di
Maurizio Tucci
Assumono l’antidolorifico troppo tardi, ricorrono all’autoprescrizione, si affidano ai social per avere informazioni sulla loro salute. E preferiscono la pillola allo sciroppo e alla bustina solubile. Un’indagine mette in luce i disturbi più frequenti tra i giovani (spesso psicosomatici)
I principali disturbi di tipo fisico di cui gli adolescenti affermano di soffrire sono – con percentuali cha oscillano dal 55% al 75% – mal di testa, mal di pancia e dolori muscolari, e oltre il 35% afferma che rispetto agli anni precedenti questi disturbi sono aumentati. Percentuali che, salvo per quanto concerne i dolori muscolari, sono mediamente più alte tra le ragazze rispetto ai maschi. I dati provengono dall’edizione 2025 dell’Osservatorio sugli stili di vita degli adolescenti realizzato annualmente da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD. «Dati – tiene e precisare Carlo Buzzi, sociologo dell’Università di Trento e direttore scientifico dell’indagine – che non sono di tipo epidemiologico, ma derivano dal percepito che gli adolescenti hanno di quanto soffrono di questi disturbi». Tra le cause che li determinano, sempre secondo quanto riferito dai diretti interessati, le principali sono: per quanto riguarda il mal di testa, scuola e stress emotivi (ciascuna delle due cause indicata da oltre il 34%); per il mal di pancia, digestione (25,7%) e, in particolare per le ragazze, ancora stress emotivi (22,6%); per i dolori muscolari, stress fisici (58,6%). Per quanto concerne le ragazze c’è, poi, il capitolo mestruazioni che per il 60% sono fonte di dolore, dato in aumento rispetto al passato. Fin qui la fotografia del loro vissuto. Quant’anche probabile (secondo gli esperti) che si tratti in parte di manifestazioni psicosomatiche e non di origine organica, il disturbo resta eccome. Il problema maggiore, a questo punto, appare il modo con cui gli adolescenti fanno fronte al dolore compiendo spesso errori e basandosi su convinzioni errate.
Il dolore va sempre trattato
Il 44,6% afferma di ricorrere a un farmaco antidolorifico il più tardi possibile solo se il dolore diventa insopportabile. A questo si aggiunge un ulteriore 23% che afferma che cerca comunque di sopportare il dolore senza prendere farmaci. A indurre a questo comportamento la convinzione del 48,8% che sopportare il dolore rafforzi l’organismo e di un ulteriore 27,6% che pensa sia un segno di forza. La risposta la affidiamo a quanto scrive Federica Ferrero – già direttrice della Terapia Intensiva neonatale dell’azienda Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità di Novara – in Pediatria Pratica (G. Bona, R. Miniero – Ed. Minerva Medica, 2024), uno dei testi più autorevoli di aggiornamento pediatrico: «Secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP) il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole. Il dolore è sempre soggettivo: ogni individuo impara l’applicazione della parola dolore tramite le esperienze correlate ai traumatismi fin dalla prima infanzia. […] L’impulso “nocicettivo” (ovvero la stimolazione dei recettori periferici del dolore che lo trasmettono al midollo spinale, raggiungendo il talamo e quindi la corteccia cerebrale) provoca risposte fisiologiche, comportamentali, e di stress, che si possono e si devono evitare per quanto possibile con tutti i mezzi, farmacologici e non farmacologici, in nostro possesso». In parole povere il dolore – in quanto tale – va sempre trattato. Sopportare il dolore, qualunque sia la causa che lo produce, non solo non è eroico e non serve, ma fa proprio male. «Inoltre – afferma Gianluigi Marseglia, Ordinario di Pediatria all’Università di Pavia – è inutile attendere a lungo che il dolore passi da solo col rischio anche che aumenti. L’antidolorifico risulta più efficace se preso ai primi sintomi. Ovviamente l’obiettivo ultimo deve sempre essere quello dell’individuazione clinica delle cause per intervenire su queste e non limitarsi a gestire gli effetti ma, in parallelo, è opportuno anche agire su questi». In pratica, se si ha un dente cariato va curato, ma nel frattempo è altrettanto opportuno tenere a bada il dolore. E va tenuto a bada anche quando non si tratta di un disturbo patologico, ma di un fenomeno naturale come possono essere le mestruazioni. «Riguardo la dismenorrea – spiega Annamaria Fulghesu, presidente della Società Italiana di Ginecologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SIGIA) e referente ginecologia nel Comitato scientifico di Laboratorio Adolescenza – , è corretto prendere il farmaco ai primi sintomi e non, come spesso fanno le ragazze, quando il dolore diventa insopportabile. Questo perché gli antinfiammatori non steroidei (Fans), che sono i farmaci da assumere in queste circostanze, non eliminano le prostaglandine già presenti (causa del dolore), ma ne inibiscono la produzione. L’efficacia maggiore si ha quindi assumendoli proprio ai primi sintomi del dolore, se non addirittura prevenendolo nelle persone che soffrono sistematicamente di dismenorrea. Anche perché l’assunzione una volta al mese di un antinfiammatorio non steroideo, ovviamente sempre su indicazione del medico, non è assolutamente dannosa per l’organismo».
Niente fai da te
Trattare il dolore non significa andare autonomamente nell’armadietto dei medicinali prendendo il farmaco che si trova o che si ricorda di aver preso in altre occasioni (come fa il 10% degli e delle adolescenti) o chiedere ai genitori (43,85%) che certamente avranno più esperienza, ma non solo non è detto che siano medici quanto – soprattutto – non dovrebbero mai avallare il comportamento dell’autoprescrizione. Di fatto, solo il 23% assume un farmaco antidolorifico su indicazione del proprio medico. «È un errore grave – afferma ancora il professor Marseglia – anche se si tratta dei cosiddetti “farmaci da banco”, che possono essere acquistati senza prescrizione medica, perché non si tratta solo di indicare il farmaco più adatto, ma anche e soprattutto il dosaggio corretto, e di sapere se ci può essere interferenza con altri farmaci eventualmente assunti. Cose che solo il proprio medico curante può determinare con precisione».
Non chiedetelo ai social
Il pericolo aumenta nel momento in cui – sempre riferendoci ai risultati dell’indagine Laboratorio Adolescenza-IARD – veniamo a scoprire che il 72% degli adolescenti considera i social (TikTok e Instagram in primis) canali utili per avere informazioni legate alla salute. Chi ha avuto modo di frequentare qualche volta questi social sa bene che straboccano di persone in camice e con lo stetoscopio al collo (medici o figuranti che siano) che danno indicazioni – ci riferiamo in particolare ai farmaci antidolorifici – su quali e in quali circostanze vanno presi alcuni o altri. Va detto che spesso (ma non sempre) le indicazioni “social” non sono tecnicamente scorrette, ma il modo tranchant di darle, prescindendo completamente dall’esigenza di personalizzazione indicata da Marseglia, non educa certamente a un corretto approccio con la propria salute e risulta essere pericoloso.
Paracetamolo o ibuprofene?
E allora noi, per sicurezza, l’eterna domanda: «Paracetamolo o ibuprofene?» la poniamo a Gianluigi Marseglia: «Gli unici farmaci che le linee guida internazionali prevedono in età pediatrica (fino ai 6 anni) sono effettivamente paracetamolo e ibuprofene, entrambi efficacemente utilizzabili per la gestione della febbre e del dolore. L’ibuprofene tuttavia, per la sua maggior attività antiinfiammatoria, ha un ruolo primario nella gestione del dolore sia in termini di rapidità di azione sia di efficacia. Dai 6 anni in poi e utilizzabile anche il ketoprofene sale di lisina. I tre farmaci, se usati con il dosaggio corretto, sono perfettamente tollerabili». Una curiosità: quando si tratta di dover assumere un farmaco, di qualunque tipo, per la maggioranza relativa degli adolescenti (49%) la formulazione più gradita è la pillola. Seguono, a distanza, lo sciroppo (17,6%) e la bustina solubile (16,7%). Ma il 51% dice anche che una formulazione piuttosto che un’altra fa comunque poca differenza.
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30 dicembre 2025 ( modifica il 30 dicembre 2025 | 10:19)
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