Bazzano (Bologna), 28 dicembre 2025 – Sono trascorsi 365 giorni. Un anno senza il sorriso di Cesare Ragazzi, senza quell’allegria emanata dal noto imprenditore e personaggio televisivo bolognese, originario di Bazzano, diventato famoso dagli anni Settanta per l’invenzione e la promozione pubblicitaria di una protesi tricologica, ovvero un trapianto non invasivo che era applicato sul cuoio capelluto tramite un nastro, che Cesare stesso definì: “Un parrucchino di capelli naturali”. Amava ripetere: “Tutto può succedere a un calvo che si è messo in testa un’idea meravigliosa”. Cesare Ragazzi era così. “Un uomo straordinario, costantemente guidato dall’entusiasmo”, lo ricorda oggi la figlia Simona.
Approfondisci:
Cesare Ragazzi è nato (22 agosto 1941) e morto (27 dicembre 2024) a Bazzano
Qual è la qualità che pensa di avere ereditato da suo padre? “La testardaggine, ma anche la determinazione nel perseguire i propri obiettivi con tenacia, così come ha insegnato a noi figli. Papà credeva nel non arrendersi mai. Ma più di tutto, papà aveva una generosità fuori dal comune: non ha mai tenuto nulla solo per sé, gli bastava la sua libertà”.
Approfondisci:
Dagli spot al successo: così negli anni Ottanta Cesare Ragazzi rivoluzionò la pubblicità
Una libertà anche di pensare in grande, che gli ha permesso di arrivare alla sua celebre ’idea meravigliosa’.
“Sì. Un’idea in cui ha creduto profondamente e che lo portò alla notorietà, fino a costruire un piccolo impero ed entrare nelle case degli italiani attraverso le sue pubblicità. Il suo progetto imprenditoriale era una missione: amava il fatto che l’innovazione risolvesse non solo un problema estetico, ma anche profondamente personale, che spesso può fare sentire le persone a disagio. Con il suo entusiasmo e le sue idee, voleva permettere loro di camminare a testa alta, trovando una strada nuova per accettarsi e sentirsi più sicuri, per acquisire maggiore fiducia in sé stessi. Papà non ha mai smesso di ricercare e studiare, tant’è che persino dopo l’uscita dall’azienda, nel 2011, negli ultimi tempi ha comunque realizzato ben due brevetti per migliorare il suo sistema”.

Simona Ragazzi insieme al padre Cesare: al centro la statua di Lucio Dalla, realizzata da Simona con l’artista Antonello Paladino (foto di sinistra)
Cesare con le sue idee divenne un’icona. Come è stato vissuto in famiglia il successo?
“Lo abbiamo sempre vissuto con tranquillità, senza che sconvolgesse l’intimità della nostra vita quotidiana. Il suo lavoro gli permise di attraversare l’Italia in lungo e in largo. Amava incontrare i clienti di persona, esserci davvero. Era diventato quasi un navigatore umano: quando volevo visitare una città, era lui a indicarmi strade, percorsi e ristoranti da provare”.
Non solo luoghi visitati, ma soprattutto amicizie uniche. Con Lucio Dalla, ad esempio, che rapporto aveva?
“Li legava un’amicizia lunga e sincera. Mi raccontava delle estati in cui lo andava a trovare alle Tremiti e di quanto fossero in sintonia nel modo di vivere la vita. Per questo, quando mi sono occupata della realizzazione della statua di Lucio Dalla, ho voluto coinvolgere mio padre nella fase di modellazione, per restare il più fedele possibile, in quanto era sempre stato un osservatore attento, sensibile, capace di cogliere i dettagli”.
Approfondisci:
Addio a Cesare Ragazzi. Il re dei capelli “meravigliosi”. Non ha mai smesso di inventare
Suo padre ha lasciato il segno nelle persone che ha incontrato. Questo emerge ancora oggi?
“Passeggiando per le strade incontro spesso persone che si fermano per condividere un ricordo di mio padre e della sua giovinezza. Qui affondano le sue radici. Da giovane suonava in un gruppo musicale, I Vagabondi, e intratteneva il pubblico tra Anzola e Bazzano. Ma il legame con il territorio fu forte anche nella sua attività imprenditoriale, iniziata infatti con un piccolo laboratorio a Ponte Ronca di Zola Predosa”.
Che cosa può insegnare agli imprenditori di oggi?
“Credo che alle giovani generazioni possa insegnare che fare impresa richiede una vera vocazione. Non si può guardare soltanto al business: è un percorso complesso e rischioso, in cui serve grande passione. Oggi più che mai abbiamo bisogno di imprenditori che credano davvero nei propri progetti”.

