di
Candida Morvillo

L’attrice e modella: «Checco in realtà è un timido. Il successo di “Buen Camino”? Siamo saturi di guerre e problemi»

Martina Colombari, tre milioni e mezzo d’italiani l’hanno già vista nel «Buen Camino» con Checco Zalone: imbruttita, invecchiata, coi capelli grigi.

Reazioni?
«Che nessuno mi riconosce. Nessuno. Devono aspettare la seconda o terza scena per capire che sono io. Ho poco trucco, degli occhiali importanti, la chioma grigia. Che poi in realtà non è un imbruttimento, sono solo una donna che ha deciso di lasciare il mondo del jet set che viveva con l’ex marito, Checco. La mia Linda si è innamorata di un regista-scrittore palestinese e, da ex modella, è diventata un’attrice di teatro impegnata e ha una metamorfosi anche nell’aspetto».



















































Qual è stata la reazione quando si è vista trasformata in Linda: risata, shock, sollievo?
«Ho detto: che figata! Ma io, quando Zalone e il regista Gennaro Nunziante mi hanno detto come sarei diventata, non ho esitato un attimo. Ero felicissima di poter giocare con la mia bellezza. Poi, è sempre difficile affrontare queste tematiche, perché vengono fraintese. Io sono nata con un concorso di bellezza e su quello ho costruito una carriera. La bellezza l’ho sempre portata con me, l’ho sempre sfruttata e l’ho anche protetta. Ma sui social sono stata attaccata per mille motivi, perché sarei troppo magra, perché a Ballando con le stelle ho parlato della mia menopausa, perché se ti vedono fare sport pensano che sia vanità, mentre io ci tengo a tenermi in forma ora che ho 50 anni, per poter essere attiva e lucida a 90».

Linda è alle prese con la crisi della figlia adolescente che scappa verso il Cammino di Santiago. E proprio quest’anno, nella vita vera, suo figlio Achille ha raccontato i suoi periodi di crisi e i problemi con l’Adhd, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività: ha letto questa coincidenza come un caso, un destino, un segno?
«Quando mi hanno detto che nella sceneggiatura dovevo denunciare la scomparsa di mia figlia, ho pensato subito alla volta in cui anche Achille non è rientrato a casa. Quindi sì: ero coinvolta. Detto questo: i ragazzi, oggi, hanno grosse difficoltà a trovare la loro identità, a capire chi sono e cosa vogliono. Noi genitori ci prendiamo la nostra responsabilità, ma il mondo che trovano non è quello della nostra adolescenza: è richiedente, performante, velocissimo. E i social gli raccontano qualcosa che non è la realtà. Poi, io non sono contro i social: sono un mezzo. Per assurdo, questo film è arrivato da un messaggio del responsabile casting su Instagram».

Come è andata con Zalone e Nunziante? Che consigli le hanno dato?
«Loro sono molto sulla recitazione a sensazione, a improvvisazione. Si facevano parecchie prove prima del ciak, ma non tanto per come dire la battuta, quanto sui tempi comici, le reazioni, l’atteggiamento del corpo. Luca Medici, nome d’arte di Checco Zalone, è esattamente come lo vedi nei film. Poi, fuori dal set, percepisci che è un timido, però cerca sempre di metterti a tuo agio. Abbiamo fatto tante cene insieme, durante la preparazione del film: è bello trovare persone normali nel nostro mondo».

In quale momento sul set avete riso veramente tanto?
«Per una delle battute più pesanti che fa Checco, sul mio compagno: “È l’unico palestinese che occupa un territorio, gaza mia”. Detta da lui, è esilarante: alla prima, è venuto giù il cinema per le risate».

Questo film è il più visto di sempre come esordio al botteghino a Natale. Perché piace così tanto agli italiani?
«Perché siamo saturi: guerre, problemi, lavoro… Davanti a questo film, riesci a non pensare a niente. E secondo me, dobbiamo riprenderci un po’ la vita: tornare a fare quello che ci fa bene, non solo quello che “si deve”. Io ho smesso di andare a cene solo “perché si deve”, preferisco concentrarmi sui legami che contano».

Sarà mica pronta per una metamorfosi come Linda?
«Se fino a due o tre anni fa non uscivo senza trucco e capelli perfetti, ora, apro il beauty una volta a settimana. Se lavoro, il trucco è la mia divisa, a febbraio farò Venerdì 13, una commedia in teatro di Jean-Pierre Martinez, e ad aprile al cinema sarò addirittura un’androide in Più vera del vero, ma nella vita posso uscire con sette colori addosso e me ne frego. Non è che quella Martina non c’è più: ce n’è una diversa, quella che va a un ritiro di meditazione, torna e si dice “mi sono presa cura di me”».

30 dicembre 2025