Emergono nuove rivelazioni sul vaccino anti-HPV Gardasil: documenti giudiziari desecretati e testimonianze interne mettono sotto accusa la casa farmaceutica Merck, sollevando gravi dubbi sull’integrità del processo di approvazione e sorveglianza post-marketing.

Il dottor Jesper Mehlsen, medico danese con oltre trent’anni di esperienza clinica, non è un attivista improvvisato né un critico ideologico dei vaccini. È stato per anni collaboratore di Merck, firmatario di studi peer-reviewed e responsabile degli studi clinici su Gardasil in Danimarca. Ma quando ha iniziato a osservare un pattern preoccupante di sintomi neurologici e sistemici in giovani donne dopo la somministrazione del vaccino, non ha potuto ignorare i dati.

Nel 2014, Mehlsen lanciò l’allarme con una comunicazione interna indirizzata a Merck, segnalando “possibili reazioni avverse” riconducibili a disfunzioni del sistema nervoso autonomo, tra cui POTS (sindrome da tachicardia posturale) e ME/CFS (encefalomielite mialgica/sindrome da fatica cronica). Tuttavia, la risposta dell’azienda fu, come documentato, l’archiviazione del problema.

Le segnalazioni scomode che Merck volle ignorare

Nonostante l’evidenza clinica accumulata sul campo, Merck rifiutò di accettare questi casi come eventi avversi ufficiali. Secondo quanto riportato da Mehlsen, l’azienda non volle includere queste segnalazioni nelle proprie analisi, oscurando di fatto gli effetti collaterali emersi già durante la fase di sperimentazione clinica. Una scelta che ha compromesso in modo decisivo la validità dei dati presentati alle autorità regolatorie.

Il caso è oggi al centro del processo “Robi contro Merck”, che potrebbe segnare un punto di svolta nel riconoscimento istituzionale del danno da vaccino e nel modo in cui vengono condotti e valutati gli studi clinici sponsorizzati dall’industria.

Il ruolo opaco degli enti regolatori

Uno degli aspetti più inquietanti del caso portato alla cronaca dalla giornalista Maryanne Demasi, riguarda il comportamento dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA). Invece di condurre una valutazione indipendente e rigorosa dei rischi, EMA ha adottato senza riserve i dati forniti da Merck, nonostante le evidenti criticità metodologiche.

Non è stato consultato nemmeno l’Uppsala Monitoring Centre dell’OMS, organismo specializzato nella farmacovigilanza e già sensibile ai segnali di disfunzione autonomica legati a Gardasil. Questa mancanza di confronto rappresenta, secondo Mehlsen, un fallimento sistemico della farmacovigilanza internazionale.

Ancora più grave è il fatto che Merck abbia definito i propri studi come “controllati con placebo”, quando in realtà i “placebo” usati contenevano adiuvanti di alluminio o vaccini attivi, rendendo impossibile un confronto reale con un placebo inerte.

Il caso danese: quando lo Stato prende sul serio i segnali

A differenza di EMA, nel 2015 il governo danese ha reagito, istituendo cliniche regionali dedicate all’analisi dei potenziali danni da Gardasil. La più importante fu diretta proprio da Mehlsen, che studiò oltre 800 pazienti con sintomi complessi e debilitanti. I dati raccolti hanno portato a una pubblicazione scientifica sul Journal of Autoimmunity nel 2022.

I risultati furono chiari: il 92% delle giovani donne presentava autoanticorpi diretti contro recettori fondamentali del sistema nervoso autonomo. Mehlsen ha applicato i criteri di causalità di Bradford Hill, usati in epidemiologia per stabilire nessi causali, concludendo che tutti i nove criteri erano soddisfatti.

In parole semplici: il legame tra Gardasil e l’insorgenza di POTS e ME/CFS in un sottogruppo di pazienti vulnerabili non è solo possibile, ma scientificamente plausibile e dimostrabile.

Un problema sistemico e una responsabilità storica

Ciò che emerge da questi documenti non è solo un problema medico, ma una crisi etica e istituzionale.

Merck ha taciuto, respinto e minimizzato segnalazioni cliniche rilevanti. Gli enti regolatori hanno scelto la via dell’acquiescenza invece di svolgere un ruolo di controllo autonomo. Le pazienti sono rimaste invisibili, isolate, non credute.

Questo caso costringe a rivedere con urgenza il rapporto tra industria, ricerca e autorità sanitarie.

La faccenda Gardasil rappresenta un monito per il futuro della medicina vaccinale. Non si tratta di negare i benefici dei vaccini, ma di pretendere standard più elevati di trasparenza, integrità e responsabilità. Nessun prodotto sanitario dovrebbe essere sottratto al vaglio critico della comunità scientifica indipendente, e nessun danno, anche raro, dovrebbe essere trattato come un prezzo invisibile da pagare.

Come possiamo continuare a parlare di fiducia nella scienza se la scienza stessa viene sistematicamente distorta a favore di interessi commerciali?

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