di
Mario Sensini e Claudia Voltattorni

Molti temi della legge di bilancio sono rimasti nell’ombra: tagli ai ministeri, la revisione del Pnrr ha un effetto contabile, nuovi finanziamenti per le ricostruzioni

La manovra 2026 contiene molte misure importanti di cui si è parlato poco. Il dibattito è stato catalizzato dell’Irpef, la rottamazione, le pensioni, la stretta sulle banche, l’oro di Bankitalia e le misure a favore del lavoro. Molti temi sono rimasti nell’ombra, pur avendo grande rilevanza. Dei tagli ai ministeri, i primi veri tagli al di fuori della spending review, ne ha parlato solo Giorgetti con i suoi ministri nelle stanze di Palazzo Chigi. La revisione del Pnrr ha un effetto contabile, che è stato di grande aiuto. Ma sono importanti per i territori anche i nuovi finanziamenti per le ricostruzioni e, alla fine, anche le centinaia di micro interventi voluti dai parlamentari.

Tagliati oltre 10 miliardi ai bilanci dei ministeri

Il ministro Giorgetti aveva avvertito i suoi colleghi e i tagli ai ministeri, oltre quelli classici della spending review, sono arrivati anche nella manovra 2026. E non erano mai stati così pesanti.
Nei prossimi tre anni spariscono 10,4 miliardi di euro di spese previste e finanziate: 7,2 miliardi slittano al prossimo triennio, oltre fine legislatura, altri 3,2 vengono definitivamente cancellati. Il ministero più colpito è proprio quello delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini: via un miliardo e 200 milioni di euro, che colpisce metropolitane, strade e porti, ma con l’ultima stretta anche il Ponte di Messina.
Ad essere colpiti dalle forbici del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che non ha guardato in faccia a nessuno, sono stati i residui passivi, cioè le somme stanziate in passato e non spese da singoli ministeri. Ognuno ha avuto i suoi motivi, ma per Giorgetti sono comunque fondi improduttivi, e tornano a casa, rientrano nelle disponibilità di bilancio. A farne le spese, oltre a Salvini, sono stati i ministeri che hanno le peggiori performance di spesa. Tra questi la Salute, la Giustizia, l’Ambiente, il Turismo, l’Istruzione e la Cultura. A poco sono valse le insistenze dei ministri per recuperare.



















































Partecipazioni e dividendi, incasso ridotto da 735 a soli 36 milioni

Doveva portare 735 milioni nelle casse dell’erario nel 2026, ma dopo aspre battaglie politiche e il compromesso nella maggioranza il suo gettito, l’anno prossimo, si riduce ad appena 36 milioni. La stretta fiscale sui dividendi delle società partecipate doveva essere una delle principali componenti di entrata della manovra, ma si è ridotta a una misura quasi simbolica.
Il testo iniziale del governo prevedeva di limitare fortemente il regime di sostanziale esenzione fiscale per i dividendi ricevuti dalle partecipate. Oggi si pagano le imposte solo sul 95% dei dividendi ricevuti da società partecipate per oltre il 5% del capitale, e la proposta prevedeva di alzare questo tetto alle partecipazioni superiori al 10%, tagliando fuori dal regime agevolato molte società ed imprenditori soggetti Irpef.
Alla fine il compromesso raggiunto è molto distante dalle ipotesi iniziali, come del resto il gettito garantito. La tassazione agevolata resterà infatti su tutte le partecipazioni superiori al 5%, ma di fatto viene estesa, perché il nuovo regime si applicherà a tutte le partecipazioni di valore superiore a 500 mila euro, a prescindere dalla quota di capitale posseduta nell’impresa.

Alla Scala 5 milioni, 500 mila euro al Maxxi

Oltre alle misure più importanti (e costose), la legge di Bilancio contiene – come sempre – decine di micro-misure con fondi destinati ai ministeri che poi dovranno assegnarli con decreti attuativi. Si tratta di un pacchetto di circa 211 milioni per, tra l’altro, città, fondazioni, enti, associazioni o anche parrocchie e chiese per interventi di restauro. Ci sono, ad esempio, 5 milioni per i 250 anni del Teatro alla Scala di Milano e 1 milione per Matera, Capitale mediterranea della cultura. Due milioni e 700 mila euro per le Misericordie d’Italia e 2 milioni per il Fondo per il benessere psicologico dei lavoratori nelle aziende e degli studenti universitari. Ci sono 500 mila euro nel 2026 e 1 milione nel 2027 per il nuovo fondo del ministero dell’Agricoltura per gli allevamenti senza gabbie. Un milione va alla custodia degli animali coinvolti in combattimenti e 100 mila euro alla ricerca e sviluppo dell’Agenzia Industrie Difesa. Al Museo Maxxi di Roma arrivano 500 mila euro per nuovi progetti; 30 mila all’Associazione Vie e Cammini di San Francesco. Un milione è per l’ippodromo di Capannelle e 450 mila per il lungolago di Bolsena. E 100 mila euro per due anni andranno alla Onlus mantovana Gattorandagio.

Criptovalute, tasse al 33% e sparisce la franchigia

Le tasse sulle plusvalenze generate dalla vendita delle criptovalute aumenteranno nel 2026. Non per tutte, perché resteranno invariate per le valute digitali ancorate all’euro, e in misura abbastanza limitata. Certo è che poteva andare molto peggio. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva proposto nel testo iniziale della Legge di Bilancio un aumento molto consistente, dal 26% attuale, con una franchigia di 2 mila euro, al 42% senza nessuna franchigia. «Una decisione che rispecchia la logica di premiare gli investitori pazienti e di lungo termine» disse il ministro. Di fatto viene introdotta una tassazione differente tra le criptovalute e le altre attività finanziarie, le cui plusvalenze subiscono tutte un’imposizione del 26% (tranne i titoli di Stato, al 12,5%).
In Parlamento la maggioranza ha fatto fronte comune ed è riuscita ad allentare la stretta. Nel 2026 le plusvalenze sulle criptovalute come Bitcoin, Ethereum saranno tassate al 33% e sparirà la franchigia dei 2 mila euro. Resteranno invece al 26% le imposte sulle stablecoin ancorate all’euro. Oggi EUROe, EURT, DEURO e VEUR hanno un certo mercato, ma le banche si stanno attrezzando per emettere una loro valuta.

Terremoto: contributi diretti al posto del 110%

Il Commissario straordinario Guido Castelli, senatore di FdI, confessa di non averci dormito la notte per giorni. La soluzione per i fondi della ricostruzione post sisma 2016 è arrivata solo insieme all’ultimo maxi emendamento del Governo. Dal ‘26 non ci saranno più le detrazioni del 110% a garantire i fondi per ultimare i lavori, ma un contributo diretto da parte del Commissario. Il principio vale per tutti i terremoti dal 2009 in qua, quindi Abruzzo, Ischia, Emilia, Molise, Catania e Centro Italia.
Il sospiro di sollievo lo ha tirato il Commissario, ma anche migliaia di famiglie che rischiavano di lasciare le case a metà Centro Italia almeno 10 mila, con 1,3 miliardi di euro a rischio.
Contavano sulle detrazioni del 110% per coprire la parte di spesa non garantita dal contributo pubblico, ma avrebbero dovuto chiudere i lavori entro fine anno. Prima Castelli aveva chiesto una proroga del 110% al ‘26, negata dal Mef, che non vuole più saperne di sconti in fattura e cessione dei crediti. Poi si è scelta la soluzione del finanziamento diretto. Lo stanziamento di 1,3 miliardi è stato spalmato su dieci anni, e per il ‘26 ci sono 250 milioni di euro in più sulle dotazioni di Castelli, molto soddisfatto dell’accordo raggiunto.

Recuperati 7 miliardi dai rinvii di spesa del Pnrr

L’asso nella manica, che ha permesso al Governo di chiudere la partita della manovra, sebbene nessuno gli abbia dato molto peso, è il Pnrr. La rimodulazione della spesa, che scivolerà oltre il 2026 grazie ad alcuni veicoli finanziari concordati con la Commissione Ue, ha consentito di riacquisire al bilancio triennale poco più di 7 miliardi di euro, 5,9 dei quali solo nel prossimo anno. È, così, una delle fonti principali di finanziamento della legge di Bilancio, che riequilibra e compensa la crescita delle spese.
L’operazione è stata resa possibile dalla sesta revisione del Pnrr, che Bruxelles ha accettato a metà novembre, ma era stata subito inserita nel testo della legge. La revisione, con lo spostamento della spesa oltre il ‘26, ha consentito la riallocazione al bilancio dei fondi stanziati in passato per finanziare progetti che si pensava dovessero concludersi il prossimo anno. Avrà effetti importanti anche sul bilancio del ‘27, al quale la revisione apporta un miliardo di euro.
Un altro bel contributo alla manovra è il riversamento al bilancio di 2,5 miliardi (1,5 nel ‘26) del Fondo di Sviluppo e Coesione. In questo caso si tratta di residui, somme stanziate e non spese, dello stesso Mef.

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31 dicembre 2025 ( modifica il 31 dicembre 2025 | 08:25)