In una stagione nella quale il cinema italiano è stato al centro di tantissime polemiche, dal tax credit alla sindrome da accerchiamento, dalle discussioni col ministero della Cultura alle accuse di essere una industry ancora nelle mani di un circoletto gruppettaro, romano e di sinistra, senza un vero star system e con una produzione eccessiva di film che non vede nessuno, ecco, va dato atto che invece l’autunno 2024 e l’inverno 2024-25 sono stati mesi davvero straordinari.

Tanti i titoli italiani di successo  

Un bilancio, quindi, estremamente positivo, poiché erano anni che non si vedeva tanta varietà e che non arrivava nelle sale una moltitudine di film italiani di successo: FolleMente, con 18 milioni di euro al box office, e poi Diamanti (16,2 milioni), Il ragazzo dai pantaloni rosa (dieci milioni), Io sono la fine del mondo (9,7 milioni), Io e te dobbiamo parlare (9,5 mln), Parthenope (7,6 mln), Napoli-New York (5,1 mln), 10 giorni con i suoi (4,6 milioni), Cortina express (4,2 mln), Berlinguer-La grande ambizione (3,9 milioni). Molti generi, destinati a target decisamente diversi: ed è bello rilevare che anche i produttori italiani, con uno sforzo di fantasia, riescono a rompere gli schemi monocordi del film impegnato e triste e della commedia becera con attori romani.

In primavera va segnalato pure il successo, piuttosto inatteso, de Le assaggiatrici di Silvio Soldini, con 3,1 milioni al box office.

Edoardo Leo e Pilar Fogliati in FollementeEdoardo Leo e Pilar Fogliati in Follemente

I film flop 

Le delusioni della stagione 2024-2025, invece, sono certamente il film di Gabriele Muccino, Fino alla fine, davvero mal riuscito (700 mila euro al box office nonostante una promozione massiccia un po’ ovunque); La città proibita di Gabriele Mainetti (1,7 milioni al botteghino con costi produttivi di 17 milioni), regista che ormai negli anni sta dilapidando tutto il credito che aveva ottenuto nel 2015 col successo di Lo chiamavano Jeeg robot; Fuori, di Mario Martone, con 1,8 milioni al box office e tanta noia per gli spettatori.

E anche da L’abbaglio, costoso film in costume (quasi 20 mln di budget) con Tony Servillo, Ficarra e Picone, probabilmente ci si attendeva qualcosa di meglio dei 3,4 milioni di incassi.

Boom dei titoli americani

Da aprile in poi, tuttavia, di cose italiane interessanti in sala ne sono atterrate proprio poche. E l’impressione è che sulla industry sia calata una depressione piuttosto contagiosa, tanto che in questi mesi primaverili ed estivi i cinema sono stati presi d’assalto solo per i film americani.

L’errore da non commettere 

Come spiegava l’altro giorno l’attore Stefano Fresi, in Italia stanno lavorando solo le grandi produzioni, mentre al momento quasi nessuna piccola produzione sta girando film, in particolare a Cinecittà.

Stefano FresiStefano Fresi

Ecco, questo è esattamente l’errore che le nuove regole sul tax credit non devono commettere: le agevolazioni servono per le opere prime e seconde, per le piccole produzioni. Non ha senso offrire incentivi in proporzione alle dimensioni del budget produttivo. Perché i grandi, se sono davvero grandi, possono trovare finanziamenti privati sul mercato. Altrimenti si arriva a budget produttivi gonfiati artificialmente solo per incassare più tax credit, a discapito delle piccole produzioni, quelle invece sì bisognose di aiuti pubblici.

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