Sempre facendo due conti in tasca al re del cinema nostrano, basti pensare che ha trainato il botteghino riportandolo a livelli di 14 anni fa e ci si chiede se riuscirà a bissare il successo assoluto di Quo Vado che nel 2016 con oltre 65 milioni e 365 mila euro aveva segnato l’incasso maggiore al botteghino per un film prodotto in Italia.
Il caro, «vecchio» Zalone, in coppia ancora una volta con il regista Gennaro Nunziante, è una certezza, una puntata sicura in un mare di scommesse come ormai si ritrova ad essere il grande schermo. Gli italiani hanno voglia di ridere, ma senza dimenticare i problemi, scherzandoci su.
E cosa c’è di più tranquillizzante del vedere al cinema un padre che perde la testa dietro alla giovane figlia e la segue fino al cammino di Santiago pur di riallacciare un rapporto con lei?
In un certo senso verrebbe da pensare che Zalone sia uno di noi, uno del popolo, anche se non è proprio così: stavolta incarna l’1% di super ricchi totalmente scollati dalla realtà, in pellegrinaggio con il macchinone, con i capelli finti e tinti e uno stile pacchiano. La sua fortuna non se l’è guadagnata né fa qualcosa per mantenerla: l’ha ereditata da un gran lavoratore, il padre, da cui sembra non aver preso altro.
Da Gaza a Schinder’s List all’Undici Settembre il comico sulla carta sembra non risparmiarsi battute sull’attualità ma cosa sembra avere un richiamo irresistibile verso il pubblico? In parte la familiarità di ritrovare in sala un racconto dissacrante ma mai crudele, quel rassicurante senso di appartenenza che non giudica insieme a quel conciliante momento in cui ci si sente quasi assolti, persino migliori di quanto proiettato sullo schermo.