di
Alessio Cozzolino
Un nuovo studio internazionale, pubblicato su The Lancet, sfata il mito dei 10.000 passi e riscrive le regole del benessere fisico (e mentale)
«Fai almeno diecimila passi ogni giorno, per mantenerti sano».
Lo dicono esperti, personal trainer e persino i nostri smartwatch. Ma c’è un problema: nessuna prova scientifica ne dà conferma.
Facciamo un passo indietro. Pochi sanno che quella cifra fu inventata di sana pianta negli anni Sessanta, in occasione dei Giochi Olimpici di Tokyo, come parte di una campagna pubblicitaria per promuovere un pedometro. Ciononostante, la soglia dei diecimila passi è rimasta un punto di riferimento immarcescibile nel mondo del fitness e della salute pubblica. Resistendo da oltre sessant’anni, verrebbe naturale pensare che, col tempo, questa raccomandazione sia stata convalidata da solide evidenze. E invece no. Uno studio pubblicato questo mese su The Lancet smonta il mito: i diecimila passi sono sempre stati un numero arbitrario, ieri come oggi. Per ottenere benefici significativi per la salute, infatti, ne bastano appena settemila al giorno.
Quanti passi al giorno bisognerebbe fare per stare bene?
A dimostrarlo è stato un gruppo dell’Università di Sydney guidato dalla professoressa di epidemiologia Melody Ding. Il suo team ha svolto un’analisi meticolosa di 57 studi internazionali condotti tra il 2014 e il 2025, coprendo oltre dieci Paesi, tra cui Australia, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone.
Il lavoro è stato imponente: incrociando i dati di un campione compreso tra 62.000 e 161.000 partecipanti, i ricercatori hanno analizzato come ogni incremento di mille passi influenzi i principali indicatori di salute. Già a partire da duemila passi giornalieri si osservano benefici, ma è intorno ai settemila che i risultati diventano davvero rimarchevoli.
Camminare quotidianamente a questo livello riduce il rischio di morte prematura del 47 percento, quello di sviluppare demenza del 38 percento e quello di presentare il diabete di tipo 2 del 22 percento. Aggiungere ulteriori tremila passi – pur restando salutare – non porta in proporzione a miglioramenti maggiori.
Il nuovo standard
«La soglia dei 7.000 passi suggerita dall’analisi rappresenta un buon punto di partenza per ridurre morbilità e mortalità» spiega al Corriere Salute il professor Theodore J. Strange, chair dello Staten Island – Northwell University Hospital di New York, non coinvolto nello studio. «Sebbene si possa sostenere che più esercizio sia meglio, il beneficio ottimale, secondo questa revisione di oltre 40 studi, si ottiene proprio con settemila passi, che per la maggior parte delle persone corrispondono a circa un’ora di esercizio al giorno».
Abbassare il limite non significa incentivare la pigrizia, ma incoraggiare anche i più sedentari a fare almeno qualcosa. «Le persone che non si allenano con regolarità potrebbero essere motivate a perseguire un obiettivo alla loro portata» continua Strange. «Trovare scuse per non fare movimento è comune, ma l’esercizio dovrebbe diventare una parte essenziale della loro routine, al pari di mangiare e dormire. Tutti devono pianificare il loro tempo e trovare soluzioni creative: prendere le scale, parcheggiare più lontano e fare lunghe passeggiate con il cane».
Una sfida internazionale
Il quadro generale resta preoccupante. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quasi un terzo degli adulti nel mondo – circa 1,8 miliardi di persone – non è attivo in modo sufficiente, aumentando il rischio di malattie croniche.
La sedentarietà è responsabile di circa l’8 percento dei casi totali di patologie croniche, ad avviso degli esperti. Le attuali linee guida internazionali raccomandano almeno 150–300 minuti settimanali di attività fisica moderata (camminare, andare in bicicletta, nuotare) o 75–150 minuti di attività intensa (ne abbiamo parlato qui Attività fisica: quale e quanta farne a tutte le età, i benefici e perché «ogni movimento conta). Ma spesso queste cifre risultano astratte, difficili da visualizzare e dunque da rispettare. Proprio per questo, l’Università di Sydney ha già avviato una collaborazione istituzionale importante. «Sto lavorando con un team di scienziati per redigere le nuove raccomandazioni per il governo. Tuttavia, si tratta di materiale ancora sotto embargo» anticipa l’epidemiologa Ding al telefono con il Corriere.
L’inscindibile rapporto tra corpo e mente
Secondo il professor Strange, anche la comunità scientifica internazionale potrebbe presto adeguarsi. I ricercatori australiani stanno già lavorando su modelli più personalizzati di attività fisica, tenendo conto di età, etnia, stato di salute e contesto geografico. «L’esercizio fisico migliora anche la salute mentale stimolando la produzione di ormoni come serotonina, cortisolo ed endorfine, che riducono i sintomi di depressione e ansia. Questo è stato già acclarato» conclude il professore. Il benessere non è mai stato così raggiungibile.
Riferimenti:
«Daily steps and health outcomes in adults: a systematic review and dose-response meta-analysis» Ding, Ding et al.
The Lancet Public Health, Volume 10, Issue 8, e668 – e681
6 agosto 2025
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