Gli investigatori lo avevano capito da subito. Troppe cose non quadravano prima sul ricovero e poi sulle cause di quella morte. Punti oscuri innescati anche da quell’emorragia cerebrale con segni ritenuti compatibili con un’aggressione, e che hanno da subito indirizzato le indagini. Per omicidio. Così, a un giorno e mezzo dalla morte della 70enne di origini indiane, soccorsa nella sua casa di via Verdi a Polesine e poi deceduta dopo il ricovero in ospedale a Parma, il cerchio si è praticamente chiuso: con il fermo del figlio della donna, un 51enne indiano che adesso dovrà rispondere di un’accusa pesantissima: omicidio pluriaggravato.  

Stamattina i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Parma hanno dato esecuzione al decreto di fermo adottato dal pubblico ministero di Parma.

Al fermo si è arrivati dopo indagini serrate, condotte per 36 ore dai Carabinieri del Comando Provinciale di Parma e dei reparti territoriali, coordinati dal pm.

Le indagini sono state avviate a seguito della comunicazione, da parte della Direzione Sanitaria dell’Asl di Parma (alle ore 18:30 circa di lunedì scorso), che aveva riferito del decesso di una donna (residente a Polesine Zibello) a causa di “emorragia cerebrale con segni di traumatismo esterno”.

Il pm ha attivato a quel punto immediatamente un articolato dispositivo investigativo, composto dai carabinieri della stazione di Polesine Zibello, del Nucleo Operativo di Fidenza, e del Nucleo investigativo di Parma.

Tutto il personale dell’Arma è arrivato a Polesine Zibello, e con loro anche il sostituto procuratore della Repubblica di Parma, che ha assunto direttamente la direzione delle indagini.

La strategia si è rivelata vincente: sono state acquisite sul posto notizie rilevanti, colmando il gap di conoscenze mancate nelle prime ore, considerato che l’allarme per le condizioni di salute della donna era stato lanciato già alle 8:15 della mattina, quando un’ambulanza del 118 di Busseto – su richiesta di uno dei familiari della donna (risultato poi essere il figlio da oggi indagato) – era arrivata a Polesine Zibello, per prestare soccorso alla donna stessa, con la motivazione di essere stata colpita da un malore in casa.

Dopo i primi soccorsi eseguiti dal personale sanitario del 118, vista la gravità dello stato di salute in cui versava la signora, sul posto era arrivata anche l’eliambulanza, che ha trasportato la donna, ormai in coma, verso l’ospedale Maggiore di Parma. Poi, nel pomeriggio, la morte. 

Secondo la ricostruzione della procura, la storia è andata così: giunti sul posto, i soccorritori del 118 sono stati accolti dal figlio della donna, che esponeva le patologie della madre; quest’ultima versava in condizioni critiche in quanto era in coma e presentava sul corpo alcuni segni riconducibili a traumatismi pregressi rispetto alle operazioni di soccorso; nel corso dell’intervento si verificava un litigio tra le persone presenti in casa, che arrivavano alle mani, al punto che un uomo cadeva in terra; uno dei presenti – che non parlava la lingua italiana – attraverso un conoscente collegato telefonicamente aveva rappresentato la necessità di richiedere l’intervento dei carabinieri, in quanto la donna (in coma) era stata picchiata.

E ancora: il personale sanitario e parasanitario, aveva da subito notato sul corpo della donna alcuni lividi evidenti (alla guancia sinistra e su entrambe le braccia) nonché un occhio nero, oltre che un taglio; alla richiesta sulle origini delle lesioni, il figlio della donna (attuale indagato), aveva rappresentato che la mamma era caduta circa due settimane prima; in ospedale la 70enne era poi stata sottoposta alla TAC, che aveva evidenziato “una emorragia cerebrale sinistra, oltre ad un segno di avulsione dentaria”.

Da alcuni vicini di casa della donna, si è anche venuto a sapere di frequenti liti e di urla di dolore provenire dalla casa, ormai ricorrenti da diverso tempo; inoltre, è emerso che da qualche mese, all’interno dell’abitazione, viveva la donna che era stata soccorsa e che conoscevano come madre del 51enne indiano.

Al fascicolo di indagine sono poi stati acquisiti ulteriori elementi da cui è emerso un complesso quadro di conflittualità familiare tra l’indagato e la sua convivente, e poi anche con la madre dello stesso (ovvero la vittima) che aveva sempre e apertamente difeso la compagna del figlio, determinando con ciò le reazioni del figlio-indagato.

In questo complesso quadro familiare vanno collocati anche alcuni fratelli del 51enne, a loro volta schierati a difesa della madre che, giunta in Italia da circa 10 mesi, aveva iniziato a convivere per l’appunto con il figlio proprio a Polesine Zibello.

Dalle testimonianze è emerso dunque un quadro indiziario grave a carico dell’indagato, che avrebbe assunto, praticamente da subito, una condotta fatta di maltrattamenti nei confronti  della madre, di aggressioni, percosse, violenze quotidiane, dovute generalmente all’abuso di sostanze alcoliche da parte dell’indagato, tanto che la donna voleva tornarsene in India per timore di essere uccisa.

L’ultima condotta violenta – quella all’origine del decesso – sarebbe avvenuta sabato 2 agosto, quando l’indagato, per l’ennesima volta, avrebbe colpito in maniera violenta la madre al capo, provocandole quelle lesioni che, a distanza di poco meno di due giorni, le avrebbero causato uno stato comatoso da cui era derivato il decesso.

Le prime conferme alla ricostruzione operata nel decreto di fermo sono venute dal preliminare esame esterno del cadavere, dal quale è emerso un “quadro di natura traumatica, polidistrettuale, interessante prevalentemente l’emivolto sinistro” (compatibile con il colpo dato al capo dell’anziana donna, all’origine della emorragia dimostratasi poi letale), ma altresì “interessanti gli arti superiori e gli arti inferiori, riconducibili all’azione di corpi contundenti, riferibili a momenti lesivi diversi”.

L’autopsia -che verrà eseguita a breve- consentirà di chiarire tutti i punti ancora suscettibili di approfondimenti dal punto di vista medico-legale.

Il decreto di fermo è stato emesso per fronteggiare il pericolo di fuga dell’indagato che, immediatamente dopo il decesso della madre, da un lato ha cercato di sviare i soccorritori circa la natura del malore della madre, e, dall’altro, ha abbandonato l’abitazione, allontanandosi dalla provincia di Parma per raggiungere un conoscente in zona distante dalla sua abitazione, al fine di far perdere definitivamente le proprie tracce, così rendendosi di fatto irreperibile alle ricerche.

Le accuse, per lui, ora sono pesantissime: “Omicidio aggravato dai maltrattamenti, consistiti in abituali atti di violenza, fisica e verbale, di disprezzo ed umiliazione”, con i rapporti di convivenza familiare “impostati su criteri di sopruso, vessazione e sopraffazione”, che hanno provocato “nella donna uno stato di costante timore per la propria incolumità”. Accuse pesanti, aggravate dal fatto “di aver compiuto queste violenze nei confronti di un parente stretto”. Spetterà adesso al Gip convalidare o meno il fermo.