di
Andrea Laffranchi

Il suo disco è in classifica da più di 60 settimane consecutive

Il 2025 di Olly, celebrato anche dal New York Times che ha inserito «Balorda nostalgia» nella playlist delle migliori canzoni europee dell’anno, è iniziato nel 2024. Le basi di questa annata speciale, il vincitore del Festival di Sanremo le aveva gettate nei mesi precedenti. «Tutta vita», secondo album della carriera del cantautore genovese, aveva scalato le classifiche in autunno, spinto dagli ascolti della Gen Z. Il palco dell’Ariston è stato il detonatore culturale, il momento che lo ha trasformato in personaggio nazionalpopolare.

Sebbene quelli di Olly, sia per quanto riguarda lo streaming che per il live, siano enormi, proviamo a uscire dalla logica dei numeri. Basterà dire che, da un lato, il suo disco è in classifica da più di 60 settimane consecutive, e che, dall’altro, per trovare i biglietti di un suo concerto c’è bisogno di una raccomandazione nel paradiso delle piattaforme di ticketing.



















































Olly, vero nome Federico Olivieri, è arrivato ad essere il personaggio musicale del 2025 smontando paradigmi. Il primo è quello del genere musicale. Non capitava dal 2019, con Ultimo, che il disco più venduto/ascoltato dell’anno fosse quello di un cantautore. Il rap continua a essere dominante nelle nostre classifiche, ma artisticamente mostra segnali di stanca. Negli Stati Uniti la cultura hip hop è in calo: a fine ottobre c’è stata una settimana senza rap nella Top 40 di Billboard. Non accadeva dal 1990. La tendenza arriverà anche in Italia? Ci vorrà del tempo, ma è probabile. Olly, che ruba a quel mondo l’autotune per svecchiare il cantautorato, è il canarino in miniera, il campanello d’allarme (o la campana della liberazione). «Anche io ho fatto rap, poi con Juli (il produttore, ndr) ho scoperto un modo di fare musica più organico. Non analizzo troppo il mercato, ma è bello che stia tornando la volontà di ascoltare canzoni autentiche», aveva detto.

Al fenomeno si può dare anche una lettura sociologica. Anni di mascolinità tossica, costruita a colpi di bitch, money ed egotrip, hanno stancato. Olly va in controtendenza rispetto all’immaginario degli artisti urban. La popolarità non è rivalsa e riscatto, la logica dell’uno contro (e meglio di) tutti non paga: Federico si mostra per quello che è. Dietro al fisico esplosivo da rugbista e alla buona famiglia (mamma magistrato, papà avvocato), ci sono mille fragilità e nessuna certezza.

Il suo linguaggio ha una sensibilità contemporanea. Invece che nascondersi dietro alla giustificazione dell’uomo che non è responsabile per quello che dice l’artista, ai tempi del femminicidio di Giulia Cecchettin aveva cambiato un passaggio controverso della sua «Mai e poi mai»: «Il giorno che la trovo o la sposo o la ucciderò». «Una frase molto infelice scritta da piccolino — aveva spiegato —. Un essere umano col cervello può crescere e capire che una frase così non deve mai più essere pronunciata». Non gioca nemmeno a fare il sex symbol, pur avendo appeal sulla Gen Z e sulle mamme della sua fan base. Si porta gli amici ovunque, pure a Sanremo aveva preso una casa per loro, e più che serate mondane nei privée lo si vede far zingarate per sentirsi «un coglione, a volte scientemente, altre no».

Olly è un’eccezione anche nell’applicazione delle regole del business. Poche apparizioni, poche parole. Il suo no all’Eurovision Song Contest ha sorpreso tutti, ma se la giostra gira bene che bisogno c’è di accelerare? «Può sembrare arroganza, ma ci sono sistemi in cui credo e altri dove non mi sento a mio agio. La tv mi spaventa. La realtà dove devo riuscire ad esistere è quella fra me e il mio pubblico». Tutto questo ruota attorno alle canzoni. Senza quelle non ci sarebbe Olly. In quelle c’è la freschezza dei suoi 24 anni e la profondità di chi ne ha qualcuno in più. «Ho una profonda sensibilità da quando sono nato — aveva sottolineato —. La mia famiglia mi ha insegnato rispetto e amore: mi faccio sempre una domanda in più, ma più vado avanti meno risposte ho».

Tre però le ha trovate: «Nella mia carriera tutto sta andando nella casella giusta grazie a tre elementi: talento, e lo alleno; voglia di fare, e se non ce l’ho io la tira fuori Juli o qualcun altro del team; fortuna, e il culo è arrivato». Nelle scorse settimane era sul lago di Como, con gli amici, l’amaro e le siga sul tavolo a buttare giù canzoni. E se il 2025 fosse solo l’anticipo del 2026?

28 dicembre 2025