di
Agostino Gramigna

«Buen Camino», appena uscito, potrebbe invogliare migliaia di italiani ai pellegrinaggi. Paolo Piacentini, presidente onorario di Fedetrek: «L’importante è che tutto ciò non sia solo un moltiplicatore di turismo»

Ha esordito con il botto il nuovo film di Checco Zalone, «Buen Cammino». Nel primo giorno è stato visto da 680 mila persone e ha incassato quasi sei milioni. Incentrato su una sorte di introspezione on the road dei protagonisti, un padre e una figlia, il film porta alla ribalta un tema: il cosiddetto turismo sostenibile, dei cammini. La storia infatti si sviluppa in un lungo viaggio che dalla strade della Sardegna, passando per quelle storiche di Roma, arriva ai sentieri e ai borghi del celebre Cammino di Santiago de Compostela, in Spagna. Numeri del botteghino alla mano, è lecito domandarsi:  il film spingerà molti italiani lungo un percorso (Santiago) che, a detta di chi lo ha fatto, ti cambia la vita?  Il tema del resto è stato rilanciato pure dal quotidiano Avvenire. Che ha scritto: «A volte basta un film o un libro a fare scattare la molla». Quale? Quella che pare suggerire proprio Checco Zalone: camminare.

Il Cammino di Santiago è un fenomeno ormai globale: dai 1.245 pellegrini del 1985 si è arrivati a sfiorare il mezzo milione di arrivi annui (il 54% donne e il 46% uomini). La previsione per il 2025 è che si superino le 500 mila presenze. Oltre 120 mila gli italiani negli ultimi cinque anni, terza nazionalità in cammino, dopo spagnoli e statunitensi. Secondo Paolo Piacentini, uno dei massimi esperti di cammini in Italia, «il film di Zalone invoglierà, non c’è dubbio. Ed è molto probabile che farà crescere il numero di viandanti. Soprattutto qui da noi». Oltre ad aver scritto diversi libri sul tema, Piacentini è ideatore della Giornata Nazionale del Camminare, presidente onorario di Federtrek, e in passato ha collaborato con l’ex ministro Dario Franceschini, proprio come «Esperto di Cammini» del MiBACT. Tuttavia mette un punto. «Quel che mi preoccupa, dopo aver visto il film, è che il cammino vada di pari passi al rispetto del territorio e delle comunità che ci abitano. Che non si traduca semplicemente in un moltiplicatore di turismo. Mi è capitato spesso di vedere gente che procede velocemente, senza attenzione, solo per dire, “ho le credenziali, ho fatto dieci cammini, ho dieci timbri”».



















































Non si contano i libri e le guide, i documentari e i diari che hanno raccontato il cammino di Santiago. A Compostela si va dall’anno 813, quando si scoprì la tomba dell’apostolo Giovanni. Generazioni di pellegrini sono partite da ogni angolo d’Europa. Un percorso che ancora oggi è per  molti di fede ma che via via si è aperto ad esigenze diverse. Sul senso anche laico del mettersi in marcia. E il discorso vale per l’Italia (forse soprattutto per l’Italia) che dal punto di vista paesaggistico non ha nulla da invidiare ai Cammini del versante francese e spagnolo che conducono a Santiago

I dati ci dicono infatti che da noi in un solo decennio si sono moltiplicati tanto i cammini che i camminatori. Secondo Terre di Mezzo,  dal 2019  i neo-viandanti  hanno superato quelli di Santiago. Questo significa che prima dell’epoca Covid molti italiani andavano a Santiago e solo in un secondo momento (forse) scoprivano i cammini nazionali. Il trend è mutato. Tanto per avere un’idea: sono in media più di 40 mila l’anno le persone che prendono parte ai cammini Guida alla via degli dei (tra Bologna e Firenze) e Via  di San Benedetto (tra Norcia e Montecassino). 

In estate c’è stato un lieve calo di partecipazione in alcuni cammini (come quello di San Benedetto e sulla Via Francigena, probabilmente dovuto alla variabilità meteorologica: troppo caldo o piogge). A maggior ragione il film di Zalone potrebbe ridare fiato ed entusiasmo. Per Piacentini è fondamentale il messaggio. «Nella pellicola è interessante la dimensione umana del rapporto padre-figlia. Se riuscisse a stimolare questa dimensione avrebbe di sicuro un effetto anche sui viaggi».

In Italia sono stati fatti passi in avanti e l’attenzione sul turismo dei cammini non è più riservata solo alla Via Francigena. Tuttavia c’è ancora molto fa fare. Soprattutto in tema di  accoglienza. Manca ad esempio una legislazione sul “basso costo”. Non perché i camminatori sono poveri. Spiega Piacentini: «I viandanti preferiscono mangiare bene la sera e per ragioni spirituali ed etiche dormire in un ostello o in case messe a disposizione per i pellegrini a donazione libera». Come dire: l’accoglienza sobria è una scelta che fa parte per molti del senso del cammino». Per andare a Santiago un giovane spagnolo può dormire spendendo pochi euro». Non è così da noi.  «Se si percorre la Francigena nel tratto toscano i costi sono molto più salati – specifica Piacentini -. Sui cammini le Regioni investono soldi ma poi che succede? Che se non li curi, se non si fa la manutenzione, l’investimento ne risente. A Santiago anche in questo c’è una maggiore attenzione».

In Italia il donativo (il viaggiatore che lascia un’offerta alla persona  che mette a disposizione una camera) funziona ancora a sprazzi. In alcune aree l’albergatore e l’agriturismo percepiscono il donativo come concorrente. Ma secondo Piacentini «c’è un lato del camminare che ha effetti anche sul turismo». Perché si va a camminare? Secondo un’indagine del Touring Club la motivazione di fondo nel 60-70 % dei casi è per ricerca spirituale. La spinta religiosa è minoritaria.  Altro aspetto individuato dallo studio è che il camminatore per scelta spirituale è un moltiplicatore di altre forme di turistico. Il motivo? Semplice: se scopre in Toscana un luogo che lo affascina ci ritorna con la famiglia o con amici. Non solo per camminare. 

27 dicembre 2025 ( modifica il 27 dicembre 2025 | 17:29)