di
Alessandro Martini e Maurizio Francesconi
Nel ‘59 Bassi e Boschetti realizzano un unicum tra i grandi musei del 900, che oggi lo studio MVRDV di Rotterdam tornerà a far rivivere
La Gam, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, tornerà a essere un museo «moderno», esattamente com’era stata concepita quasi 75 anni fa. Dopo molte attese e speranze, è finalmente partito l’iter che, dopo un concorso internazionale, porterà alla riqualificazione dell’edificio e, parallelamente, a un più complessivo ripensamento delle sue funzioni e delle sue attività. Con gran gioia dei torinesi: la Gam è pur sempre un museo «civico», quindi della città e di tutti i suoi cittadini.
Lo studio di Rotterdam
A vincere il bando (è notizia di pochi giorni fa) è un grande studio internazionale, MVRDV di Rotterdam, attivo in mezzo mondo. Accanto, un folto gruppo anche di professionisti torinesi, tra cui Balance Architettura, Stratosferica e un’intima conoscitrice della Gam e della sua storia come Giorgina Bertolino. «Abbiamo pensato a una nuova Gam che possa rispondere alle diverse esigenze del futuro», ha dichiarato Bertrand Schippan di MVRDV. Sarà il suo studio a rinnovare, con tecnologie sostenibili e puntando su rigenerazione, messa in sicurezza e valorizzazione (e un budget di 27,5 milioni di euro) lo storico edificio inaugurato nel 1959 su progetto di Carlo Bassi e Goffredo Boschetti. L’edificio degli anni 50 dovrà essere non soltanto rispettato, ma valorizzato e portato a nuova vita. Esaltando addirittura il grado di innovazione insito nel progetto originario. Perché la Gam di Bassi e Boschetti è stato in effetti uno dei grandi musei del 900, italiani e non solo. Un unicum, e un modello.
Un museo rivoluzionario
Nel secondo dopoguerra è ormai chiaro che il museo cosiddetto «moderno», destinato a un pubblico di fruitori via via crescente, ha necessità del tutto nuove e, finalmente, riconosciute da direttori di museo, architetti, museologi, funzionari pubblici. Sono richiesti spazi destinati a funzioni considerate ormai indispensabili: sale studio o di approfondimento, depositi attrezzati e praticabili, sale per mostre temporanee, laboratori di restauro, servizi agli studiosi (biblioteca e archivio fotografico) e al pubblico (vendita di libri, locali di sosta e di ristoro). Per sostituire la precedente sede bombardata nel 1942 (un edificio realizzato da Guglielmo Calderini nel 1880 per la IV Esposizione nazionale di Belle Arti), nel 1951 l’Amministrazione torinese bandisce un grande concorso. A promuoverlo è soprattutto Vittorio Viale, direttore dei Musei Civici fin dal 1930 e figura chiave della museologia italiana del 900. Partecipano grandi, da Carlo Mollino a Carlo Aymonino, a Mario Federico Roggero con Roberto Gabetti e Aimaro Isola. A vincere nel 1952 sono due giovani, anzi giovanissimi, con studio a Milano: Carlo Bassi e Goffredo Boschetti. Sono fortemente sostenuti dal direttore, che intuisce la carica rivoluzionaria dell’edificio. Non un semplice museo, ma uno strumento nuovo volto alla promozione della cultura.
Viale aveva occhio: non è un caso che l’amico Giulio Carlo Argan lo definisse un «magnifico costruttore di attrezzature culturali», forte della convinzione che un museo altro non è che «un centro di cultura viva, una scuola». La nuova Gam occupa i 7.500 metri quadri del lotto tra corso Galileo Ferraris e vie Vela, Fanti e Magenta. Un complesso di 3 volumi su un impianto radiocentrico, posti diagonalmente nel lotto secondo l’asse eliotermico, per intercettare i raggi del sole. Ogni attività ha i suoi spazi, chiaramente riconoscibili: comprese la biblioteca e la sala delle conferenze, capace di 350 posti, oltre ai depositi praticabili, i laboratori di restauro, gli uffici, gli impianti tecnologici nei seminterrati e il giardino circostante. E ovviamente le sale espositive a pianta libera, dove l’illuminazione è per lo più naturale e filtrata, e arriva nelle sale attraverso lucernari (originariamente in plexiglas) e tagli nelle pareti, in alcuni casi appositamente inclinate proprio per captare la luce esterna. Soluzioni di «bio architettura» ante litteram ma ormai invisibili, dopo i lavori realizzati tra il 1989 e il 1993 senza il coinvolgimento dei progettisti originari.
Con la realizzazione della nuova Galleria civica torinese nel 1959, la museologia italiana si avvicinava per la prima volta all’idea di museo inteso come emergenza culturale, non soltanto contenitore di opere ma per capacità innovativa e propulsiva aperto a tutti i campi del sapere e della vita comunitaria. E sempre più innovativa e propulsiva dovrà essere «nuova Gam», la cui apertura è prevista nel 2028.
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27 dicembre 2025
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