E’ salito sul podio del Tour de France non come un fulmine a ciel sereno, ma quasi: Florian Lipowitz aveva dato grandi segni già al Delfinato. Ma il giovane tedesco non è uno sconosciuto. Quella maglia bianca, la tenacia e i nervi saldi mostrati a La Plagne dopo la paura del giorno prima sul Col de La Loze dicono già tanto di lui.

Nato nel 2000 a Bruckmuhl, in Baviera, e cresciuto nel biathlon, è salito in bici definitivamente nel 2019. Definitivamente perché prima comunque i suoi 5-6.000 chilometri all’anno in sella li faceva eccome per farsi trovare pronto con sci stretti e carabina. La bici è sempre stata parte dei suoi allenamenti e se vogliamo anche della sua famiglia. Pensate che a 9 anni si è sciroppato 120 chilometri di una granfondo in Austria insieme alla mamma e al papà!

Il corridore della Red Bull-Bora, si è ritagliato un ruolo da protagonista, ma soprattutto dopo anni di vuoto, Florian ha riportato la Germania a riscoprire la passione per il ciclismo professionistico.

Florian Lipowitz sul podio finale del Tour. E’ arrivato terzo e ha conquistato anche la maglia bianca di miglior giovane

Florian Lipowitz sul podio finale del Tour. E’ arrivato terzo e ha conquistato anche la maglia bianca di miglior giovane

Un figlio del lavoro

Nessuno si aspettava Florian Lipowitz sul podio del Tour de France, nemmeno lui, almeno al via da Lille. Si sapeva che potesse fare bene, ma con un leader come Roglic non era così scontato. Invece è rimasto sempre coperto, tutto sommato non doveva fare un corsa complicata, ma doveva stare “solo” sulle ruote dei big e rimanere lontano dai guai, una cosa che nei Grandi Giri non è proprio facile. Ebbene lui ci è riuscito.

«Sono state tre settimane difficili – ha detto Florian – volevo solo arrivare al traguardo sano e salvo. Nel complesso, ci sono stati molti alti e bassi e l’inizio non è stato dei migliori. Ma ci siamo avvicinati sempre di più come squadra. Perché alla fine, un risultato come questo non è merito solo mio, ma è un lavoro di squadra. Ecco perché voglio ringraziare ancora una volta tutti.

«Ora? Sono semplicemente felice che tutto sia andato così bene e che abbiamo portato a casa il terzo posto. Se il mio successo riuscisse a ispirare qualche giovane a dedicarsi al ciclismo, allora varrebbe quanto un piazzamento sul podio».

Il bavarese nella notte ciclistica di Bruckmuhl (foto Red Bull)

Il bavarese nella notte ciclistica di Bruckmuhl (foto Red Bull)

Modello tedesco

In Germania hanno esaltato parecchio non solo il risultato di Florian, ma la sua abnegazione al lavoro. Un lavoro metodico, rigoroso, a tratti ossessivo, scrivono in particolar modo i media bavaresi, quelli della sua Regione appunto. Lipowitz è approdato nel WorldTour nel 2022, prima era alla Tirol-KTM, dopo una crescita silenziosa ma continua, ma già allora era sotto osservazione

Il Tour 2025 ha rappresentato la sua consacrazione. Con un rendimento costante nelle tappe di montagna e una gestione (quasi sempre) lucida delle forze, ha resistito agli attacchi di Oscar Onley. Ma riavvolgendo il nastro della sua Grande Boucle, oltre al ritiro di Evenepoel comunque già in forte declino, non è stato aiutato da circostanze favorevoli o fortunose. Tipo una fuga bidone, cadute degli avversari… No, quel che ha raccolto è tutto merito suo.

Dalla squadra non sono emerse grandi dichiarazioni. E lo stesso Lipowitz ha detto poco e solo in poche occasioni, come l’arrivo a Parigi e un circuito serale a Bruckmuhl (100 giri da 600 metri l’uno): ovviamente lo ha vinto lui! «Devo ancora abituarmi a questo clamore, è tutto nuovo»: le sue parole si possono racchiudere in questa frase sostanzialmente.

Forse ha avuto anche indicazioni sul parlare poco. La Red Bull-Bora sta vivendo una forte rivoluzione interna. Sono stati allontanati un coach, il capo dei tecnici (Rolf Aldag) ed è stato risolto il contratto del primo direttore sportivo, Enrico Gasparotto. E in tutto questo a breve dovrebbe essere ufficializzato l’arrivo dell’ex cittì belga, Sven Vanthourenhout, prevedendo l’ormai “certo” arrivo di Remco Evenepoel.

La squadra lo ha omaggiato con questa t-shirt nel gran finale di Parigi (foto Instagram)

La squadra lo ha omaggiato con questa t-shirt nel gran finale di Parigi (foto Instagram)

La Germania e i pro’

Ma torniamo a Florian Lipowitz. E’ bastato che tornasse a casa, perché fosse accolto come un eroe. Decine di persone ad aspettarlo, cartelli di benvenuto, giornalisti e televisioni. Dopo anni di distanza emotiva dal ciclismo professionistico fortemente colpiti dalla parabola discendente di Ullrich e alle ombre sul passato, la Germania ha finalmente trovato un nuovo volto pulito a cui affidarsi. “Festa spontanea”. “Entusiasmo che non si vedeva da tempo”. Così hanno titolato i giornali.

La sua figura sembra cucita su misura per il rilancio del ciclismo tedesco: parla poco, lavora molto, non ama esporsi e quando lo fa, lo fa con lucidità. Il podio al Tour ha mosso le acque anche tra gli sponsor e nei vertici federali, con la speranza che Lipowitz diventi il simbolo di una nuova generazione, più libera da pesi del passato.

«Non riesco a immaginare una vita senza sport – ha detto Lipowitz a RennRad – Ne ho bisogno: esercizio fisico e natura. E quella sensazione dopo. Quella sensazione la sera dopo un allenamento intenso: quella soddisfazione. Quella sensazione di stanchezza nei muscoli. E’ quasi una dipendenza».

Grande reazione del tedesco a La Plagne. Il giorno prima le aveva prese da Onley (alla sua ruota), poi gliele ha restituite con gli interessi

Grande reazione del tedesco a La Plagne. Il giorno prima le aveva prese da Onley (alla sua ruota), poi gliele ha restituite con gli interessi

Finale leggero…

Da qualche giorno Florian Lipowitz è tornato a lavorare, ma senza farsi trascinare dall’euforia. In tutte le interviste ribadisce che c’è ancora tanto da imparare. Anche secondo chi gli è vicino, sembra sia ancora lontano dal suo apice.

«Florian – ha detto John Wakefield, tecnico del team Red Bull-Bora – è ben lontano dal raggiungere il suo apice fisiologico. Il Tour gli ha mostrato dove può arrivare, ma anche quante cose debba ancora affinare. Non si considera un campione, ma un atleta in costruzione».

Da qui a fine stagione il calendario di Lipowitz è da definire. Il team manager Ralph Denk ha escluso la sua presenza alla Vuelta, mentre non ha sciolto le riserve circa la presenza di Florian al Giro di Germania (20-24 agosto, ndr), dato che visto il successo post Tour in tanti lo reclamano. E forse potrebbe essere la ciliegina sulla torta per un interesse pubblico verso il ciclismo professionistico che sta rifiorendo.

«Credo che mi concentrerò sulle corse di un giorno – ha detto Florian – rientrerò forse in Canada e sarebbe bello fare il Giro di Lombardia. Quest’ultimo monumento dell’anno sarebbe un altro momento clou per me in questa stagione, e voglio fare bene lì».

La Red Bull chiaramente se lo coccola. E’ un “germanofono”, è fedele al dogma del lavoro. Ma soprattutto è il profilo ideale per il progetto Grandi Giri del team stesso. In attesa di Remco, con Lipowitz l’obiettivo è chiaro: diventare un corridore da Grandi Giri, anche se gli 11′ da Pogacar non sono pochi. Magari proprio l’arrivo del bi-campione olimpico potrebbe sgravarlo da ulteriori pressioni.