Report di Dario Onofrio
Fotografie di Benedetta Gaiani

Agosto è quel mese dove mezza Italia si ferma e il tempo sembra inevitabilmente scorrere più lento. Forse anche per questo ‘rallentamento’, è inevitabile, come succede ormai da qualche anno, che per chi è in procinto di partire per il Brutal Assault o il Frantic Fest, l’ultimo appuntamento del Nord Italia sia il Magnolia Stone, organizzato da Hardstaff Booking.
Dopo la sfortunata esperienza dello scorso anno, che ha visto all’ultimo momento cancellato il concerto dei The Obsessed, stavolta ci siamo trovati di fronte un bill monumentale (come il poster curato da SoloMacello): in apertura i veterani The Atomic Bitchwax, per poi passare alle ‘giovani’ leve Ananda Mida, andare nello spazio con gli Earthless, ridiscendere in panorami sabbiosi con King Buffalo e, infine, cadere in un vortice di fuzz con gli inossidabili Fu Manchu, fra i creatori del ‘sound del deserto’.
Una serata assolutamente imperdibile per gli amanti delle sonorità fumose, psichedeliche e distorte, che ha infatti richiamato un bel pubblico, pronto a godersi cinque ore di concerti immerso nel verde del parco del Circolo Magnolia, che si riconferma essere una delle location più interessanti per questo tipo di eventi, complici anche prezzi di birra e cibo abbordabili, molti punti di relax all’ombra e un distributore d’acqua potabile gratuita. A voi il resoconto di come è andata.

Arriviamo appena in tempo per sentir iniziare a suonare i THE ATOMIC BITCHWAX, una formazione che non ha bisogno di grandi presentazioni per chi è avvezzo a queste sonorità, grazie all’instancabile power trio Kosnik/Pantella/Sweeny, rispettivamente basso e voce, batteria e chitarra.
Davanti a un pubblico che ha bisogno di essere scaldato, viste le temperature miti che hanno investito la Lombardia in questi giorni, i nostri tirano fuori tutta la loro grinta sin dall’iniziale “Force Field”, con Kosnik che continua a dialogare con il pubblico presente e a scherzare sulla sua militanza ormai ventennale nella formazione. Con una scaletta di tre quarti d’ora, l’unica cosa che ci è dispiaciuta è l’assenza totale di brani dall’ultimo e ottimo “Scorpio”, anche se non manca certo la grinta quando partono le bordate di “Hope You Die” e “Forty-Five”, dalle prime prove discografiche della band.
Il rock’n roll agli ottani trova il suo compimento nella finale “Shitkicker”, dedicata agli amici Earthless che suoneranno dopo: ci si chiede se, forse, non era il caso di far suonare di più il trio del New Jersey (magari in una posizione diversa nella scaletta), ma va bene anche così.

Dopo un brevissimo cambio palco, tocca agli ANANDA MIDA esibirsi di fronte a un Magnolia che comincia ad essere sempre più pieno.
Il gruppo ci trasporta subito in territori più psichedelici, dilatati: la formazione, che vede alla batteria, Max Ear della Go Down Records, mastermind del progetto, dimostra comunque un grande attaccamento anche a sonorità più rock’n’roll qua e là, andando a pescare principalmente la scaletta da “Cathodnatius” e “Anodnatius”, mentre veniamo ipnotizzati dalla presenza di Conny Ochs alla voce, un frontman di tutto rispetto che si muove vocalmente – e fisicamente – a metà strada fra un Chris Cornell e un Robert Plant.
Brani come “The Pilot” scivolano sinuosamente in bilico fra una lunga autostrada statunitense illuminata dalle stelle e una vena più grintosa, risultando risultare catchy e intense allo stesso tempo.
La chiusura è affidata alla combo di “Heropas”, più sostenuta, e alla più lenta e languida “Anulios”, carica di una atmosfera trasognante che ben anticipa il gruppo che sta per salire sul palco.

Tocca infatti ora ai pezzi veramente grossi: gli EARTHLESS sono riusciti, nel corso della loro carriera, a diventare una vera e propria band di culto anche grazie alla loro attitudine a creare dischi densi come il magma, composti da canzoni lunghissime, ma non per questo noiose.
Appena iniziano le note di “Uluru Rock”, dall’intramontabile “From The Ages”, sotto il palco si raduna la maggior parte dei presenti venuta a rendere omaggio alla band di San Diego.
Quasi un’ora di live per soli tre pezzi, inclusa la bellissima “Death To The Red Sun”: se ciò può far storcere il naso a qualcuno dei presenti, manda in visibilio invece altri, che si fanno guidare dalla chitarra di Isaiah Mitchell come fossero i topi del pifferaio magico, mentre Mike Eginton al basso, sempre girato verso i suoi colleghi, e Mario Rubacalba alla batteria, costruiscono l’ordito sul quale la trama dei riff e delle distorsioni, rigorosamente con testate e spie analogiche, prendono forma.
I live degli Earthless sono così: ipnotici per alcuni, troppo allungati per altri (la band ha dovuto addirittura accorciare l’ultimo brano!), ma è innegabile che questa formazione sia in grado di creare una atmosfera che poche altre possono solo permettersi di sognare.

In tutta questa line-up fa quasi impressione pensare che i KING BUFFALO, insieme agli Ananda Mida, rappresentino le nuove leve del genere. Nato nel 2013 a Rochester, il trio, che combina influenze space con una buona spolverata di sintetizzatore, è riuscito negli anni a costruirsi una solida reputazione basata su amore per band come 35007 e quell’attenzione elettronica che alla lontana può ricordare le ultime prove in studio degli Elder.
Reduci da un concerto immortalato su CD al Burning Man del 2025, la formazione ci regala un set di tutto rispetto a cominciare dalla rockeggiante “Hours” dall’ultimo album in studio “Regenerator”.
La bravura del trio sta anche nella scelta di una scaletta che si muove fra momenti più Hawkwind, come in “Longing To Be The Mountain”, a derive quasi più fantasy-progressive come in “Balrog”, dall’omonimo EP del 2024.
Il concerto è come una boccata di aria fresca dopo giorni di afa bollente, davvero intrigante, in grado di riconfermare la band come una di quelle formazioni nuove da tenere d’occhio anche nel nostro ambiente: la chiusura è affidata alla spaziale “Cerberus” (dall’ottimo “Acheron” del 2021), con le sue chitarre fuzz che ci ricordano chi sta per salire sul palco.

Addirittura prima del tempo d’inizio previsto, fanno il loro ingresso al Magnolia Stone i FU MANCHU, capitanati dal veterano Scott Hill e dalla sua chitarra trasparente.
La prima doppietta fa già scatenare i presenti: “Pigeon Toe” irrompe con tutta la sua carica di distorsione, dal disco di culto “Eatin’ Dust”, seguita a ruota da “Evil Eye”, capace di accendere gli astanti come un fiammifero.
Da qui in poi, è un concerto tutto dritto come una palla di cannone sparata: dalla più recente “Loch Nes Wrecking Machine” alla fantastica “Laserbl’ast”, Hill e soci ci regalano un live senza nemmeno una pausa per riprendere fiato fra un pezzo e l’altro, salvo fatto qualche momento per mettere a posto accordatura e batteria. Complice anche una scaletta che va a pescare principalmente da “King Of The Road” e dall’ultimo “The Return Of Tomorrow”, è difficile incappare in qualche momento morto o poco esaltante, mentre Bob Balch macina assoli e Brad Davis ci assorda col suo basso monolitico.
Forse, ci è solo sembrato che Hill facesse un po’ di fatica dopo qualche pezzo, visto che gli anni passano anche per un musicista come lui, ma quando partono bordate come “Eatin’ Dust” e “Superbird” è davvero difficile non farsi prendere dalla smania di fare casino, sospinti dal fuzz che regna sovrano dagli amplificatori.
Una band che quindi tiene botta nonostante passino inesorabilmente gli anni, dimostrando anche di saper riempire un posto come il parco del Magnolia (nonostante l’età media più vicina agli over che agli under trenta).
La chiusura è affidata a “Saturn III”, da “The Action is Go”, che ci congeda da questa spettacolare edizione del Magnolia Stone: peccato solo non ci sia stato il tempo di suonare anche “Boogie Van”, uno dei più grandi classici delle scalette della band, poco male, a fronte di quanto goduto con occhi e orecchie.
Non vediamo quindi l’ora di sapere cosa organizzeranno per il prossimo anno gli organizzatori del Magnolia Stone: per quest’anno, tutti promossi col massimo dei voti.

Fu Manchu setlist:
Pigeon Toe
Evil Eye
Loch Ness Wrecking Machine
Hell on Wheels
Regal Begal
Laserbl’ast
Hands of the Zodiac
California Crossing
Eatin Dust
Roads of the Lowly
Superbird
Clone of the Universe
Mongoose
Liquify
King of the Road
Weird Beard
Saturn III

THE ATOMICH BITCHWAX

ANANDA MIDA

EARTHLESS

KING BUFFALO

FU MANCHU