Tech — che la sovranità digitale europea resti, per ora, più una necessità politica che una realtà tecnologica.
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26 dicembre 2025
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