Atto Camera
Roma – Mozione 1-00482
presentato da
BOSCHI Maria Elena
testo di
Giovedì 31 luglio 2025, seduta n. 521
La Camera,
premesso che:
il contesto geopolitico internazionale è segnato da una fase di marcata instabilità e progressiva frammentazione dell’ordine multilaterale, determinata dall’indebolimento dei meccanismi di garanzia del diritto internazionale, dall’acutizzarsi di conflitti regionali e da una crescente polarizzazione nei rapporti tra gli attori globali;
la guerra in Ucraina, avviata nel febbraio 2022 con l’invasione russa, si protrae nel suo terzo anno, con devastanti conseguenze umanitarie, la distruzione di intere aree del Paese, milioni di sfollati e un impatto rilevante sull’equilibrio geopolitico europeo e globale;
nella Striscia di Gaza si sta consumando una delle più gravi crisi umanitarie dell’ultimo decennio. Secondo le Nazioni Unite, le operazioni militari dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 hanno provocato oltre 54.000 vittime palestinesi (di cui migliaia di minori), il collasso dei servizi sanitari e delle infrastrutture essenziali, e una condizione di emergenza permanente per l’intera popolazione civile mentre i ripetuti fallimenti diplomatici e l’assenza di una tregua stabile alimentano il rischio concreto di un protrarsi del conflitto nel tempo;
l’escalation delle tensioni tra Israele e Iran ha riportato il Medio Oriente in una fase di altissima instabilità, con ripercussioni su sicurezza energetica, mercati internazionali, rotte commerciali e traffico marittimo nel Golfo Persico e nel Mar Rosso, alimentando il rischio di un’estensione del conflitto a Paesi terzi e all’intero scacchiere regionale;
in questo scenario, il vertice Nato svoltosi all’Aia il 24 e 25 giugno 2025, ha approvato un nuovo obiettivo politico di spesa militare collettiva che prevede, entro il 2035, il raggiungimento di una quota pari al 5 per cento del Pil europeo aggregato da destinare alla difesa, articolato in un 3,5 per cento per le capacità militari operative e un 1,5 per cento per investimenti in sicurezza strategica, infrastrutture critiche e resilienza;
l’adesione a tale nuovo obiettivo comporta per l’Italia un impegno potenzialmente gravoso e strutturale, con effetti permanenti sulla composizione del bilancio dello Stato, se si considera che nel 2024 la spesa per la difesa dell’Italia si è attestata intorno all’1,5 per cento del Pil, collocandosi nella fascia bassa tra i 32 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica e che il Governo ha deciso di includere nel calcolo del rapporto del 2 per cento già indicato nei vertici (Nato del Galles (2014) e di Madrid (2022) tra spese in conto capitale per la difesa e Prodotto interno lordo anche voci non strettamente riconducibili alla spesa militare, quali i servizi meteorologici, le capitanerie di porto, la Guardia di Finanza e le relative pensioni e ipotizza di raggiungere la soglia del 3 per cento estendendo ulteriormente il perimetro di calcolo, includendo addirittura il ponte sullo Stretto di Messina;
secondo le rilevazioni più recenti fornite dalla Nato, nel 2024 circa due terzi degli Stati membri – ventitré su trentadue – risultano aver conseguito l’obiettivo del 2 per cento del Pil destinato alla spesa per la difesa. Tale dato, tuttavia, deve essere interpretato tenendo conto del fatto che le modalità di calcolo adottate dalla NATO non corrispondono esattamente a quelle utilizzate nei bilanci nazionali dei singoli Paesi. Il cosiddetto «budget Nato» viene determinato secondo criteri standardizzati volti a garantire l’omogeneità e la confrontabilità dei dati tra i membri dell’Alleanza, includendo voci di spesa che, in alcuni casi, non trovano corrispondenza nei documenti contabili interni;
la contribuzione proporzionale dell’Italia all’obiettivo del 5 per cento del Pil europeo aggregato implicherebbe un incremento della spesa per la difesa di oltre 60 miliardi di euro annui rispetto ai livelli attuali. Tale incremento risulterebbe particolarmente oneroso in un contesto macroeconomico segnato da vincoli di finanza pubblica stringenti e da un debito pubblico che, secondo la Nota di aggiornamento al Def 2024, ha raggiunto il 135 per cento del Pil, rappresentando il secondo livello più elevato dell’area euro;
il piano «Rearm Europe», promosso dalla Commissione europea e sostenuto dal Governo italiano, mira a mobilitare risorse pubbliche per rafforzare la base industriale della difesa, anche attraverso meccanismi straordinari di flessibilità di bilancio. Tale impostazione, se attuata su base nazionale e non nell’ambito di una governance comune, rischia di generare un modello di competizione fiscale e industriale che favorisce i Paesi con maggior capacità di spesa, sottraendo risorse a obiettivi strategici fondamentali per la tenuta sociale dell’unione e compromettendo lo sviluppo di una vera difesa comune europea, fondata su pianificazione condivisa, investimenti integrati e controllo democratico delle scelte strategiche;
in assenza di una chiara definizione delle modalità di finanziamento e dei meccanismi compensativi, tali orientamenti sia a livello internazionale, significative ricadute sulle risorse disponibili per sia a livello europeo, rischiano di determinare le politiche pubbliche essenziali, quali la sanità, l’istruzione e il welfare;
come confermato da fonti di Governo, l’Italia ha formalizzato la richiesta di accesso allo strumento europeo «Safe» (Security action for Europe), attivo dal mese di maggio 2025, trasmettendo nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2025 una lettera ufficiale alla Commissione europea. Il prestito Safe consentirebbe agli Stati membri di ottenere risorse a condizioni agevolate, con possibilità di rimborso fino a 45 anni, per finanziare acquisti militari congiunti di sistemi e attrezzature militari europei, a condizione che almeno il 65 per cento del valore sia costituito da produzione interna all’Unione, con modalità di adesione flessibile;
secondo quanto evidenziato nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) 2024, la spesa sanitaria pubblica nazionale è prevista in calo al 6,2 per cento del Pil nel 2025, un livello inferiore sia alla media dei Paesi Ocse sia alla soglia ritenuta necessaria da numerosi organismi indipendenti per assicurare l’erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza (Lea) sull’intero territorio nazionale. A tal proposito, numerose fonti istituzionali e tecnico-scientifiche hanno evidenziato le criticità sistemiche che affliggono il Servizio sanitario nazionale, segnalando un progressivo indebolimento della capacità di risposta pubblica ai bisogni di cura, un allungamento strutturale delle liste d’attesa e un ampliamento delle disuguaglianze territoriali nell’accesso ai servizi, con il rischio concreto di un’erosione della natura universalistica del sistema e di derive di privatizzazione strisciante;
analoghe preoccupazioni riguardano i comparti della spesa sociale e scolastica, già da tempo soggetti a misure di contenimento e razionalizzazione, in un quadro in cui si registra un incremento della povertà assoluta – in particolare tra i nuclei familiari con minori – e una crescente fragilità nei contesti urbani periferici. Tale scenario impone un approccio improntato alla massima responsabilità, alla coerenza degli obiettivi di spesa e alla salvaguardia degli interessi generali della collettività a protezione delle risorse destinate alla sanità, all’istruzione e al welfare, affinché non si comprometta la tutela dei diritti fondamentali e l’universalità del sistema;
il 27 luglio scorso, in Scozia, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente statunitense Donald Trump hanno siglato un accordo commerciale che prevede l’applicazione di un dazio unico del 15 per cento sulle esportazioni europee negli Stati Uniti, ferme le aliquote maggiori in vigore per alluminio, acciaio e automobili. L’Unione europea si è inoltre impegnata ad acquistare, oltre a prodotti energetici, armamenti statunitensi in «grandi quantità». In particolare, secondo le affermazioni di Trump, l’Unione europea avrebbe concordato acquisti per 750 miliardi di dollari in energia statunitense e investimenti diretti per 600 miliardi di dollari in tre anni;
in tale contesto sussiste il concreto rischio che il rafforzamento della spesa militare a livello nazionale e transatlantico si traduca in una dipendenza strutturale dalle industrie di armamenti statunitensi, con potenziali effetti negativi sul grado di autonomia strategica dell’unione europea, sul mercato interno e sul consolidamento di una base tecnologica e produttiva europea efficace,
impegna il Governo:
1) a garantire che l’incremento delle spese per la difesa non comporti in alcun modo la riduzione delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, dei sistemi di istruzione, ricerca e formazione, della protezione sociale e degli interventi di contrasto alla povertà, riconoscendo il carattere strutturale e prioritario di tali settori per la tenuta democratica e l’equità sociale del Paese;
2) ad accompagnare ogni aumento della spesa militare con il miglioramento e l’efficientamento della spesa sanitaria, anche al fine di abbattere le cosiddette liste d’attesa, nonché ad adottare il modello «un euro in spesa militare, un euro in cultura»;
3) in questo quadro, ad adottare, nell’ambito del prossimo disegno di legge di bilancio e degli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale, iniziative normative idonee a garantire un progressivo incremento del finanziamento del Fondo sanitario nazionale, finalizzato al pieno reintegro delle risorse sottratte al comparto sanitario pubblico nel corso degli ultimi esercizi e al rafforzamento strutturale della capacità del Servizio sanitario nazionale di assicurare l’erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza sull’intero territorio nazionale, nel rispetto del principio costituzionale di tutela della salute quale diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività (articolo 32 della Costituzione);
4) a escludere categoricamente il ricorso a misure fiscali aggiuntive – quali aumenti della pressione tributaria o contributiva – per finanziare l’incremento della spesa pubblica in materia di difesa, impegnandosi a individuare prioritariamente, nel rispetto dei principi di proporzionalità, trasparenza ed equità, misure di razionalizzazione, riallocazione e ottimizzazione delle risorse già iscritte a bilancio, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica e con gli obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea;
5) a promuovere un piano nazionale di rilancio e sostegno agli investimenti pubblici, in coerenza con gli obiettivi strategici dell’Unione europea, volto a rafforzare la competitività del sistema produttivo, la resilienza delle filiere industriali, l’incremento dell’occupazione qualificata, il diritto all’istruzione e l’innovazione nei servizi pubblici, garantendo che ogni incremento della spesa militare sia bilanciato da pari impegni a sostegno dello sviluppo economico e sociale in linea con i Trattati dell’Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e al fine di salvaguardare la sostenibilità e l’equità del modello socioeconomico nazionale ed europeo;
6) a favorire le sinergie industriali europee verso lo sviluppo di piattaforme militari comuni (aerei, navi, mezzi terrestri, satelliti) che consentano l’interoperabilità e riducano la dispersione e le attuali sovrapposizioni nelle produzioni degli Stati membri, con particolare attenzione alla valorizzazione dell’industria italiana, promuovendone il pieno coinvolgimento nei programmi comuni e favorendo il consolidamento delle sue capacità tecnologiche, produttive ed esportative, in particolare, in attesa della modifica dei trattati e dell’istituzione di un esercito comune, a promuovere iniziative che favoriscano l’integrazione dei modelli di acquisizione e concertazione degli asset strategici, mediante accordi di spesa comune tra gli Stati membri, così da rendere più efficiente e coordinata la programmazione degli investimenti anche sul piano tecnologico.
7) a farsi promotore, in sede europea, della costruzione progressiva di una difesa comune europea, improntata a principi di integrazione, pianificazione condivisa, controllo democratico e razionalizzazione delle risorse, superando l’attuale frammentazione dei sistemi difensivi nazionali, onde evitare duplicazioni di spesa e garantire l’autonomia strategica dell’unione in coerenza con l’articolo 42 del Trattato sull’Unione europea, contribuendo alla costruzione di un sistema difensivo europeo resiliente e autonomo, particolarmente solido di fronte a minacce crescenti e in un contesto che vede gli Usa sempre meno presenti;
8) a escludere, in ogni caso, il ricorso da parte dello Stato italiano all’utilizzo dei Fondi europei di coesione – ivi compresi quelli provenienti dal NextGenerationEU – per il finanziamento diretto o indiretto di spese in ambito militare e difensivo, assicurando il pieno rispetto della finalità originaria di tali fondi, destinati alla riduzione degli squilibri economici, sociali e territoriali tra le regioni italiane;
9) a definire un percorso graduale e sostenibile per l’incremento delle risorse destinate alla difesa, in linea con gli standard Nato e con l’obiettivo di raggiungere entro il 2035 un livello di spesa pari al 3,5 per cento del Pil, assicurando la trasparenza dei dati annuali relativi agli stanziamenti effettivi nonché promuovendo il pieno coinvolgimento dell’industria nazionale nei programmi europei e la valutazione strategica degli strumenti finanziari europei disponibili per la difesa;
10) a farsi promotore, in sede europea, dell’attivazione di strumenti di debito comune dell’unione europea – inclusi eurobond – finalizzati a sostenere in modo coordinato e mutualistico gli investimenti strategici in materia di sicurezza, difesa, infrastrutture critiche e resilienza dell’Unione, riconoscendone la maggiore sostenibilità in termini di condizioni di finanziamento e minore impatto sui bilanci nazionali, anche in considerazione dei differenziali di rischio sovrano tra gli Stati membri;
11) a trasmettere alle Camere, con cadenza semestrale, una relazione dettagliata sull’attuazione degli impegni assunti in ambito nazionale ed europeo in materia di sicurezza e difesa, contenente l’aggiornamento sugli stanziamenti e sugli investimenti effettivamente sostenuti, lo stato di avanzamento delle principali iniziative industriali e tecnologiche, i risultati ottenuti nei negoziati europei, nonché un’analisi periodica sul quadro della sicurezza nazionale ed europea, al fine di assicurare la piena trasparenza e il costante coinvolgimento del Parlamento nella definizione delle priorità strategiche;
12) a promuovere, in ogni sede negoziale e nell’attuazione degli impegni internazionali assunti, la piena autonomia strategica, industriale e tecnologica dell’unione europea nel settore della difesa, promuovendo una strategia industriale comune che valorizzi la capacità produttiva europea e garantisca il riequilibrio delle relazioni transatlantiche, evitando il rischio di una dipendenza strutturale da forniture esterne, in particolare nel comparto armamentistico, e tutelando la concorrenza leale nel mercato interno.
(1-00482) «Boschi, Gadda, Del Barba, Faraone, Bonifazi, Giachetti».