“Il merito è di William Morgan, inventore delle regole della pallavolo che ha trovato l’intuizione geniale del passaggio obbligatorio. Ecco, la pallavolo italiana si sta passando la palla dell’eccellenza planetaria in modo meraviglioso da più di 40 anni”, racconta in un’intervista a HuffPost Mauro Berruto, ex allenatore della Nazionale italiana, protagonista e spettatore di un’epopea sportiva senza precedenti, ora parlamentare Pd.

Complessivamente, tra la Volley National League e il Mondiale, sono 66 su 79 i set vinti dalle azzurre di Velasco e 59 su 82 quelli conquistati dalla Nazionale maschile guidata da Fernando De Giorgi. Risultati che hanno portato l’Italia nel 2025, rispettivamente, al primo e al secondo posto nel ranking mondiale. Un dominio che si accompagna ai successi delle nazionali giovanili, e alle recenti vittorie della Sir Safety Perugia, campione del mondo per Club per la terza volta, e, nell’omonima competizione femminile, della Scandicci Savino Del Bene.

Il 2025 resterà negli annali come l’anno del doppio titolo mondiale maschile e femminile, un’impresa senza precedenti nello sport italiano: “Un dominio di cui non ho memoria per nessuna disciplina nella storia dello sport nel mondo”. Ma come si è costruita questa supremazia planetaria in uno sport praticato e amato in tutto il pianeta, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Cina al Brasile?

Il primo seme fu piantato nel ‘78, con l’argento mondiale della squadra di Carmelo Pittera, la “Gabbiano d’argento”. Da quel momento, andiamo incontro a una climax ascendente. Dagli anni Ottanta, la pallavolo diventa lo sport più praticato nelle scuole italiane grazie a professori di educazione fisica che Berruto definisce “in missione per conto del Dio volley”. Tra loro, una figura chiave ma poco celebrata: Aleksander Skiba – ex allenatore della Nazionale italiana maschile tra l’87 e l’88 – che preparò il terreno per la leggendaria ItalVolley di Julio Velasco.

L’epopea moderna esplode, quindi, con i “Fenomeni” e le loro vittorie all’Europeo dell’89 e al Mondiale del ‘90 in Brasile: i giocatori divennero personaggi pubblici e Velasco fu capace di trasformare il ruolo dell’allenatore da semplice tecnico, “quello che tiene le chiavi della cesta dei palloni”, a figura visionaria.

Da quel momento, la continuità diventa un fattore di importanza imprescindibile per determinare la chiave del successo: “Dal 1992 a Parigi 2024, la Nazionale maschile non è mai scesa sotto il quinto posto alle Olimpiadi”, sottolinea l’ex ct.

A seguire, una scuola tecnica unica al mondo, che ha sfornato generazioni di allenatori capaci di esaltare l’eccellenza ovunque. “Si è innescato un processo di eccellenza che poi ha alimentato se stesso”, spiega Berruto. Un terzo aspetto è avere il miglior campionato al mondo: “È benedetto il fatto che in Italia giochino i migliori stranieri. Una grande Nazionale aiuta a legittimare il campionato italiano come il più attrattivo”, afferma Berruto. Per formare una Nazionale servono una ventina di atleti di altissimo livello che si allenino nel migliore ambiente possibile, e quando quell’ambiente è il campionato italiano “abbiamo fatto bingo”. Cruciale è poi il progetto Club Italia, che raduna i migliori giovani del Paese facendoli allenare insieme quotidianamente. “Se tu hai uno forte a Bolzano, uno forte a Caltanissetta e uno forte a Barletta, il livello che hanno quando si allenano con le loro squadre non potrà mai essere vicino alla qualità che uno ha quando quei singoli si allenano tutti i giorni insieme”, chiarisce Berruto. Non da ultimo, anzi, il lavoro capillare di scouting: ogni inverno i commissari tecnici attraversano le regioni italiane per i “Regional Day”, incontrando tecnici locali e osservando giovani talenti.

Ma quanto hanno contribuito televisione e media a questo successo? “Certamente il boom mediatico è arrivato dopo i primi risultati”, chiarisce Berruto. C’è però una differenza fondamentale: “La pallavolo italiana ha un peso di attenzione che è enormemente moltiplicato quando gioca la nazionale. È difficile descrivere l’affetto che si riceve quando gioca la Nazionale”. Questo crea un circolo virtuoso opposto a quello di altri sport, dove la nazionale è vista come di minor interesse.

E il futuro? “Sono partito dagli anni ‘80 e non vedo la fine di questo”, afferma con convinzione Berruto. L’età media delle squadre che hanno dominato nel 2025 è molto bassa, le nazionali giovanili continuano a vincere tutto. “Senza toccare niente, solo d’inerzia, almeno altri due cicli olimpici sono garantiti”, prevede l’ex allenatore.

“È stato bellissimo che la chiusura del cerchio sia arrivata proprio con Julio, che aveva iniziato la rincorsa ai Giochi Olimpici nel ‘92, e ora con la femminile che alla prima medaglia è subito riuscita a centrare l’oro”, riflette Berruto. Ma questo cerchio, in realtà, non può chiudersi perché “il processo di selezione e ricerca del talento continua alla grande. Sfido chiunque negli anni ‘80 a pronosticare quello che sarebbe successo. Nel 2050 qualcuno racconterà ancora questa storia incredibile”.