La campionessa di salto in alto realizzò il primato del mondo: “Senza tv ho rivisto il mio record 30 anni dopo. Lo sport femminile oggi è valorizzato”


Andrea Buongiovanni

Giornalista

5 agosto – 07:45 – MILANO

Semplice, ironica, diretta: passa il tempo, ma Sara Simeoni – nel 2014 scelta dal Coni quale miglior atleta italiana dei suoi primi cento anni di vita insieme ad Alberto Tomba – resta fedele a se stessa. Non cambia. Il tempo, grazie a lei, si è fermato.

Sara sta vivendo il consueto agosto di vacanze in camper?

“Non quest’anno: ho avuto qualche problemino di salute, ora risolto. E in più, dopo alcune esperienze negative del passato, insieme a mio marito Erminio (Azzaro, anche suo ex allenatore, ndr) abbiamo deciso di cambiare periodo. Meglio la fine primavera o l’inizio autunno: le temperature sono più consone, in giro c’è meno gente e più spazi a disposizione”.

Come trascorre questo periodo, allora?

“Mi godo le mie zone, quelle intorno a Rivoli Veronese. Pedaliamo sulle ciclabili o passeggiamo, anche lungo le rive del Lago di Garda”.

“Coccolo Lapo e Camillo, i miei gattoni. Sono fratelli: erano stati buttati in un cassonetto, sono stati recuperati e ora sono con me da un paio d’anni. Non potevo separarli… Vivono in libertà, vanno e vengono, ma sono comunque impegnativi”.

“Mi piace ancora preparargli la colazione, insieme a quella per me e per mio marito. Ma poi, durante la giornata, lo vedo molto raramente”.

“Faccio le parole crociate, leggo e seguo in tv i film gialli e qualche fiction. Anche lo sport, ma non quanto Erminio. È maniacale: non perde niente”.

C’è qualche impresa che l’ha coinvolta più di altre, di recente?

“L’oro ai Mondiali di Singapore di Chiara Pellacani e Matteo Santoro nei tuffi sincronizzati da tre metri: quei due ragazzi mi hanno entusiasmato”.

Chi è invece l’atleta che oggi più ammira?

“Troppo facile: Jannik Sinner. Non ho mai seguito il tennis. Ma con lui è impossibile non farlo. Non perdo una partita. Né sua, né degli altri giocatori italiani. Sono un bel gruppo, hanno un’immagine positiva: si comportano bene anche fuori dal campo”.

“Sono contenta che ci sia stato un ritorno ai vertici così prepotente. E che i protagonisti su cui puntare siano tanti. I molti giovani, da Mattia Furlani a Larissa Iapichino, sono una garanzia per il futuro. E poi, pensando al mio salto in alto, non posso non citare Matteo Sioli: 2.30 a 19 anni non è da poco”.

Proprio ieri è caduto il 47° anniversario del suo record del mondo: a Brescia, sulla pedana del campo scuola di via Morosini, volò a 2.01: la misura, oltre simbolicamente a tanto altro, sarebbe valsa il record italiano per 29 anni…

“Ho avuto a disposizione le immagini di quell’impresa solo trent’anni dopo, grazie a un appassionato trentino che riprese il salto dalle tribune. Ma se ogni dodici mesi non ci fosse qualcuno a ricordarmelo, correrei il rischio di dimenticarlo… Come per il 26 luglio, la data dell’oro ai Giochi di Mosca 1980”.

Cosa le chiede la gente, quando la incontra?

“La domanda che più spesso mi viene rivolta è: ‘Cosa si prova a vincere l’Olimpiade?’. E io rispondo: ‘Una gioia immensa, che però non matura dal mattino alla sera. Per viverla servono tanta dedizione e tanta pazienza’…”.

Rispetto ad allora, lo sport al femminile è tutt’altra cosa…

“Per fortuna: non posso che essere felice, ma in senso buono anche un po’ invidiosa. Ai miei tempi l’attività femminile era considerata alla stregua di un passatempo e i nostri risultati venivano poco valorizzati. Giusto il trionfo di Mosca servì a invertire parzialmente la tendenza”.

“Oggi, finalmente, anche per le ragazze che si mettono in luce, che tengono alta la bandiera del Paese, fioccano inviti e riconoscimenti. Ed è giusto così: le opportunità devono essere uguali per uomini e donne. Nello sport e in ogni ambito professionale. I risultati non hanno genere”.

Apprezza il fatto che la partecipazione alle Olimpiadi è ormai equamente divisa tra generi?

“Fino a un certo punto. Da un lato è una bella conquista, dall’altro mi pare una forzatura. Come del resto, allargando il discorso, le quote rosa. Se uno vale, vale e merita a prescindere, uomo o donna che sia”.

A proposito di cinque cerchi: Milano Cortina, nel febbraio-marzo prossimi, lambirà anche le sue terre…

“Verona, all’Arena, ospiterà la cerimonia di chiusura dell’Olimpiade e quella di apertura della Paralimpiade. Seguirò tutto, garantito. A Torino 2006, coinvolta da uno sponsor, feci da tutor a un gruppo di giovani. Fu meraviglioso. Dallo sci a quei matti dello snowboard, dal salto al freestyle, dal pattinaggio di figura a quello di velocità, feci una scorpacciata. Rimasi un po’ delusa solo dal bob: dal vivo si riesce a vedere pochissimo. Meglio seguirlo in tv”.

Con i Giochi di Tokyo 2021 e il programma Rai “Il circolo degli anelli” è tornata agli onori delle cronache: si aspettava un tale successo?

“Sono sempre stata me stessa, spontanea. Evidentemente sono piaciuta. Di certo mi sono divertita molto. Ogni tanto sento ancora la conduttrice Alessandra De Stefano, che adesso vive a lavora a Parigi: abbiamo legato bene”.

Sulla scia di tanta popolarità, ha anche dato alle stampe la biografia “Una vita in alto”: che Italia ha trovato andando in giro a presentarla?

“Un’Italia molto appassionata e che, nonostante dalle stagioni migliori della mia carriera sia passato tanto tempo, ben si ricorda di quel che ho fatto”.