Report di Simone Vavalà
Fotografie di Benedetta Gaiani

Ah, l’estate! Musica rilassante, cocktail con l’ombrellino, camicie hawaiane e zanzare… ecco, almeno un paio di punti sono stati rispettati, questa sera, in quel del Magnolia – e a dirla tutta non ci siamo informati in merito all’offerta di cocktail. Quel che è certo è che, caldo o meno, non manca mai un pubblico fedele ai concerti dei Melvins, pronto a farsi spazzare via la faccia dal loro magma sonoro.
Quest’occasione è particolarmente ghiotta, con gli eterni amici Redd Kross a calcare di nuovo un palco italiano a ben otto anni dall’ultima esibizione, e con una formula ‘al risparmio’ che a questa combo perdoniamo di buon grado: Steve McDonald e Dale Crover sono infatti pronti a esibirsi con entrambe le band, alla faccia del caldo – peraltro sopportabile, per fortuna.
Buttate quindi i vostri margarita, prendete una birra e seguiteci sotto palco. 

Il palco scelto per questa sera è, come prevedibile, quello più piccolo e forse meglio così: il pubblico è abbondante, ma senza arrivare a rendere invivibile la serata, e l’impatto garantito è sicuramente meno dispersivo rispetto all’arena principale del Magnolia.
I REDD KROSS salgono sul palco puntuali come svizzeri alle 20, agghindati come i Beatles del periodo indiano, con eleganti pantaloni bianchi e sgargianti camicie decorate. Che i Quattro di Liverpool siano un faro per i fratelli McDonald (chitarra, basso e voci, per i più distratti) non ci sono dubbi, e la scaletta di questa sera lo conferma; forse non sono mai riusciti a scrivere l’hit definitiva, adatta a lanciarli nell’empireo delle classifiche mondiali, ma pezzi come la recente “Emanuelle Insane”, “Lady In The Front Row” o l’acclamata “Jimmy’s Fantasy” testimoniano di una band che sa scrivere brani catchy e stuzzicanti, in costante equilibrio tra bubblegum rock, pop di classe, pulsioni garage e un pizzico di psichedelia.
Jeff e Steve tengono il palco in modo eccellente, con sorrisi e siparietti ben dosati, ben accompagnati dalla granitica batteria di Crover (l’intersezione tra le due band dura ormai da oltre un decennio) e dall’efficace Shapiro al basso.
Non manca, ovviamente, un pensiero a Ozzy, cui dedicano “It Won’t Be Long”: sì, proprio una cover dei Beatles, di cui ricordano che anche il Madman era grandissimo fan. Lennon e McCartney ricompaiono anche sul finale, allorché la loro classica “Linda Blair” viene inframezzata dalle acide distorsioni di “I Want You (She’s So Heavy)”. Inutile negarlo: tutto quello che amiamo ascoltare viene dai Beatles e dai Black Sabbath, e i Redd Kross si confermano ottimi rappresentanti di questo spirito.

Setlist Redd Kross:
Huge Wonder
Stay Away From Downtown
Stunt Queen
What’s In It For You?
Uglier
Lady In The Front Row
Candy Coloured Catastrophe
I’ll Take Your Word For It
Emanuelle Insane
Annie’s Gone
It Won’t Be Long
Crazy World
Jimmy’s Fantasy
Linda Blair / I Want You (She’s So Heavy)

Il tempo di un cambio abito per Steve, che per il secondo set opta per un completo bianco ricoperto di occhi giganti, una più comoda t-shirt per Dale Crover, l’aggiunta di una seconda batteria per non farsi mancare nulla – dietro cui prende posto Coady Willis, vecchia conoscenza da queste parti, ma anche batterista degli High On Fire – e ci siamo; manca solo King Buzzo, che arriva attraversando serenamente il cortile del locale, vestito di un caftano nero che, oltre ad essere l’esatta contrapposizione grafica del completo di McDonald, lo fa sembrare una sorta di Aleister Crowley dotato di (troppi) capelli.
Cosa si può dire di nuovo di un concerto dei MELVINS? I cambi di formazione, e il numero stesso di persone che si possono trovare su un palco sono una sorpresa talmente continua da non far più clamore, così come – e pensate quanto è raro, per una band in giro da più di quarant’anni – non ci si aspetta alcun brano in particolare: ciò che conta è l’impatto, e anche stasera non si resta delusi. Dicevamo prima delle stelle polari del rock moderno, ma se si guarda all’underground, è innegabile come anche Buzz Osborne abbia ridefinito il modo di suonare e comporre per decine, o centinaia di band: niente Nirvana, Sleep o i già citati High On Fire, probabilmente, se nel 1983 questo taciturno pazzoide non avesse accordato la sua chitarra in maniera impropria, inventando nuove tonalità e ritmiche asfissianti. Non bastasse l’impatto sonico della sei corde, due batterie in sincrono facilitano ulteriormente la caccia all’acufene, oltre a essere molto scenografiche in termini di show. Personalmente, poi, siamo grandi ammiratori di McDonald al basso che, pur garantendo bordate possenti, aggiunge un tocco gigione e fricchettone che apprezziamo molto.
Dicevamo che non servono scelte particolari di scaletta per godere di un loro concerto, comunque si nota come ben metà dei pezzi sia databile ad oltre trent’anni fa, con numerosi estratti da “Stoner Witch”, “Eggnog”, “Bullhead” e, ovviamente, l’indiscusso successo di “Houdini”; tra quelli più o meno devastanti, sempre equilibrati da avvolgenti trame di oscura e fumosa psichedelia ‘made in Melvins’, spiccano sicuramente “A History Of Bad Men”, non a caso risalente al periodo delle due batterie anche in studio, “Honey Bucket” e la conclusiva “Night Goat”: un perfetto commiato a base di tuonante distorsione, con un riff che ci fa sempre chiedere perché i Melvins siano ancora, ‘semplicemente’, una band di culto.

Setlist Melvins:
Working The Ditch
The Bloated Pope
Never Say You’re Sorry
Evil New War God
It’s Shoved
Billy Fish
A History Of Bad Men
Blood Witch
Hag Me
Hog Leg
Honey Bucket
Revolve
Your Blessened
Night Goat

REDD KROSS

MELVINS