Quale è stato il suo messaggio ‘alternativo’?

“Nella società della tecnica,dove gli strumenti sono ormai i veri protagonisti, siamo abituati a considerare tutto sotto il profilo dell’utile.  In realtà ciò che è utile non è, per definizione, importante, proprio perché finalizzato a qualcos’altro e non valido di per sé.  La Gioconda, come ogni grande opera d’arte, non serve a niente.  Ma anche un essere umano non può essere ridotto solo ai servizi che possiamo ricavarne. Ciò ha una ricaduta esistenziale molto forte. Se cerchiamo qualcosa perché utile a qualcos’altro, e questo qualcos’altro in funzione di altro ancora, e così via, senza che ci sia nulla che vale di per sé, che senso avrebbe tutto questo?

La filosofia di Tommaso mette in primo piano, insieme all’essere, la verità, il bene e il bello.  Ciò che è importante e per cui vale la pena di vivere. Ma, se si adottasse questa prospettiva, il primato del profitto, il consumismo selvaggio,  la riduzione delle persone ad ingranaggi della macchina sociale, si rivelerebbero per quello che sono: perversioni che, invece di renderci felici, sottopongono la nostra esistenza al continuo stress di una corsa senza meta”.

Ricerca intellettuale e ricerca spirituale: quale nesso esiste?

“Tommaso ha innanzi tutto testimoniato nella sua persona che un’autentica vita intellettuale deve radicarsi in una profonda esperienza spirituale  di amore per il vero, per il bene, per il bello.  Altrimenti c’è il rischio  del narcisismo e della  rincorsa al consenso, a cui tanti intellettuali del nostro tempo sono purtroppo esposti”.

 Quindi lo stupore apre alla verità?

“Nella cultura contemporanea è frequente sentir ripetere che la verità non esiste, perché ognuno ha la sua.  E si pretende di fondare su questo la reciproca tolleranza e il dialogo.  Ma se davvero fosse così, non avrebbero più senso la ricerca (per definizione rivolta a cercare ciò che non si ha) e il confronto con gli altri, perché ognuno dovrebbe già essere pago della verità che possiede e che nessuno, in nome della propria, avrebbe il diritto di criticare. Lo stupore dell’essere implica la consapevolezza che la verità supera le nostre soggettive opinioni e che queste vanno sempre rimesse in discussione”.

Allora in quale modo l’Aquinate riesce a ‘tenere insieme’ fede e ragione?

“Spesso si sente affermare che chi ha fede non è più libero di fare una ricerca razionale obiettiva. Se per ‘obiettivo’ si intende privo di condizionamenti, ciò sarebbe assolutamente vero. Solo che allora nessuno potrebbe essere ‘obiettivo’, perché non esiste essere umano che possa guardare alla realtà senza risentire del contesto esistenziale, spirituale, culturale in cui si trova e dalle intuizioni che lo guidano nella stessa ricerca. L’ermeneutica oggi ha evidenziato che non esiste ‘uno sguardo da nessun luogo’. Per Tommaso la fede è il ‘luogo’ da cui  parte, ma elaborando, a partire da essa, un discorso rigorosamente razionale  che pretende di essere oggettivo e di valere, perciò, anche per il non credente”.    

  Perché ancora oggi si studia il suo pensiero?

“Nel campo del pensiero, alcune scoperte del passato possono essere attualissime, proprio nella loro apparente inattualità, perché ci rimettono in discussione. La filosofia di Tommaso, vissuto ottocento anni fa, non è, evidentemente, un punto d’arrivo, ma di partenza. Egli, che fu un rivoluzionario, rispetto alle certezze consolidate del suo tempi, può insegnarci  ad esserlo anche noi nel nostro”.

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