di
Alessandra Muglia

L’azione Usa in una regione musulmana. Non esiste alcun report congiunto Washington-Abuja

«Perché proprio qui?». La domanda rimbalza dalle strade di Sokoto, lo Stato desolato del Nordovest della Nigeria dove la sera di Natale gli americani hanno sganciato oltre 16 missili Tomahawk in difesa «dei cristiani perseguitati», ha sostenuto Donald Trump. Peccato che la regione sia popolata quasi esclusivamente da musulmani. «Qui siamo una minoranza ma non abbiamo problemi di persecuzione», ha assicurato il vescovo Matthew Hassan Kukah, da Sokoto. 

La scelta di questa regione come obiettivo del raid ha sorpreso molti, anche perché l’area è storicamente più vittima di banditi e predoni che di terroristi. Sono altre le zone — nel Nordovest e soprattutto nel Nordest — più colpite dai jihadisti, anche di recente: a novembre il rapimento di 200 bambini da una scuola cattolica nello Stato nigeriano del Niger, l’ultimo attentato la vigilia di Natale in una moschea a Maiduguri, nel Borno. 



















































Sokoto come target ha anche sollevato dubbi sull’effettivo apporto delle forze armate nigeriane nella pianificazione della missione, condizione necessaria per non farla apparire un’invasione. Pur negando che nel Paese africano sia in atto un «genocidio» di cristiani, come invece sostiene Trump, le autorità nigeriane hanno scelto di collaborare per una missione anti terrorismo con Washington, che peraltro aveva minacciato un’azione unilaterale. 

Ad Abuja circola scetticismo: «L’attacco a Sokoto, dove non c’è una precedente presenza consolidata dell’Isis, solleva interrogativi: le autorità militari nigeriane hanno esercitato effettivamente un controllo sull’operazione o sono stati semplici spettatori?» insinua un politico dell’opposizione, Umar Ardo. 

Che Abuja e Washington abbiano fornito ricostruzioni diverse della missione fa crescere le perplessità: il governo nigeriano ha parlato di 16 ordigni guidati da GPS sparati da droni MQ-9 Reaper lanciati da una nave da guerra della Marina nel Golfo di Guinea. Dinamica diversa nella versione Usa secondo cui sono stati lanciati missili Tomahawk. 

A due giorni dall’operazione, i suoi risultati sembrano ancora vaghi: Washington e Abuja non hanno fatto un resoconto congiunto e i loro bilanci divergono. Trump ha affermato di aver ucciso la «feccia terrorista dell’Isis» e ha assicurato, in un’intervista a Politico, che i campi dei jihadisti sono stati «decimati», ma senza fornire dettagli o prove che gli attacchi siano stati efficaci. Dall’altro lato le autorità nigeriane hanno fatto sapere che le informazioni in loro possesso sul blitz sono «lacunose»

Intanto il presidente nigeriano Bola Tinubu resta dietro le quinte (molti suoi connazionali gli rimproverano di aver lasciato annunciare a Trump il blitz). Va avanti il suo consigliere Daniel Bwala: il governo ha designato come entità terroristiche l’Isis, Boko Haram e un gruppo più recente noto come Lakurawa, attivo nel Sokoto, consentendo così di attaccare chiunque di loro, ma «non è chiaro chi sia stato colpito», ha dichiarato venerdì. Ieri ha aggiustato il tiro: «I raid hanno preso di mira i militanti dell’Isis giunti dal Sahel per collaborare con i jihadisti locali Lakurawa e con gruppi di “banditi”». Good job, perché non chiarirlo subito?

27 dicembre 2025