di
Laura Cuppini
Uno studio americano su 5mila bambini mostra che è possibile raggruppare i pazienti in gruppi con specifici comportamenti e tratti genetici
In Italia un bambino su 70 circa soffre di un disturbo dello spettro autistico, una condizione caratterizzata da difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale. I primi segnali possono manifestarsi intorno ai 2 anni di vita, ma ci sono casi in cui il problema emerge più tardi, persino da adulti. Quello che un tempo era chiamato «autismo» rimane in parte misterioso: la sua origine è multifattoriale (ossia dovuta a una combinazione di fattori genetici e ambientali) e non esiste una cura risolutiva. È possibile però ricorrere a interventi comportamentali e strategie efficaci per migliorare la condizione dei pazienti. In quest’ottica è molto importante uno studio della Princeton University e del Flatiron Institute (Usa), pubblicato a luglio su Nature Genetics, che mostra l’esistenza di quattro fenotipi distinti di autismo, ciascuno definito da una propria costellazione di comportamenti e tratti genetici.
Cinquemila bambini
Gli autori hanno analizzato il database della Simons Foundation, che contiene dati su oltre 5mila bambini con disturbi dello spettro autistico, descrivendo così le quattro categorie:
1) forma grave: il gruppo più piccolo (circa 10%) ha ritardi nello sviluppo, difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale e comportamenti ripetitivi che influenzano praticamente ogni aspetto della vita;
2) forma mista con ritardo dello sviluppo: circa il 19% ha ritardo precoce nello sviluppo, ma pochi segni di ansia, depressione o comportamenti distruttivi. I ricercatori definiscono questo gruppo «misto» perché varia notevolmente l’intensità con cui i pazienti manifestano comportamenti sociali o ripetitivi;
3) forma con difficoltà moderate: circa un terzo dei partecipanti rientra in questo gruppo, mostrando i tratti distintivi dell’autismo – difficoltà sociali e comunicative e abitudini ripetitive – ma senza ritardi nello sviluppo;
4) forma con difficoltà sociali e/o comportamentali: il gruppo più numeroso, circa il 37%, raggiunge le tappe fondamentali dello sviluppo nei tempi standard, ma spesso deve affrontare altre condizioni in seguito, tra cui Adhd (disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività), ansia, depressione o disturbo ossessivo-compulsivo.
Diagnosi tardive
Olga Troyanskaya, direttrice della Princeton Precision Health e tra gli autori dello studio, sottolinea che nel gruppo con difficoltà sociali e/o comportamentali i pazienti tendono a ricevere la diagnosi più tardi, tra i 6 e gli 8 anni, mentre la maggior parte dei bambini manifesta sintomi evidenti entro i 3 anni. Il «ritardo» potrebbe derivare, secondo gli autori, da mutazioni genetiche presenti alla nascita del bambino, ma che si attivano solo in anni successivi. «Abbiamo sempre considerato l’autismo come un disturbo dello sviluppo fetale, ma questo potrebbe essere vero solo per alcuni bambini» dice Troyanskaya. A ottobre un secondo studio, pubblicato su Nature da un altro team, è giunto essenzialmente alla stessa conclusione: forme geneticamente distinte di autismo possono manifestarsi in momenti diversi della vita. La nuova analisi, basata su dati provenienti da Stati Uniti, Europa e Australia, suggerisce che i bambini diagnosticati dopo i 6 anni presentano profili genetici distinti e che la loro forma di autismo appare notevolmente diversa da quella della prima infanzia, meno simile a un ritardo dello sviluppo e più affine a condizioni come la depressione, l’Adhd o il disturbo da stress post-traumatico.
Mutazioni genetiche
Ma cosa determina queste differenze a livello biologico? Ad oggi sono state identificate centinaia di mutazioni genetiche collegate all’autismo. Circa la metà sembra essere ereditaria, ma il resto insorge spontaneamente. Queste mutazioni derivano da errori casuali di copia nel Dna o da influenze esterne. L’elenco dei fattori sospettati di influire sull’autismo è lungo: inquinamento atmosferico, età paterna, diabete materno, infezioni prenatali. Il lavoro di Sauerwald e Troyanskaya fa luce sul modello genetico dell’autismo. Ma i geni non agiscono in modo isolato e gli scienziati stanno studiando i fattori esterni, in particolare l’ambiente prenatale, per scoprire cosa potrebbe spingere quei geni ad attivarsi o disattivarsi.
Epidemia di autismo?
I disturbi dello spettro autistico si manifestano in una grande varietà di modi, sfuggendo a una definizione univoca. I maschi ricevono molte più diagnosi rispetto alle femmine, ma alcuni esperti ritengono che questo avviene perché nelle ragazze i sintomi possono apparire meno gravi o più facilmente mascherabili. Negli ultimi decenni, il numero di persone diagnosticate è aumentato notevolmente, soprattutto per il riconoscimento di casi con sintomatologia lieve. Nel 2000, negli Stati Uniti la diagnosi riguardava circa un bambino su 150; nel 2022, la cifra è salita a 1 su 31. Secondo molti esperti non è in atto un’«epidemia di autismo», ma c’è una maggiore comprensione delle sue molteplici forme e una società sempre più attenta a riconoscerle.
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26 dicembre 2025 ( modifica il 26 dicembre 2025 | 19:49)
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