Piano di rientro dal deficit sanitario: fumata nera ieri a Roma per la Campania, al tavolo interministeriale di monitoraggio a cui ha partecipato anche il governatore Vincenzo De Luca insieme all’assessore al Bilancio Ettore Cinque e al direttore del dipartimento Salute Antonio Postiglione. All’ok del ministero dell’Economia, che ha riconosciuto i progressi fatti sul piano dei conti in rosso (in pareggio dal 2013) è giunto il semaforo rosso vincolante del ministero della Salute che ha eccepito sul mancato raggiungimento di due parametri: il numero di posti letto delle Rsa, le residenze per anziani, insufficiente rispetto alla soglia. Gli screening oncologici notoriamente insufficienti. 

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I ricorsi in vista

Non è esclusa l’ipotesi di un ricorso alla carta bollata, valutata in queste ore da Palazzo Santa Lucia. De Luca ha manifestato tutta la sua insoddisfazione a una delegazione di sindaci del Golfo di Policastro presenti a Roma, riferendo di un confronto difficile con i ministeri competenti e definendo «incomprensibile» la mancata approvazione dell’uscita della Campania dal piano di rientro sanitario alla luce dei dati presentati e «inaccettabile e pretestuosa» la posizione del governo. Solo alcuni giorni fa De Luca aveva ricordato che tante altre regioni, «come Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Toscana, chiudono in passivo ma per loro non sono previste restrizioni o Piani di rientro».

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E martedì scorso il governatore aveva avuto un acceso confronto alla Vanvitelli, alla presentazione della prima terapia genica al mondo che ha restituito la vista a un paziente con retinite su Usher, con Maria Rosaria Campitiello capo Dipartimento prevenzione del ministero delle Salute. Ora il pollice in giù del dicastero guidato da Orazio Schillaci che impedisce alla Campania di uscire dal lungo purgatorio che si trascina dal 2019 (anno in cui è stato superato il periodo commissariale che viene letto come un paletto meramente politico in vista delle regionali del prossimo autunno. 

I camici bianchi 

Restano in piedi i vincoli di spesa e la perdurante impossibilità di assumere personale oltre i limiti della dotazione del 2004 a cui sottrarre una percentuale dell’1,4%. Una delusione che scuote il mondo dei camici bianchi. Il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli Bruno Zuccarelli aveva provato, alla vigila del vertice, a far sentire la voce della base: «A quasi sei anni dalla formale uscita dal commissariamento cittadini e operatori avrebbero meritavano un esito differente – sottolinea il leader dei medici e odontoiatri napoletani – e invece la Sanità campana resta ancora prigioniera di una paralisi che ostacola l’impiego pieno e legittimo delle risorse». «Dal 2019 – aggiunge – la Campania ha raggiunto gli obiettivi per uscire dal commissariamento e poi anche quelli previsti nei settori ospedaliero, distrettuale e della prevenzione. Siamo in pareggio di bilancio da oltre 12 anni. Questa decisione è una mortificazione per tutti i camici bianchi che da anni, ogni giorno, fanno i conti con sacrificio e dedizione ai limiti imposti alla programmazione controllata».

«La mancata uscita della sanità campana dal piano di rientro – aggiunge Teresa Rea, presidente dell’Ordine degli infermieri di Napoli – è grave e tiene la regione sempre più lontana dagli standard europei per mancanza di fondi adeguati, di personale e di strutture indispensabili per una sanità all’altezza delle sfide dell’innovazione. A pagare sono soprattutto i cittadini ma anche gli infermieri campani già sovraccaricati». «Se gli standard economici richiesti sono stati raggiunti e se il punteggio dei Lea è sufficiente resta la sensazione di precarietà in cui viene consegnato il governo della Salute in Campania – dichiara Franco Ascolese presidente dell’Ordine interprovinciale di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta delle 18 professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e prevenzione – questo ritardo peggiora i servizi e toglie serenità agli operatori».

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Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Valeria Ciarambino, Vicepresidente del Consiglio regionale e componente del Gruppo Misto: «Mantenere la nostra sanità in piano di rientro significa continuare a limitare le assunzioni dei 15mila medici e infermieri che mancano e impedire che la Regione possa investire risorse proprie per finanziare prestazioni sanitarie ulteriori». Di tenore diametralmente opposto il parere dei consiglieri di opposizione che considerano insufficiente il governo della salute in Campania. Defilati infine i sindacati della dirigenza medica.