Parlare di psichiatria sui social è una sfida delicata. Ma è proprio lì che Davide Bianchi, medico psichiatra e content creator, ha scelto di intervenire. Su TikTok e Instagram affronta ansia, depressione e disturbi bipolari, ovvero i contenuti più fraintesi dell’infosfera digitale. Con oltre 27mila follower su TikTok e 10mila su Instagram, Bianchi costruisce uno spazio dove la salute mentale viene spiegata con rigore clinico e linguaggio accessibile, contrastando una narrazione spesso dominata da semplificazioni, diagnosi fai-da-te e disinformazione travestita da empatia.

“Tutti parlavano di psichiatria, tranne gli psichiatri”, spiega a Wired.it lo specialista. La molla che lo ha spinto ad aprire un profilo è stato un video virale in cui alcuni adolescenti classificavano gli psicofarmaci “come fossero i gusti del gelato”. Da allora, ha deciso di intervenire in prima persona, offrendo una narrazione autorevole e, soprattutto, responsabile.

Un canale diretto, ma con molte cautele

TikTok è la piattaforma che Bianchi giudica più adatta: “Se ben indirizzato, l’algoritmo restituisce un feed davvero informativo”. Le clip diventano uno spazio di confronto reale, in cui arrivano decine di domande e commenti. Su Instagram e Facebook, aggiunge, prevale invece l’interazione con persone già conosciute, e aumenta il rischio di giudizio o confronto.

Il punto, però, è un altro: essere dottore e comunicatore impone limiti netti. “Distinguo sempre tra informazione e terapia. Non faccio diagnosi né suggerisco trattamenti. Uso disclaimer chiari e, in caso di urgenze, indirizzo subito al 118”. La moderazione automatica delle piattaforme, però, complica le cose: contenuti clinicamente validi finiscono penalizzati, mentre video acchiappaclick su “guarigioni miracolose” conquistano spazio in homepage. E qui la responsabilità del medico diventa ancora più evidente.

Bianchi insiste su un concetto fondamentale: parlare di salute mentale online è possibile, ma solo se si è trasparenti sui limiti e si evitano semplificazioni. “Nessun argomento è di per sé inadatto ai social, purché trattato con rigore scientifico. La complessità dei disturbi non si riduce a una checklist o a una formula in tre step tipiche dei contenuti virali o delle challenge da social. Il mio approccio è trasparente sui limiti, sulla complessità dei disturbi mentali e sui tempi realistici di un percorso terapeutico”.