Foto di Marco Belardi
Questa data non è nata sotto le migliori premesse. Nessuna prevendita, soltanto biglietti in cassa. Nessun accredito ricevuto nonostante l’avessi richiesto con due mesi in anticipo, rimbalzando come in un flipper dalla band al management, poi al locale che non rispondeva a nessuna e-mail. Non tanto per il biglietto quanto per capire se, in caso di sold out, un’ipotesi nemmeno tanto remota, me ne sarei dovuto tornare dritto a Firenze dopo aver fatto trecentocinquanta chilometri di Pianura Padana e cantieri stradali appenninici, respirando l’aria d’allevamento di maiali che c’è a Cremona e, infine, fissando il miraggio delle Alpi in sfondo.
Alla fine è andata benissimo, perché lo Slaughter Club era pressoché pieno eppure sono riuscito ad entrare nonostante un ritardo – il mio, poiché alloggiavo poco prima di Varese – di un’ora rispetto all’apertura dei cancelli. Se faccio mente locale, l’ultima volta che ero stato a un concerto a Milano fu il Gods of Metal all’Idroscalo con i Type 0 Negative, nello stesso periodo in cui ero stato ad Assago a vedere un gruppo il cui nome mi vergogno di riportare su queste pagine. Da allora non ho più rivisto Milano se non sotto forma di San Siro e Milan-Fiorentina in scena.
Necrodeath – Ph: Marco Belardi
Stavolta è inutile scrivere il report della serata sotto una forma meramente descrittiva: il locale, come hanno suonato gli Abbinormal di Grind Hotel e Italia’s Gore Talent in apertura, con tutto il rispetto per lo Slaughter Club, il suo palco e le sue luci, e per coloro che hanno dato inizio alle danze, sono aspetti che trascurerò volutamente perché la data del ventisette dicembre scorso è stata la data dello scioglimento dei Necrodeath. Punto.
La data, pertanto, dello scioglimento del gruppo che ha partorito uno dei miei album preferiti, Into the Macabre, uno dei miei album italiani preferiti, Mater of all Evil, e del gruppo il cui membro fondatore resistente fino all’ultimo, Marco Pesenti, anche grazie alla sua attività nei Sadist, uno dei batteristi che con maggior piacere ho seguito in corso di carriera.
Ho fatto quei trecentocinquanta chilometri ascoltando gruppi che non c’entravano assolutamente granché, tipo gli ultimi singoli dei Megadeth e poi a ruota i Dokken, domandandomi se nell’occasione avrei rivisto con i Necrodeath Nicola Ingrassia, alias Ingo, e Claudio Bonavita. Sul secondo avrei pure scommesso di sì.
Abbinormal – Ph: Marco Belardi
Non posso però evitare di menzionare chi ha anticipato l’esibizione dei Necrodeath: i Bulldozer, in apertura con Alberto Contini e nei panni di sé stessi, poi con Tony Dolan, in procinto di coverizzare i più grandi classici dei Venom e, pertanto, di fare esplodere tutto quanto sulle note di Black Metal e Countess Bathory. Non tanto per la grandezza degli ospiti, che non è stato solamente un piacere ma anche un onore rivedere dal vivo (l’ultima volta ero incappato in Andy Panigada al concerto dei Death SS a Firenze, circa un anno fa), ma per la possibilità concreta che ho avuto di fare pure quattro chiacchiere con i diretti interessati, due musicisti, e due icone, con cui sono letteralmente cresciuto. Questo regalo giunto a tutti i presenti per mezzo dei Necrodeath corrisponde a uno di quei momenti che andranno fissandosi per sempre nella memoria di un metallaro, sia esso un ventenne o un cinquantenne, un po’ come quella volta che dietro all’Alcatraz di Milano canticchiai il ritornello di Voracious Souls e m’accorsi che il tale che mi fece eco a un paio di metri di distanza, altro non era che Mark Osegueda. Certe cose non si scordano, e del ventisette dicembre scorso non scorderò l’aver detto Forza Milan! al signore che tutti noi siamo abituati a chiamare AC Wild.
I Bulldozer in persona – Ph: Marco Belardi
Una nota finale su Tony Dolan: è un animale da palco, è uno dei musicisti più simpatici ed empatici che ho incontrato in vita mia. Tutti i gruppi musicali incluso il vostro dovrebbero noleggiare Tony Dolan per una comparsata e il vostro concerto ne trarrebbe un notevole vantaggio. Al pensiero è invecchiato male lui sale sul palco e ti risponde che è invecchiato talmente male che sta meglio di me, te e tutti gli altri messi insieme. Adoro Tony Dolan dal giorno che ascoltai e acquistai Prime Evil, uno dei miei album preferiti dei Venom, e l’ho adorato a dismisura nel corso di questa serata.
Sappiamo che non era la sua serata, ma una sequenza a Tony Dolan gliela dobbiamo – Ph: Marco Belardi
I Necrodeath si erano presentati sul palco un po’ prima dello show interamente dedicato ai Venom per una lunga intervista condotta da Vanessa Zarbano, in arte Nyva. Sette seggiole, perché da noi a Firenze non sono sedie, ma seggiole, con lei a sinistra e sei musicisti sul lato opposto. In fondo a destra Davide Queirolo, che tutti avranno conosciuto come John, ossia come il bassista con la cresta che debuttò proprio su Mater of all Evil. Davide Queirolo non è il bassista dei Necrodeath da molti anni, essendo stato sostituito dall’ottimo Gianluca Fontana. Era perciò lecito scorrere una dopo l’altra le facce sedute su quelle seggiole per individuare un altro ex illustre. Claudio Bonavita, colui che fra tutti più speravo di individuare. Proprio accanto a Peso.
Necrodeath – Ph: Marco Belardi
Sul concerto dei Necrodeath non ho molto da dire. È certamente stato in tono maggiore rispetto ad alcune recenti esibizioni fiorentine, tra cui quello al Viper Theatre con la scaletta ingiustamente segata e una sortita scandiccese al Circus. Ma non è mio compito, stasera, quello di scrivere come hanno suonato, né quanto hanno suonato.
Per chi hanno suonato, innanzitutto. Per un locale stracolmo. Festival esclusi, ai concerti coi Necrodeath headliner non avevo mai visto un tale visibilio di persone. Più o meno sempre le solite centocinquanta, duecento, qualche volta un po’ di più. Il concerto del ventisette dicembre 2025 è stato un’epica testimonianza dedicata a circa quattrocento presenti, fra cui il sottoscritto, da Firenze, e un febbricitante Barg, imbottito di medicinali, a completare il pacchetto proveniente da Metal Skunk. Una parte di me ha pure pensato, a un certo punto: se siete così tanti, per un gruppo così grande, perché tante volte che ho visto i Necrodeath, in tutto oltre una decina, siete stati così pochi?
Necrodeath – Ph: Marco Belardi
E perché hanno suonato? Per salutarci nel migliore dei modi. Con Flegias esausto su un divanetto al termine dell’esibizione, con Fontana e Gonella che ci hanno sentito da matti poiché erano membri di lunga data a tutti gli effetti, con i performer sul palco come da tradizione inaugurata all’incirca al tempo di Neraka e una scaletta un po’ a sorpresa, che, anziché puntare tutto sui migliori classici, è andata a tributare un po’ tutte le epoche vissute dalla band, includendo perciò diversi pezzoni da Mater of all Evil e The Age of Dead Christ e finendo col sacrificare un Black as Pitch o una The Flag of the Inverted Cross dal debutto, un pezzo, questo, che avremmo tutti dato un po’ per scontato. Dentro un paio di estratti da Arimortis, dentro a sorpresa Lust da The 7 Deadly Sins, una magnifica Choose Your Death dal secondo Fragments of Insanity, dentro il pezzo a cui avevo pensato durante il tragitto d’andata (At the Roots of Evil: e ho detto in proposito “un tempo aprivano sempre con quella, speriamo aprano con quella anche stasera”) e dentro Mater Tenebrarum, posta in chiusura, in un momento in cui avrei forse voluto vedere sul palco soltanto i Necrodeath, e magari Claudio Bonavita, e non il performer a duettare con Flegias.
Uno dei migliori concerti dei Necrodeath che ho visto in vita mia. Sicuramente il più significativo assieme a quello al Siddharta di Prato, nel tour di Mater of all Evil, in cui, ancora adolescente, urlai i ritornelli di Flame of Malignance e Hate and Scorn, in prima fila, direttamente dentro al microfono di Flegias. È finita, ma è finita nel migliore dei modi. E come hanno detto loro quattro, i Necrodeath da oggi non esistono più, ma la loro musica rimarrà per sempre. (Marco Belardi)
Addio Necrodeath, è stato un viaggio bellissimo – Ph: Marco Belardi








