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Redazione Politica
Coinvolto e poi scagionato in più vicende giudiziarie, dice: «Al referendum sulla giustizia voterò sì»
«L’elettore, tra la copia e l’originale, sceglie sempre l’originale». Luca Lotti, voterà ancora Pd, voterà Elly Schlein, non Giuseppe Conte. «Ma l’elettore che va alle primarie per mandare a casa il governo Meloni, quello che non è iscritto e decide all’ultimo», dice, «ecco perché tra la copia e l’originale sceglie sempre l’originale. E questo dovrebbe far riflettere. Perché, sul serio, secondo me vincerebbe Giuseppe Conte». Luca Lotti, 42 anni, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei governi Renzi e Gentiloni, ministro dello Sport, leader con Lorenzo Guerini dei riformisti del Pd, ha detto al Foglio: «Io sono sempre rimasto nel partito perché ho sempre pensato che la forza delle idee venga prima degli interessi personali… Vorrei ricordare che anche la Schlein era uscita dal partito. Anche Bersani aveva lasciato il Pd».
Lotti alle spalle ha una stagione di inchieste durata circa sette anni, che ha occupato le prime pagine dei giornali: Consip, lo scandalo Palamara. Tutto si è risolto con archiviazioni, proscioglimenti, assoluzioni piene. Oggi è advisor per la squadra di calcio dell’Empoli. «Al referendum sulla giustizia io voterò sì». Ma questo, ha spiegato: «Non perché sia la riforma perfetta: è una montagna che partorisce un topolino e avrà effetti veri tra quindici anni. Ma alcune cose mi convincono». Quanto al Pd, l’ex ministro «nutre dei dubbi» sul fatto che abbia imparato qualcosa dalla sua vicenda personale. «La speranza che il Pd non si rinchiuda in un giustizialismo di comodo», è la sua considerazione», «in un formalismo morale che serve solo a lavarsi la coscienza. Il Pd è nato come un partito garantista, democratico, riformista. Se smette di esserlo, non è più il Pd».
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27 dicembre 2025
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