Nove persone sono state arrestate con l’accusa di aver finanziato Hamas per 7 milioni di euro attraverso associazioni. Tra questi c’è anche il presidente dell’associazione dei palestinesi in Italia Mohammad Hannoun, definito dagli investigatori un “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas” e “vertice della cellula italiana dell’organizzazione Hamas”. I provvedimenti cautelari, eseguiti da polizia e guardia di finanza, sono stati emessi nell’ambito un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova. Oltre all’esecuzione delle misure cautelari nei confronti di nove indagati, destinatari tutti della custodia in carcere, e di tre associazioni, sono stati anche sequestrati beni per 8 milioni di euro.
Le indagini
Nata dall’analisi di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette e sviluppata grazie a scambi informativi con altri uffici inquirenti italiani, l’indagine ha portato a contestare agli indagati di fare parte e di avere finanziato Hamas. Il finanziamento delle sue attività terroristiche risulta avvenuto per mezzo di varie associazioni, tra cui: l’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese, A.B.S.P.P. O.D.V. (Associazione benefica di solidarieà con il popolo palestinese – organizzazione di volontariato) e l’Associazione benefica la cupola d’oro.
I pm: “Le indagini non cancellano i crimini di Israele a Gaza”
Il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Mlillo e il procuratore di Genova Nicola Piacente hanno precisato che “le indagini e i fatti attraverso esse emersi non possono in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal Governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Corte Penale Internazionale”. In una nota, sottolineano che “allo stesso tempo tali crimini non possono giustificare gli atti di terrorismo (compresi quelli del 7 ottobre 2023) compiuti da Hamas e dalle organizzazioni terroristiche a questa collegate ai danni della popolazione civile, né costituirne una circostanza attenuante”.
Piantedosi: “Squarciato il velo sulle attività”
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato la vicenda, definendo l’operazione “molto importante e significativa”. “Pur con la doverosa presunzione di innocenza che va sempre riconosciuta in questa fase, è stato squarciato il velo su comportamenti e attività che, dietro il paravento di iniziative a favore delle popolazioni palestinesi, celavano il sostegno e la partecipazione a organizzazioni con vere e proprie finalità terroristiche di matrice islamista. Un pericolo rispetto al quale c’è la massima attenzione da parte del nostro governo”, ha aggiunto Piantedosi. Ringraziando “la professionalità dei poliziotti della Direzione centrale della polizia di prevenzione, la nostra ‘antiterrorismo’, e dei nuclei specialistici della Guardia di Finanza”, il ministro ha ribadito che “si sono potuti ricostruire contatti e flussi finanziari su scala internazionale: l’ennesima dimostrazione delle competenze e capacità investigative delle nostre forze di polizia che si confermano tra le migliori al mondo”. Secondo Piantedosi, “questo risultato ci incoraggia nell’opera di ulteriore rafforzamento delle nostre forze dell’ordine che stiamo portando avanti da tre anni e che continueremo finché ci verrà affidata la responsabilità di governo”.
Presunte operazioni di finanziamento di Hamas
Agli indagati sono contestate operazioni di finanziamento, che secondo gli inquirenti avrebbero contribuito alle attività delittuose del gruppo palestinese islamista. Le operazioni sarebbero state effettuate mediante triangolazione di bonifici bancari o altre modalità tramite associazioni con sede all’estero, in favore di associazioni con sede a Gaza, nei territori palestinesi o in Israele, dichiarate illegali dallo Stato di Israele. Per gli inquirenti, i finanziamenti sarebbero stati anche direttamente versati a favore di esponenti di Hamas, in particolare a Osama Alisawi, già ministro del governo di fatto di Hamas a Gaza, che in varie circostanze ha sollecitato supporto finanziario. Aiuti economici sarebbero arrivati anche dalle associazioni monitorate dagli inquirenti a familiari di persone coinvolte in attentati terroristici ai danni di civili o a parenti di detenuti per reati con finalità di terrorismo.
Tra gli arrestati anche Mohammad Hannoun
Secondo gli inquirenti, Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun avrebbe destinato una “parte rilevante, più del 71%” della raccolta di fondi, annunciata per “fini umanitari per la popolazione palestinese”, al “finanziamento diretto di Hamas o di associazioni ad essa collegate o da essa controllate e di altre articolazioni dell’organizzazione terroristica”. Secondo gli investigatori, avrebbe quindi “concorso a versare direttamente o indirettamente” al gruppo islamico, dall’ottobre 2001 ad oggi, oltre 7 milioni di euro. Hannoun ha ricoperto il ruolo di legale rappresentante dell’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese dal 2001 fino al marzo 2018, per poi diventarne di fatto amministratore. Ma è anche rappresentante legale dell’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese – Organizzazione di Volontariato, fin dalla sua costituzione nel 2003, oltre che amministratore dell’Associazione Benefica La Cupola d’Oro e dell’Associazione Benefica La Palma.
Le indagini su Hannoun
Hannoun ha partecipato alle numerose manifestazioni che si sono svolte negli scorsi mesi a Genova a sostegno della popolazione di Gaza. Già indagato dalla Procura di Genova negli anni Duemila con la successiva archiviazione dell’inchiesta, Hannoun era finito era finito nella black list del dipartimento del Tesoro americano lo scorso anno, perché accusato di essere tra i finanziatori di Hamas. Nell’inchiesta che ha portato alle misure cautelari di oggi, si legge nel comunicato della Polizia di Stato, “numerose e significative appaiono le conversazioni telefoniche e i contatti tra Hannoun e quanti rivestono analoghi ruoli in Olanda, Austria, Francia e Inghilterra”. Tali comunicazioni dimostrano “l’esistenza di una estesa rete organizzata a livello internazionale di soggetti/istituzioni impegnati nella raccolta fondi, apparentemente da destinare a scopi benefici e a sostegno della popolazione e della causa palestinesi”. Documentati sarebbero, secondo gli investigatori, anche i rapporti di Mohamed Hannoun con alti esponenti di Hamas. Infatti è emerso che, nel mese di dicembre del 2025, il presidente dell’associazione dei Palestinesi in Italia fosse presente ad una riunione in Turchia alla quale ha preso parte, tra l’altro, Ali Baraka, esponente di spicco del comparto estero dell’organizzazione terroristica. Nel corso delle intercettazioni, scrivono gli investigatori, “sono emerse espressioni di apprezzamento su attentati terroristici da parte di Mohamed Hannoun”.
Gli altri indagati
Tra gli altri indagati figurano Ed Hussny Mousa Dawdud Ra’, definito dagli inquirenti “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas e referente con Hannoun della cellula italiana”. Poi Raed Al Salahat, “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica e dal 2023 componente del board of directors della European Palestinians Conference”. Seguono Yaser Elasaly, “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas” e “responsabile con Dawoud Ra’ della filiale milanese dell’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese”, e Jaber Albustanji Riyad Abdelrahim, “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica Hamas, componente della cellula italiana, dipendente dell’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese – organizzazione di volontariato, con cui collabora attivamente promuovendo la raccolta di denaro durante incontri propagandistici”.

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