Intanto a Apple sarebbe nata una nuova divisione per sviluppare un chatbot e liberarsi dalla dipendenza di Google e ChatGpt
A due anni e mezzo dai blocchi di partenza, la corsa all’intelligenza artificiale generativa è più accanita che mai. Aggiornamenti, nuove versioni, nuove funzioni: più che avanzamenti tecnici, nell’ultimo periodo la battaglia si gioca su grandi annunci e colpi di marketing. Mentre a un livello più sommerso, ci si prepara per crescere e sbaragliare la concorrenza. Tutti i più importanti attori del settore stanno spendendo cifre a nove zeri nella costruzione di infrastrutture per aumentare le capacità computazionali dei propri modelli. Google ha pianificato un investimento di 85 miliardi nel solo 2025. Amazon ne ha messi sul piatto 100. Per non parlare di Meta, che per forgiare quella ha definito una “superintelligenza”, oltre ai data center sta portando avanti una aggressiva campagna acquisti di talenti. L’ultimo da convincere è stato il ricercatore 24enne Matt Deike: Zuckerberg è stato disposto a spendere 250 milioni di retribuzione spalmati su quattro anni. Fa giustamente notare il New York Times che queste sono cifre da campioni dell’Nba.
All’appello manca ancora Apple, che con la sua Apple Intelligence ha delineato una strategia alternativa — modelli che sfruttano la capacità computazione del dispositivo e che aggiungono nuove funzionalità a servizi già esistenti, in modo fluido, perché integrati nel sistema operativo — che al momento fatica ancora a dimostrare le sue potenzialità. La convinzione di non voler sviluppare un proprio chatbot sembra dunque vacillare: racconta Bloomberg che a Cupertino sarebbe nata una nuova divisione proprio per creare un rivale di ChatGpt. Il nome ne evidenzia lo scopo: il gruppo di lavoro è stato chiamato «Answers, Knowledge and Information» (Risposte, conoscenza e informazione) ed è guidato da Robby Walker, tra gli ex responsabili di Siri e tra le voci più critiche della narrazione sull’evoluzione dell’assistente virtuale di Apple, che ancora non è stata lanciata a causa di forti ritardi nel suo sviluppo. Una situazione che, in un meeting interno, aveva definito «orribile e imbarazzante». Creare un proprio chatbot permetterebbe a Apple di liberarsi della dipendenza da Google e da ChatGpt per fornire risposte ai suoi utenti, recuperando e riassumendo nozioni dal web con uno strumento proprio.
Nella corsa, in ogni caso, rimane per ora in testa OpenAI, ovvero la società che la corsa l’ha iniziata. E per farlo sembra essere disposta anche a giocare in modo «sleale». Anthropic, la startup che ha sviluppato il chatbot Claude e su cui ha deciso di scommettere Amazon investendoci almeno 8 miliardi di dollari, ha deciso di revocare agli ingegneri di Sam Altman l’accesso a Claude Code, ovvero uno degli strumenti di sviluppo di intelligenza artificiale generativa più utilizzato dai programmatori nel mondo. Il motivo lo ha spiegato la stessa azienda: violazione dei termini del servizio. Dove si esplicita come sia vietato usarlo «per costruire prodotti o servizi in diretta competizione, incluso l’addestramento di modelli di AI». Sembra dunque che OpenAI stesse sfruttando — quasi spiando — le capacità di programmazione del suo diretto rivale per migliorare l’abilità del suo prossimo modello, Gpt-5. La società ha risposto con una nota di disappunto, e precisando che il loro era solo un lavoro di valutazione e comparazione dei modelli. Di Gpt-5 se ne parla da più di un anno, ma ancora non è stato lanciato. Dovrebbe essere il primo in grado davvero di approssimarsi alle capacità di ragionamento umano. Si vocifera che — salvo nuovi ritardi — entro la fine del mese dovrebbe vedere la luce.
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5 agosto 2025 ( modifica il 5 agosto 2025 | 16:38)
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