L’estate di Patty Pravo: «Oggi qui, domani là», sorride, dall’altra parte del telefono, l’artista veneziana. Si autocita (il riferimento è al lato b del 45 giri Sto con te/Qui e là, datato 1967, diventato però più popolare del pezzo che era sulla facciata principale), come ogni diva che si rispetti. Elusiva, enigmatica, affascinante, l’eterna ragazza del Piper sembra un personaggio mitologico e leggendario. Proprio come il suo nome d’arte, «venuto fuori una sera, dopo un concerto, mentre mangiavo un piatto di spaghetti con ragazze inglesi che si chiamavano tutte Patty. Io mi sono messa a parlare di Dante, dell’Inferno e delle anime prave e così». Così Nicoletta Strambelli è diventata Patty Pravo, un marchio che vale qualcosa come 110 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, un terzo dei quali solo con La bambola. A 77 anni gira come una trottola in tutta Italia con il tour Ho provato tutto, intitolato come il singolo uscito in primavera con il quale ha raccontato di «aver provato l’Lsd», di aver «fatto le orge» (lei che ha avuto cinque mariti: Gordon Faggetter, Franco Baldieri, Jack Johnson, Paul Martinez e Riccardo Fogli) e di avere «inventato il rock». Da Porretta Terme, a Bologna, dove si esibirà questa sera, domani si rimetterà in viaggio per tornare nella sua Roma, dove vive, per il concerto in programma giovedì in piazza a Civitavecchia. Le passa il telefono l’inseparabile assistente e compagno di vita («Esistono vari tipi di amore») Simone Folco, più giovane di lei di quarantatré anni.
Ha provato proprio tutto, Patty?
«Tutto. Anzi, una cosa no. La cocaina. Non mi è mai piaciuto l’uso che se ne fa, di quella sostanza. E non mi piacciono nemmeno le persone che la usano».
D’accordo, ma sostanze a parte?
«In questo momento non mi viene in mente niente. Forse avrei vouto fare qualche viaggio in più. Ma sono sempre in tour (la serie di concerti è partita a giugno andrà avanti fino a settembre inoltrato, ndr)».
Una Pazza idea non ce l’ha?
«Speriamo ne arrivi un’altra».
Cosa le fa provare un brivido, oggi?
«Cantare per il mio pubblico: l’altra sera a Livorno c’erano 30 mila persone. In scaletta ripercorro tutta la mia carriera: ci sono Ragazzo triste, Qui e là, Il paradiso, La bambola, Morire tra le viole, Cieli immensi, Tutt’al più, Pensiero stupendo, Pazza idea, quella E dimmi che non vuoi morire scritta per me nel 1997 da Vasco Rossi e Gaetano Curreri, un abito cucito su misura. Sono fiera di avere un repertorio così, che ha resistito alle mode e al tempo».
È vero che durante i concerti omaggia anche Gabriella Ferri?
«Sì. Canto la sua Sempre. È stata una mia grande amica. Siccome la ricordano in pochi, lo faccio io».
“Perché non canto più? Perché m’avete rotto”, rispondeva Ferri a chi le chiedeva che fine avesse fatto, dopo che aveva deciso di rompere con discografia e televisione. Come mai non se ne parla abbastanza, secondo lei?
«Non me lo spiego, tesoro mio. Questo è un mondo strano, in cui i veri artisti vengono dimenticati».
Dall’alto della sua storia, come vede la musica italiana di oggi?
«Cerco di circondarmi di miei simili. Come i Baustelle. Ha presente, no?».
Certo.
«Ho provato tutto l’ha scritta il frontman del gruppo toscano, Francesco Bianconi. Ha fatto un ritratto perfetto della mia vita, dei miei incontri, delle mie avventure e del mio pensiero».
È praticamente un film della sua vita: le piacerebbe se un regista gliene dedicasse uno, oggi che i film biografici sulle rockstar trionfano al cinema?
«Piuttosto che vederlo fatto male, preferisco non vederlo per niente. E poi dove la trovano una in grado di interpretarmi?».
Viola Valentino parlando di Elodie ha detto che “non c’è bisogno di togliersi le mutande”. La pensa allo stesso modo?
«Ma per carità. Valentino che cosa vuole dalla vita? Non capisco perché dica delle cose del genere. Elodie è una professionista, canta bene e fa il suo: lasciamo stare».
L’anno prossimo festeggerà il sessantennale di carriera: era il 1966 quando uscì “Ragazzo triste”. Come le piacerebbe festeggiare?
«Ne stiamo parlando con il mio entourage. Ci saranno delle sorprese».
Magari un concerto al Piper di via Tagliamento, dove tutto cominciò?
«No. Non è più il Piper di una volta. Quando giro per Roma evito pure di passarci davanti: mi intristisco».
A Sanremo ha detto che non ci andrà più. Neppure per ritirare un premio alla carriera?
«Me l’hanno già dato (in realtà non è così: ha vinto nel 2016 il Premio della Critica. Ma guai a contraddire una diva, ndr)».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il punto serale sulle notizie del giorno
Iscriviti e ricevi le notizie via email