La storia di Jonas Vingegaard è legata a doppio filo con quella della squadra che oggi si chiama Visma|Lease a Bike. Il danese è passato professionista nel 2019 con l’allora Jumbo-Visma e lì è sempre rimasto, conquistando 42 vittorie, fra cui due Tour de France e una Vuelta a España. A fianco di Vingegaard, diventato in poco tempo uno dei corridori più importanti dell’intero panorama mondiale, c’è sempre stato un allenatore, il neerlandese Tim Heemskerk, che in pratica lo ha visto “crescere” e che è stabilmente con lui nel percorso di preparazione alle varie sfide che il danese mette nel suo programma.
“Mi ricordo la prima volta che l’ho visto – racconta Heemskerk a RIDE Magazine – Ho notato subito che era uno introverso, uno che preferiva stare sullo sfondo che non al centro del gruppo. Io sono fatto allo stesso modo, quindi, probabilmente, ci siamo trovati subito bene per quello. All’epoca non sapevamo molto su di lui: conoscevamo le sue abilità in salita e sapevamo che aveva margini di crescita, ma non avevamo idea del tipo di corridore che sarebbe potuto diventare. Ecco, che vincesse due Tour de France, non era proprio una cosa cui si pensava in quel momento“.
L’allenatore della Visma|Lease a Bike ricorda che “fino a quell’inverno (fra 2018 e 2019 – ndr) Jonas lavorava ancora al mercato del pesce di Hanstholm ed era strano che un ciclista facesse un altro lavoro nel periodo immediatamente precedente al suo passaggio da professionista. Quindi, capimmo subito che aveva tanto da imparare, rispetto ai ragazzi che magari arrivavano dalla squadra di sviluppo e che erano già molto più preparati. La prima cosa che abbiamo fatto è stata passare, gradualmente, da un allenamento complessivo di 20 ore a settimana a uno di 30″.
Con il passare dei mesi, Vingegaard è diventato l’atleta perfetto, almeno per un allenatore: “Fa tutto quello che gli dici di fare, fino all’ultimo punto – racconta Heemskerk – Se gli dici di allenarsi per cinque ore in una certa zona, lui farà cinque ore esatte in quella zona, al contrario di tanti altri corridori che deviano, magari poco ma costantemente, dai loro programmi. Ripone grande fiducia in noi, ma non è un robot: invece, capisce che seguire il programma è meglio, soprattutto perché ti dà la possibilità di capire dove e in quali termini puoi migliorare”.
Spesso il corridore danese, uno dei più vincenti di questa epoca, sembra passare sotto traccia, rispetto agli altri “grandi” del periodo, come Tadej Pogačar, Remco Evenepoel, Wout van Aert, Mathieu van der Poel: “Di sicuro è una persona molto sobria e non cambierà mai – le parole del fidato allenatore – È fatto così. Quando vince è felice, esulta, ma quell’euforia passa in fretta. Non lo vedrete mai fare qualcosa di ‘pazzo’. Probabilmente il pubblico preferisce degli atleti più esuberanti, ma penso che ci siano anche tante persone che apprezzano un carattere più tranquillo”.
Parlando di Pogačar, le strade dei due si sono incrociate spesso, sullo scenario più importante al mondo, se si pensa che, negli ultimi cinque Tour de France, il danese e lo sloveno hanno monopolizzato, scambiandosi le posizioni, il primo e il secondo posto: “Noi però non parliamo mai del duello con Pogačar – racconta Heemskerk – Così come parliamo raramente delle vittorie. Siamo sempre molto concentrati sulla preparazione. Poi, vediamo come vanno le gare”.
Heemskerk sottilinea: “Di sicuro, dal punto di vista mentale, Jonas è uscito più forte dall’incidente che ha avuto al Giro dei Paesi Baschi 2024. Vedere cosa è stato capace di fare per prepararsi poi al Tour di quell’anno è stato eccezionale. Ha una forza di volontà enorme. In generale, quando sta preparando il Tour de France diventa una persona diversa: ha una missione e sai che farà tutto al massimo per avere successo“.
