Senza manette è il libro autobiografico di Franco Califano che ha ispirato il film diretto da Alessandro Angelini dove Leo Gassmann interpreta il celebre cantautore romano. L’opera – e la pellicola – raccontano la vita del Califfo dagli esordi, fino al 1986, passando per l’arresto del 1984 e il rapporto con il malavitoso Francis Turatello.

Franco Califano nel 1980

1970 – Il primo arresto

 problemi giudiziari di Franco Califano iniziano nel 1970, proprio mentre la sua carriera di autore stava decollando. Dopo gli esordi nei fotoromanzi, le sue conoscenze nel mondo dello spettacolo lo portarono a collaborare con diversi artisti. I primi brani da lui scritti sono E la chiamano estate (1965) e la celebre La musica è finita, composta nel 1967 insieme a Nicola Salerno e musicata da Umberto Bindi per Ornella Vanoni. La rapida ascesa negli ambienti musicali lo porta, nel 1970, a firmare un contratto con la casa discografica CGD, grazie al quale pubblica il suo primo album, dal titolo ‘N bastardo venuto dar sud.

Nello stesso anno Califano viene arrestato per possesso di stupefacenti, in un caso che coinvolge anche Walter Chiari e Lelio Luttazzi. Il cantautore verrà assolto, ma da quel momento inizierà una lunga serie di guai giudiziari che lo accompagneranno per oltre vent’anni.

L’incontro e l’amicizia con Turatello

“A Milano conobbi Francis Turatello, il gangster. Ero stato in carcere e mi ero comportato da uomo, senza lacrime, senza rompe li cojoni e soprattutto senza fare la spia. Mi stimava per questo, e diventammo amici” – così racconta Califano in un’intervista a Mangialibri, parlando del suo primo incontro con Francis Turatello, da lui spesso definito un amico fraterno. Un legame testimoniato anche dalla presenza del figlio del malvivente, Eros, sulla copertina dell’album Tutto il resto è noia.

I due si conoscono proprio nel 1970, durante il primo arresto del Califfo. “Aveva il figlio appena nato, conobbi lui, la mamma e il figlio. Ebbi poche occasioni di coltivare questa amicizia perché lui è stato dentro, il più delle volte” – spiegò Califano durante il processo del 1984. “Io frequentavo molto la mamma, che chiamavo zia Luisa. Il figlio invece mi chiamava zio. Non l’ho tenuto a battesimo come si è detto, comunque se questo fosse vero io ne sarei anche orgoglioso. Amo i bambini, lo sanno tutti.”

Francis Turatello durante il processo per sequestri di persona (1977)

Il 25 ottobre 1977, al carcere di Cuneo, Califano si presenta come testimone di nozze al matrimonio dietro le sbarre tra Turatello e la commessa milanese Maria Marzulli. Ma un colpo di scena rovina la cerimonia: un telegramma del Ministero di Grazia e Giustizia, arrivato quella mattina, vieta l’accesso a chi non fosse parente stretto degli sposi. Califano protesta furiosamente, ma invano: resta fuori, insieme a Umberto Bossi, un camion di fiori, amici e giornalisti. L’episodio è raccontato da Massimiliano Cavallo nel libro Un sindaco e i mille volti di una città, dedicato all’esperienza da primo cittadino di Cuneo di Guido Bonino, che in quell’occasione officiò il matrimonio civile.

1984 – Il secondo arresto

Nel 1984 Franco Califano viene arrestato per la seconda volta. L’accusa è pesante: associazione a delinquere di stampo camorristico e traffico di stupefacenti, nell’ambito di un maxi-blitz contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e Francis Turatello. In quell’operazione viene coinvolto anche il conduttore Enzo Tortora. Le accuse si basano sulle dichiarazioni dei pentiti Giovanni Melluso e Pasquale D’Amico. Califano e Tortora verranno poi assolti con formula piena perché “il fatto non sussisteva”. Sarà lo stesso Melluso ad ammettere che le sue accuse erano false, costruite per incastrare personaggi noti dell’epoca.

Devo chiedergli perdono, perché oltre a essere innocente, è stato al mio fianco in serate indimenticabili alle quali partecipava il boss Francis Turatello. Califano è padrino di battesimo di suo figlio. Consumava cocaina, amava fare la bella vita e si circondava di donne, ma non è mai stato uno spacciatore: soltanto un grande artista che la camorra mi aveva chiesto di screditare” – rivelerà Melluso in un’intervista a L’Espresso.