Continua a pronunciare parole di pace e nonviolenza che contraddicono quelle armate dei governanti con l’elmetto papa Leone XIV.

Ieri all’Angelus da piazza San Pietro in occasione della festa di santo Stefano – che i cristiani celebrano come primo martire – il pontefice ha incoraggiato «quanti si impegnano nelle situazioni di conflitto per promuovere il dialogo, la riconciliazione e la pace». Ma soprattutto ha difeso e indicato come esempio virtuoso i pacifisti, sempre più spesso bollati come ingenue anime belle da parte di chi invece punta solo sulla capacità di dissuasione e di deterrenza delle armi, ma che finora hanno prodotto solo distruzione e morte, ovviamente in nome della costruzione della pace. «Nelle condizioni di incertezza e di sofferenza del mondo attuale sembrerebbe impossibile la gioia – ha detto Leone. Chi oggi crede alla pace e ha scelto la via disarmata di Gesù e dei martiri è spesso ridicolizzato, spinto fuori dal discorso pubblico e non di rado accusato di favorire avversari e nemici», mentre quella del dialogo è «una forza più vera di quella delle armi».

Negli ultimi giorni gli appelli per la pace e i richiami al disarmo si sono moltiplicati da parte di papa Prevost, che ha imboccato decisamente una linea bergogliana, nonostante sull’Ucraina abbia una posizione più filo-europea rispetto a quella del suo predecessore, il quale non è mai stato particolarmente popolare dalle parti di Kiev.

Il giorno di Natale, nel tradizionale messaggio Urbi et Orbi dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, papa Leone ha invitato a pregare «in modo particolare per il martoriato popolo ucraino», aggiungendo: «Si arresti il fragore delle armi e le parti coinvolte, sostenute dall’impegno della comunità internazionale, trovino il coraggio di dialogare in modo sincero, diretto e rispettoso». E poco prima nella messa in basilica, che a differenza dei suoi predecessori ha voluto presiedere direttamente lui – l’ultimo fu Giovanni Paolo II nel 1994, poi è stata sempre affidata a un cardinale di curia -, senza arrivare a esaltare la diserzione, tuttavia ha nettamente criticato l’arruolamento forzato dei soldati: «Fragili sono le menti e le vite dei giovani costretti alle armi, che proprio al fronte avvertono l’insensatezza di ciò che è loro richiesto e la menzogna di cui sono intrisi i roboanti discorsi di chi li manda a morire», ha detto durante l’omelia.

Il messaggio più ampio è stato quello preparato per la 59ma Giornata mondiale della pace, in programma per il primo gennaio. Facendo esplicito riferimento al forte incremento delle spese militari (2.718 miliardi di dollari nel 2024, il 9.4% in più dell’anno precedente), il pontefice ha scritto che è «scandaloso» che «si faccia la guerra per raggiungere la pace» e che si arrivi «a considerare una colpa il fatto che non ci si prepari abbastanza alla guerra». In una logica di contrapposizione che va «molto al di là del principio di legittima difesa», ha aggiunto, «i ripetuti appelli a incrementare le spese militari e le scelte che ne conseguono sono presentati da molti governanti con la giustificazione della pericolosità altrui. La forza dissuasiva della potenza, e, in particolare, la deterrenza nucleare, incarnano l’irrazionalità di un rapporto tra popoli basato non sul diritto, sulla giustizia e sulla fiducia, ma sulla paura e sul dominio della forza». Un appello che pare rimasto del tutto inascoltato.