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Redazione Economia
Basta un piccolo incasso imprevisto o un premio riconosciuto può saltare il banco. Facendo scivolare il contribuente nel regime ordinario dal 1° gennaio dove il prelievo Irpef è più alto. Lo stratagemma del rinviare le fatture
Partiamo dall’asticella: quegli 85mila euro che diventano una tagliola. Se si supera quella soglia cambia tutto. Perché non si rientra più nel regime agevolato forfettario destinato alle partite Iva. Quella tassa piatta al 15% che consente di evitarsi un pesante conto da riversare allo Stato. Sembra una cifra alta per i volumi annuali di un libero professionista che presta il suo servizio per grandi studi. Ma non lo è. Nemmeno per consulenti, titolari di piccole attività commerciali. Bisogna stare attenti, le partite Iva lo sanno. Basta un piccolo incasso imprevisto o un premio riconosciuto può saltare il banco. Facendo scivolare il contribuente nel regime ordinario dal 1° gennaio dove il prelievo Irpef è più alto e anche l’Iva va riversata per intero al netto delle detrazioni fiscali legate alla propria attività.
La soglia ferma a 85mila euro
Chiaro che si tratti di una piccola parte degli oltre 2 milioni di aderenti al forfait, se consideriamo che il livello medio dei ricavi è di 32mila euro, ricorda un’analisi del Sole 24 Ore, dunque sicuramente la fascia mediana non ha di questi problemi. Ma più di qualcuno sperava che in queste settimane arrivasse una novità piacevole. Cioè che gli 85mila euro potessero innalzarsi a 100mila. Era un’ipotesi circolata diverse volte, che riemerge carsica in tutte le manovre di Bilancio. Un anno fa il governo aveva accolto un ordine del giorno favorevole all’innalzamento. Ma poi sarebbe servito intervenire modificando la direttiva Ue (la 2006/112/Ce) e dunque l’interlocuzione con Bruxelles diventa necessaria e complicata.
Il tetto dei 35mila per i dipendenti
La legge di Bilancio invece conferma per altri 12 mesi il tetto di 35mila euro (anziché 30mila) al reddito di lavoro dipendente o assimilato che non dev’essere superato per rimanere nel regime agevolato. L’aumento sarà votato nei prossimi giorni. Secondo la relazione tecnica i 5mila euro in più di reddito annuo per dipendenti, pensionati e collaboratori coordinati “valgono” 12mila contribuenti in più, spiega il quotidiano di Confindustria.
La proporzionalità nel corso dell’anno
Il limite di 85mila euro va ad ogni modo proporzionato per chi ha aperto la partita Iva in corso dell’anno: chi ha avviato l’attività il 1° settembre scorso, dovrà considerare la soglia di 28.411 euro. A poco serve lo stratagemma di rinviare l’emissione della fattura all’anno successivo o “dimenticarsi” di sollecitarne il pagamento. Rimedio che non funziona in presenza di incassi non rinviabili o di introiti che il contribuente inizialmente non pensava di dover considerare, come ad esempio i contributi in conto esercizio erogati da enti pubblici (quali regioni o casse previdenziali).
Affitti brevi per almeno tre case
Le maglie dell’attività d’impresa si stringono anche sugli affitti brevi.
Dall’anno prossimo la presunzione dell’attività in «forma imprenditoriale» scatterà per chi destina alla locazione breve almeno tre case (anziché cinque, come avviene oggi), ricorda il Sole 24 Ore. Si tratta dell’accordo definitivo raggiunto in seno al governo per correggere la versione iniziale del disegno di legge di Bilancio. La norma viene riscritta e lascia intatti gli attuali parametri della cedolare secca: tassa piatta al 21% sui canoni del primo alloggio affittato, e del 26% sugli altri.
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27 dicembre 2025 ( modifica il 27 dicembre 2025 | 07:23)
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