Jonas Vingegaard è l’uomo enigmatico del gruppo. Spesso capace di nascondere le sue emozioni, con gli occhi celati dietro ai suoi occhiali specchiati anche a fine corsa, raramente lascia intravedere ciò che pensa e come si sente. Nelle interviste le sue risposte sono sempre telegrafiche e, al termine di ogni gara, l’unica cosa che vuole è abbracciare la moglie Trine e i loro due figli. I

Il danese, vincitore della Vuelta di Spagna e secondo al Tour de France, pensa che il 2025 sia stato un anno molto positivo per la sua squadra e che solo il 2023 per lui è stato l’anno veramente perfetto. Vingegaard parla poco, ma attraverso la Visma-Lease a Bike è stato possibile ricevere la sua intervista, l’ultima, registrata all’interno del bus della squadra durante il ritiro in Spagna con il suo addetto stampa.

Guardando indietro al 2025, che stagione è stata per te? 
«Penso che sia stata una buona stagione. Beh, certo non è stata la mia migliore, ma è stata comunque una buona stagione. Il Tour de France era l’obiettivo più grande dell’anno, e sfortunatamente non sono riuscito a vincerlo, ma comunque un secondo posto è un grande risultato. Certamente voglio di più e poi vincere anche la Vuelta di Spagna era un obiettivo davvero grande per me e sono stato felice del risultato ottenuto».

E’ stato un anno positivo per te e pensi la stessa cosa per la squadra?
«Penso che per la squadra sia stato un anno fantastico. Solo un anno è stato migliore: il 2023. Per il team vincere il Giro d’Italia e la Vuelta di Spagna nello stesso anno è già un grande risultato, e poi vincere anche il Tour de France femminile e arrivare secondi nella gara maschile è sicuramente qualcosa di unico».  

La stagione è iniziata con una vittoria in Algarve, poi c’è stata la caduta alla Parigi-Nizza e questo ti ha impedito di correre fino al Delfinato. È stato un periodo difficile per te? 
«No, siamo noi abbiamo deciso di aspettare: avrei potuto correre al Romandia o in qualche altra gara, ma abbiamo deciso di prendercela comoda e di prepararci per il Tour. Non è stato un infortunio grave, anche se sono stato fermo per circa una settimana. Purtroppo non ho fatto il Catalogna ed è stato un peccato».

Come hai fatto a passare dalla preparazione per il Delfinato al Tour de France? 
«In realtà, quando ho iniziato ad allenarmi, il mio obiettivo era il Tour de France, o meglio, la prima gara era il Delfinato. Quindi da lì si è trattato solo di  iniziare a rimettermi in forma:  ho iniziato il ritiro in altura, e poi abbiamo fatto il Delfinato e subito dopo il Tour de France».

Come ti sei sentito al Tour? 
«Anche meglio che al Delfinato. Dopo la  caduta del 2024 sono di nuovo in forma più o meno con gli stessi numeri di potenza che avevo prima della caduta. Abbiamo iniziato la gara in modo molto aggressivo: la gente si è persino lamentata del fatto che fossimo troppo aggressivi. Guardando alla corsa penso che ci siano state molte opportunità per vedere se si poteva guadagnare un po’ di tempo. E ovviamente, forse guardando a posteriori, avremmo potuto fare qualcosa di diverso, ma è sempre facile essere intelligenti dopo. Naturalmente credevamo tutti nel piano che avevamo e volevamo aumentare l’aggressività. L’obiettivo era davvero mettere pressione agli altri».

In passato non hai mai corso in modo troppo aggressivo: ti è piaciuta questa nuova modalità?
«Si, mi è piaciuto. Era un modo diverso di rilanciare rispetto a quello che facevamo normalmente in passato. Mi è piaciuto il fatto che fosse un po’ più basato sulle sensazioni e che fossimo più aggressivi. Non dico che si debba sempre correre così, ma almeno per una volta è stato bello provarci e penso che sia giusto dire che abbiamo tentato di tutto per vincere la gara».

Sei arrivato secondo con un vantaggio importante sul terzo, ma alla fine il più forte è stato uno.
«Penso che a un certo punto ho avuto qualche giornata negativa che ha fatto una grande differenza nella gara, ma credevo ancora di poter vincere e credevo ancora in me stesso, pensavo che avremmo potuto recuperare del tempo. Purtroppo non è stato possibile recuperare. Ma è anche giusto ammettere che il migliore del Tour de France di quest’anno ha vinto la gara. Ma questo dovrebbe anche darci più motivazione per l’anno prossimo».

Quanto è stato emozionante per te vedere Wout vincere quell’ultima tappa? 
«E’ stato davvero bello vedere Wout vincere di nuovo al Tour. Sia io che lui abbiamo avuto una brutta caduta nello stesso momento, e penso che forse entrambi abbiamo avuto qualche difficoltà, ma poi è stato davvero bello vederlo vincere sui Campi Elisi ed ero super felice  per lui. Vedere Wout vincere è sempre bello e ha meritato davvero la vittoria, perché ha lottato così tanto per questo: il suo successo mi ha fatto venire voglia di vincere alla Vuelta».

Come ti sei preparato per La Vuelta? 
«Prima sono tornato a casa in Danimarca per rilassarmi un po’ per una bella settimana e poi ho ricominciato. Sono state solo meno di quattro settimane e ovviamente non c’è molto che si possa fare».

Qual era il piano per la Vuelta? 
«Sapevamo che c’erano tanti arrivi in ​​salita e ci si poteva davvero bruciare facilmente. Quindi abbiamo scelto ed elaborato la tattica prima della gara, decidendo di puntare di più alla caccia di vittorie tappa verso la fine. Poi se ci fossero state delle opportunità le avremmo sfruttate, ma non volevamo spremere tutta la squadra per la seconda tappa, per esempio. Poi l’opportunità si è presentata e l’ho colta. Nei giorni in cui ti senti bene, devi approfittarne. Se guardo quella Vuelta da una prospettiva tattica, all’inizio il piano era di essere conservativi, ma allo stesso tempo dopo il primo giorno di riposo dovevamo anche adattarci al nuovo piano perché dovevamo diventare aggressivi e cercare di vincere le tappe. Quindi già nella tappa 11 verso Bilbao ho messo tutta la squadra in testa ed ero ancora in lizza per vincere, ma poi la tappa è stata annullata, e di nuovo l’abbiamo fatto nella tappa 13. Volevo vincere e credevo ancora di poterlo fare, ma ho dovuto cambiare strategia a metà tappa per difendermi piuttosto che attaccare».

Cosa dici di te come ciclista, sul  fatto che riesci a cambiare strategia così velocemente? 
«Penso che passare dall’essere difensivo ad attaccante possa essere più difficile per qualcuno. Vuoi attaccare, ma poi non è possibile, e allora devi solo concentrarti sull’inseguire. Se invece vuoi solo inseguire, all’improvviso ti ritrovi a dover attaccare e questo può essere più difficile. Per me, dimostra che sono anche un corridore molto forte istintivamente e tatticamente ed è così che voglio correre».

Non possiamo ignorare il fatto che avete dovuto festeggiare la vittoria della Vuelta nel parcheggio dell’hotel della squadra. Come è stato?
«Alla fine, penso sia giusto dire che anche quella è stata una celebrazione storica. Ma ovviamente è stata anche una vergogna per il ciclismo quello che è successo. Ricordo anche un po’ di punti interrogativi sopra la testa di tutti quando siamo tornati all’hotel perché non era molto chiaro cosa sarebbe successo. Mi sono seduto in fondo al bus e sono rimasto seduto lì per un bel po’, e poi sono arrivati ​​gli altri e abbiamo bevuto una birra insieme, e all’improvviso non ricordo chi è salito sul bus e ha detto: “Ah, stiamo lavorando a una festa qui nel parcheggio. Cercheremo di radunare tutti”. E poi sì, alla fine sono arrivati ​​tutti e per me personalmente è stata una delle cerimonie sul podio più memorabili che abbia mai vissuto».

Quindi, cosa ti sei portato a casa alla fine della Vuelta?
«In realtà, direi un sacco di cose positive. Sono davvero felice che ci siano stati i festeggiamenti, prima di tutto, e anche molto felice di come alla fine sia andato tutto. Certo, avrei preferito non ammalarmi, ma  ho comunque vinto tre tappe e la Vuelta, che è anche una gara molto importante, e sono super contento di averla nel mio palmares».

Hai disputato gli Europei dopo una stagione piuttosto impegnativa. Pensi che avresti avuto bisogno di riposare di più?
«Sono stato contento di aver fatto gli Europei, ma ad essere onesti, guardando indietro, forse avrei avuto bisogno di riposare. Ho capito che avevo bisogno di una pausa più di quanto pensassi. Dopo la Vuelta ho avuto circa una settimana di preparazione e poi sono andato agli Europei, e il risultato non è stato quello che speravo».

Quindi, cosa hai fatto per riposarti dopo? 
«A dire il vero ho avuto solo pochi giorni di riposo e poi ho continuato ad allenarmi ad Andorra e poi sono andato in Giappone. Ho fatto allenamento a bassa intensità tre o quattro giri a settimana, e poi facevo degli intervalli e continuavo a tenere il motore acceso un po’: in Giappone, mi sono preso la mia vera e propria vacanza. Adesso sono andato in Olanda e poi lavorerò con la squadra in Spagna».

Vuoi dirci qualcosa dei tuoi appuntamenti per il 2026?
«No, non sarebbe giusto. Riveleremo tutto insieme alla squadra più avanti».