Cinque modi per conoscere un interprete che ha saputo ridere del potere, dei desideri e delle nostre contraddizioni.

Ugo Tognazzi non ha bisogno di presentazioni: è stato uno degli attori più incisivi del cinema italiano, un artista che attraverso la risata ha mandato messaggi intensi e di grande impatto con al centro lo scontro tra morale e istinto, tra ordine e anarchia. In questa sorta di campo di battaglia, davvero pochi come Ugo Tognazzi hanno saputo muoversi con tanta libertà.

Ed è piuttosto riduttivo definirlo “mattatore” visto che Tognazzi è stato una lente d’ingrandimento che con naturalezza disarmante, ha fatto emergere le ipocrisie di un Paese in trasformazione. Per questo, più che celebrarlo, vale la pena tornare a suoi cinque film-chiave. Film diversi per tono e poetica, ma uniti da un denominatore comune: l’idea che il cinema possa ancora disturbare, divertire e far pensare allo stesso tempo.

Cinque film, cinque occasioni per (ri)scoprire un grande attore italiano

La tragedia di un uomo ridicolo: Viene considerato il punto più alto del Tognazzi drammatico. Diretto da Bernardo Bertolucci, il film affida all’attore un personaggio travolto dal conflitto tra orgoglio personale e crollo di un sistema di valori. Il suo imprenditore provinciale, ruvido e vulnerabile, è una figura che assorbe le tensioni dell’Italia post-industriale. Primo Spaggiari, industriale caseario di umili origini, vede la propria vita sconvolta dal rapimento del figlio Giovanni, mentre la sua azienda è travolta da una profonda crisi economica. Convinto di dover pagare un ingente riscatto, raccoglie il denaro con l’aiuto della moglie Barbara, donna colta e raffinata, anche quando scopre che il figlio potrebbe essere morto.

 Ugo Tognazzi in una scena iconicaUgo Tognazzi in una scena iconica, dove la risata diventa uno strumento di verità-Fb@Ugo Tognazzi-artesettima

Il vizietto: Molto prima che il tema dell’identità sessuale entrasse nella cultura pop, Tognazzi lo affronta con leggerezza, anche se solo apparente. Renato e Albin sono una coppia omosessuale che da anni gestisce a Saint-Tropez il celebre locale di drag queen La Cage aux Folles, dove Albin è la star con il nome di “Zazà Napoli”. La loro quotidianità viene sconvolta quando Laurent, figlio di Renato, annuncia il matrimonio con Adrienne, figlia di un politico ultraconservatore. Per ottenere l’approvazione dei futuri suoceri, Laurent ha mentito sull’identità dei suoi genitori, presentando Renato come un rispettabile diplomatico sposato.

La grande abbuffata: Qui Tognazzi incontra la visione radicale di Marco Ferreri, dando vita a uno dei film più controversi del cinema europeo. Il suo personaggio, cuoco e gourmet, trasforma il piacere in ossessione, il cibo in metafora di un consumismo autodistruttivo. Quattro uomini, insoddisfatti delle proprie vite, si rinchiudono in una villa alla periferia di Parigi con l’idea di togliersi la vita mangiando fino alla morte. Tra abbuffate estreme e incontri surreali, il loro progetto procede fino a quando, uno dopo l’altro, muoiono in modo diverso: chi tentando la fuga, chi per gli eccessi del corpo, chi per l’ingordigia. L’ultimo a morire è Philippe, tra le braccia della maestra Andréa, mentre la villa resta simbolo grottesco di un’esistenza votata all’eccesso e all’autodistruzione.

Il federale: Uno dei primi grandi colpi satirici sul fascismo realizzati dal cinema italiano del dopoguerra. Nel maggio del 1944 il milite fascista Primo Arcovazzi riceve l’ordine di catturare e riportare a Roma l’antifascista Erminio Bonafè, nella speranza di ottenere una promozione. Durante il viaggio i due sono costretti a una fuga avventurosa tra incidenti, bombardamenti e incontri paradossali, che mettono a nudo l’ingenuità e le contraddizioni di Arcovazzi. Arrivati a Roma, ormai liberata dagli Alleati, il fascista rischia il linciaggio ma viene salvato proprio da Bonafè, che lo libera e lo lascia andare. Arcovazzi si allontana solo e disilluso, privato delle sue certezze ideologiche, mentre il professore torna libero tra i partigiani.

Amici miei: forse tra i più famosi di Ugo Tognazzi. Questa pellicola di Mario Monicelli del del 1975 racconta di cinque amici fiorentini di mezza età, frustrati da vite insoddisfacenti, che ad un certo punto decidono di evadere dalla routine con “zingarate”: scherzi crudeli e goliardici contro ignari malcapitati. Tra supercazzole, beffe sempre più estreme e momenti di malinconia, il gruppo usa l’ironia come difesa dal tempo che passa e dai fallimenti personali, fino a un epilogo amaro segnato dalla morte improvvisa di uno di loro, che non spegne però lo spirito beffardo dell’amicizia.