Nella villa di Bagheria, a Palermo, dove la notte tra il 1 e il 2 agosto si è tenuta la festa di laurea in cui è morta Simona Cinà, “sono stati sequestrate bottiglie di alcolici”. E’ la ricostruzione della Procura di Termini Imerese sulla morte della giovane pallovolista di Capaci, che smentisce la versione della famiglia e del suo legale. Secondo i pm inoltre, appena i ragazzi si sono accorti del corpo della ventenne “esanime sul fondo della piscina, in un angolo distante e poco illuminato”, in “almeno due si sono tuffati” nel tentativo di prestarle soccorso. Tutti i ragazzi sentiti come finora testimoni, aggiunge ancora la Procura, “hanno avuto un comportamento collaborativo”.
La famiglia replica: “Piena fiducia”
“La famiglia ha piena fiducia nell’operato della Procura di Termini Imerese e dei carabinieri per quello che è stato fatto sin qui nel rispetto dell’attività investigativa in corso”. Lo dicono gli avvocati Gabriele Giambrone e Davide Carnese, che assistono la famiglia di Simona Cinà. “La loro posizione resta una e una soltanto: desiderano sapere la verità su come è morta Simona – aggiungono i legali -. Non cercano un colpevole o la prova che necessariamente sia avvenuto qualcosa di anomalo e sono certi che l’autopsia fissata per giovedì potrà dare molte risposte ai loro legittimi dubbi”.
La nota dei magistrati
I magistrati affidano a una nota “alcune doverose precisazioni” su notizie “divulgate sul decesso” della ventenne. I pm contestano in particolare l'”assoluta infondatezza dell’informazione relativa al mancato rinvenimento, sui bordi e nella zona adiacente alla piscina, di oggetti che lasciassero ritenere che in quel luogo si era tenuta una festa”. Perché invece, “nei pressi del bancone adibito a bar, sono stati rinvenuti, tra l’altro, bicchieri e bottiglie di alcolici, come debitamente documentato” a “riprova di quanto affermato dai vari partecipanti sin dalle prime battute”. Inquirenti ed investigatori forniscono poi una prima ricostruzione di quanto avvenuto nella villa di Bagheria, che è anche una risposta alle domande poste dalla famiglia di Simona Cinà, quel “troppe cose non tornano”, “ci sono punti oscuri”: nella villa, hanno sostenuto i familiari, c’era una festa di laurea, “ma non abbiamo visto la torta, non abbiamo trovato alcolici”, i “ragazzi presenti erano tutti bagnati, in silenzio” e “c’erano le scarpe”, ma “non i vestiti” di Simona. Sui vestiti la Procura precisa che non sono scomparsi, ma sono stati sequestrati dai carabinieri. E dunque, “allo stato, non vi sono elementi in ragione dei quali ipotizzare che taluno abbia alterato la zona dove sono accaduti i fatti, facendo scomparire oggetti”. Anche sulla piscina, definita piccola e illuminata, i magistrati forniscono una diversa ricostruzione: il corpo di Simona Cinà era “esanime sul fondo, in un angolo distante e dotato di scarsa illuminazione rispetto alla zona ove erano collocati bar, consolle musicale e i servizi igienici”. Almeno “due ragazzi si sono immediatamente tuffati, hanno recuperato il corpo” e hanno “praticato le manovre di rianimazione in attesa dell’arrivo dei soccorritori”. Poi tutte le persone sentite come testimoni sono state collaborative.
Si attende l’autopsia
I nodi fondamentali della vicenda potranno essere sciolti soltanto dall’autopsia, che sarà eseguita giovedì prossimo nell’ambito dell’inchiesta per omicidio colposo e al momento senza indagati. Per gli investigatori l’ipotesi al momento ritenuta privilegiata resta quella di un malore o di un incidente, senza però la responsabilità di altre persone. La Procura di Termini Imerese, “auspica che non vengano più diffuse informazioni non veritiere in relazione al decesso di una giovane donna, così da poter rivolgere energie e risorse esclusivamente ad assicurare alla famiglia l’accertamento dell’esatta dinamica dei fatti accaduti”.
Approfondimento
Simona Cinà, 21enne morta in piscina: indagini e dubbi. Cosa sappiamo