Resta in una cella del carcere Pagliarelli il 21enne Giuseppe Calì arrestato per la detenzione e l’occultamento del fucile, poi nascosto in un terreno a Borgo Nuovo, con cui avrebbe ferito, a suo dire accidentalmente, una ragazza di 33 anni – V. P. – in piazza Nascè. Così ha deciso il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo sulla scorta della ricostruzione fatta dalla Procura e dagli investigatori della squadra mobile della polizia che hanno individuato il giovane la mattina successiva ai fatti. Oltre alla detenzione del fucile, per cui è scattata la flagranza di reato, Calì è indagato anche per tentato omicidio ma la lista delle contestazioni potrebbe cambiare. Intanto lui si difende: “Non avevo intenzione di uccidere, ero molto confuso e impaurito per questo sono scappato. Il fucile? L’ho trovato accanto ad alcuni contenitori dell’immondizia”.
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Nella richiesta di convalida dell’arresto, il sostituto procuratore Sara Morri ripercorre quanto accaduto nella notte tra sabato e domenica, dalle parti di piazza Nascè. Sono quasi le due quando due fratelli, residenti in una traversa vicina, chiamano il 112 segnalando di aver sentito un colpo di arma da fuoco. Le volanti raggiungono il punto indicato e trovano un capannello di persone attorno a una ragazza, distesa per terra e con una ferita tra collo e spalla, che viene poi soccorsa dal 118 e portata a Villa Sofia. Qualcuno racconta di due ragazzi scappati su un Smart.

I poliziotti avviano le ricerche in zona ma trovano altre auto dello stesso colore, il grigio scuro, ma nessuna è quella utilizzata per la fuga da chi ha sparato quell’unico colpo. Ascoltano l’amica con cui la 33enne ferita era uscita quella sera che racconta di essere stata con lei nella zona di via La Lumia. Le immagini nella sua mente sono un po’ confuse ma ricorda di aver visto, durante il tragitto verso la macchina, un giovane scendere da una Smart e prendere un fucile dal bagagliaio. Spaventata dalla scena, accelera il passo ma vede che l’amica è rimasta dietro ed è distesa per terra. “Ma che caz… hai fatto?”, urla al ragazzo colpendolo con uno schiaffo. “Scusa, scusa, non l’ho fatto apposta, io rimango qui, puoi chiamare chi vuoi”, risponde lui.
A questo punto lei cerca di prendere le chiavi dal cruscotto della Smart e vede il fucile accanto al freno a mano, prova a toglierlo al ragazzo che però glielo strappa dalle mani e lo ripone nell’abitacolo. A quel punto, ricostruisce la Procura, compare nella scena una terza ragazza. Che dice al giovane: “Andiamocene che qua ti arrestano, quale rimani, quale chiama chi vuoi? Ti arrestano”.
Le indagini della squadra mobile
Le indagini della squadra mobile proseguono serrate fino alla mattina successiva, quando i poliziotti, grazie alle descrizioni fornite dai testimoni e a qualche immagine ripresa dalle telecamere della zona, credono di aver riconosciuto il ventunenne e decidono di perquisire la sua abitazione. Gli investigatori bussano alla porta e dopo pochi minuti, non appena invitato a consegnare eventuali armi o altro, il giovane crolla e racconta tutto. Consegna gli abiti indossati quella notte – un paio di Nike, un pantalone di tuta grigio e una maglietta bianca che ammette di avere lavato a differenza di quanto fatto con la Smart – e spiega in quale punto ha lasciato l’auto, di proprietà di un familiare. Poi indica un terreno in cui si troverebbe l’arma, un fucile a doppia canna smontato in due parti, che effettivamente viene sequestrata dalla Scientifica che ha inoltre effettuato i rilievi nell’abitacolo della Smart per individuare eventuali tracce di polvere da sparo.
L’interrogatorio: “Ho trovato l’arma vicino ai cassonetti”
Calì viene interrogato dalla polizia, racconta di aver perso il cellulare ma ammette di essere la persona che maneggiava il fucile da cui sarebbe partito accidentalmente il colpo. “Mi trovavo a Borgo Nuovo – si legge nelle trascrizioni dell’interrogatorio riportate nel provvedimento del pm – e verso mezzanotte mi è arrivata la chiamata di mia cugina che mi chiedeva di andarla a prendere. Mi sono accostato in un posto isolato perché dovevo andare in bagno e ho trovato questo fucile in un sacco vicino ai contenitori che c’erano per strada”, dice rispondendo alle domande. Quindi, quasi per curiosità, racconta di aver preso l’arma per caricarla sull’auto e dirigersi verso via Isidoro La Lumia.
Le volanti della polizia in piazza Nascè“Mi è partito un colpo, non avevo intenzione di ferire o uccidere nessuno”
Solo allora, secondo la sua versione, il ventunenne avrebbe deciso di nascondere meglio l’arma nel bagagliaio “per paura di essere fermato”. Ed è in quel momento che la 33enne ferita e l’amica lo avrebbero visto. “Mentre avevo il fucile in mano – ha spiegato – è partito un colpo nel momento in cui chiudevo il cofano. Non ricordo come lo impugnassi e in che direzione fosse rivolto. Ho avuto paura, ho sentito il contraccolpo ma il fucile mi è rimasto in mano. Ho appoggiato l’arma in macchina, su entrambi i sedili, e mi sono accorto della ragazza per terra. Sono andato verso di lei chiedendole scusa e l’amica mi ha graffiato e schiaffeggiato. Non avevo intenzione di uccidere, altrimenti avrei sparato l’altro colpo. Ero molto confuso e impaurito”.
A quel punto, come ricostruito dalla Procura, sarebbe fuggito insieme alla cugina per accompagnarla a casa, parcheggiare l’auto e nascondere l’arma nel terreno in cui è stato trovata. Dai primi accertamenti sembrava proprio l’arma descritta dall’amica della 33enne come “lunga, color fango e vecchia, molto usurata”. Solo la mattina successiva, racconta infine l’indagato, avrebbe capito la gravità della situazione vedendo i telegiornali. “Volevo consegnarmi ma aveva paura. Devo aggiungere che mi spiace per la ragazza, non era mia intenzione ferire o uccidere nessuno”.
I soccorsi della 33enne in piazza Nascè
Nonostante le ammissioni e la difesa fornita da Calì, che sin da subito non avrebbe convinto la Procura, il giudice per le indagini preliminari ha ravvisato le esigenze cautelari necessarie per disporre la misura cautelare del carcere nei confronti dell’indagato. Sono attesi i risultati degli accertamenti effettuati sugli indumenti e sulla Smart. Un’eventuale riformulazione dei capi d’imputazione potrebbe dipendere dalle prove portate dalla difesa e dalla prognosi della 33enne ferita (la prima è stata di 15 giorni, ndr), destinata probabilmente a crescere dopo le consulenze degli specialisti.