Una controversia condominiale finita in tribunale coinvolge un residente milanese e un vicino decisamente noto. Paolo Rossi, 59 anni, revisore dei conti originario di Genova e residente a Milano nel quartiere CityLife, ha avviato un’azione legale dopo il crollo di parte del soffitto del suo appartamento. Al centro della vicenda c’è l’abitazione sovrastante, acquistata dal cantante Eros Ramazzotti.
Secondo quanto riferito dai legali di Rossi, gli avvocati Fabio Lepri e Salvatore Pino, per anni i lavori eseguiti negli appartamenti superiori non avevano mai causato criticità. La situazione sarebbe cambiata nell’ottobre 2024, quando Ramazzotti ha trasferito la propria residenza nello stabile e ha dato il via a una ristrutturazione definita “radicale”. Il management del cantante però non ci sta e replica, sostenendo che da parte sua c’è sempre stata la massima disponibilità anche senza che avesse responsabilità dirette.
Lavori invasivi e demolizioni interne
Come riportato dal quotidiano La Verità, gli interventi avrebbero incluso l’abbattimento di numerosi muri interni, la rimozione di porte e impianti e lo smantellamento completo di pavimenti e massetti. Le operazioni sarebbero state eseguite con un uso intensivo di martelli pneumatici, protrattosi per diverse settimane.
Dopo circa due settimane dall’inizio dei lavori, il 4 dicembre 2024, si è verificato l’episodio più grave: il soffitto della zona palestra e sauna dell’appartamento di Rossi si è improvvisamente staccato, crollando al suolo e causando ingenti danni. Al momento dell’incidente l’abitazione era fortunatamente vuota.
Casa danneggiata e vita in condizioni precarie
Al rientro, Rossi e la moglie si sono trovati di fronte a un appartamento fortemente compromesso. Da allora, riferiscono, sono costretti a vivere in condizioni difficili, con alcune stanze rese accessibili solo grazie a strutture di sicurezza e impalcature.
Già prima del crollo, secondo quanto dichiarato dalla difesa, il direttore dei lavori e l’amministratrice del condominio avevano effettuato un sopralluogo nell’appartamento sottostante, constatandone il buono stato di conservazione e affermando che eventuali danni sarebbero stati riconducibili ai lavori in corso al piano superiore.
La richiesta di risarcimento supera i 200 mila euro
Dopo l’incidente sono intervenuti i vigili del fuoco e la polizia municipale, che avrebbero riscontrato demolizioni estese e un dissesto statico attribuito alle opere di ristrutturazione. Una perizia tecnica successiva avrebbe collegato il distacco dell’intonaco e il crollo del soffitto alla mancanza di adeguate cautele durante i lavori.
Sulla base di questi elementi, i coniugi Rossi hanno avviato una causa civile chiedendo un risarcimento danni superiore ai 200 mila euro. La controparte respinge le accuse, sostenendo che i problemi sarebbero dovuti a criticità strutturali preesistenti dell’immobile.
La vicenda resta aperta: un nuovo tentativo di conciliazione tra le parti è stato fissato per gennaio 2026.
La replica del manager di Ramazzotti
«Quanto stiamo apprendendo, in data odierna, dagli organi di stampa è una versione incompleta e fuorviante che non rappresenta la situazione in cui si trovano gli immobili del dottor Rossi e di Ramazzotti che, ad oggi, è proprietario dell’unico appartamento non utilizzabile dello stabile – è la ricostruzione di Gaetano Puglisi, amministratore unico di Radiorama –. Il procedimento avanti il Tribunale è in corso e in questo giudizio sono coinvolti, oltre al dottor Rossi e a Ramazzotti, molti altri soggetti, proprio per verificare quali siano e di chi siano le eventuali responsabilità rispetto a quanto accaduto».
Puglisi pala di cifre inesatte: «Secondo i nostri tecnici, il pregiudizio che il dottor Rossi può aver patito si assesta in un importo di gran lunga e sostanzialmente inferiore a quanto riportato dai titoli di stampa. Sarà naturalmente il consulente tecnico nominato dal Tribunale a verificarne l’oggettivo ammontare, con un giudizio tecnico ed equilibrato nel quale si confida».
Infine: «Spiace che si provi a trarre conclusioni, che solo il giudizio in corso potrà dare, sfruttando l’eco mediatico della vicenda e continuando così a rendere più difficoltoso un dialogo al quale Ramazzotti è sempre stato disponibile nonostante la totale assenza di sue dirette responsabilità».